Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13888 del 31/05/2013
Civile Ord. Sez. 6 Num. 13888 Anno 2013
Presidente: CICALA MARIO
Relatore: COSENTINO ANTONELLO
ORDINANZA
sul ricorso 3097-2011 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE 06363391001 in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE
DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope legis;
– ricorrente contro
MANFREDI COSMO;
– intimato avverso la sentenza n. 145/02/2009 della Commissione Tributaria
Regionale di BARI del 24.11.09, depositata il 15/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio
dell’11/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO
COSENTINO.
34Y0
Data pubblicazione: 31/05/2013
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott.
PIERFELICE PRATIS.
rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in
cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:
<< l'Agenzia delle Entrate ricorre contro il sig. Cosmo Manfredi per la cassazione della di primo grado, ha annullato la sanzione irrogata dall'Ufficio ai sensi del quinto comma
dell'articolo 5 D.Lgs. 471/97 per avere il contribuente richiesto, nella dichiarazione IVA mod.
VR per l'anno 2002, presentata il 19.2.03, un rimborso IVA non spettante (in quanto relativo
ad acquisti di beni ammortizzabili mai effettuati).
La Commissione Tributaria Regionale, accertato che lo stesso contribuente non aveva esposto
il suddetto credito di imposta nel modello UNICO presentato per il medesimo anno 2002,
affermava che la presentazione del modello UNICO valeva quale implicita revoca della
domanda di rimborso erroneamente presentata con il modello VR e quindi - sottolineato come,
in effetti, nessun rimborso fosse stato erogato - qualificava la presentazione del modello VR
come violazione meramente formale, non sanzionabile (in quanto non produttiva di debito di
imposta) ai sensi del terzo comma dell'articolo 10 1. 212/00.
Il ricorso dell'Agenzia delle entrate si fonda su un solo motivo con il quale si deduce la
violazione e falsa applicazione dell'articolo 5, quinto comma, D.Lgs. 471/97 in cui la
Commissione Tributaria Regionale sarebbe incorsa qualificando come meramente formale la
violazione contemplata da tale disposizione.
Il contribuente non si è costituito in questa sede.
Il motivo è fondato.
L'articolo 5, quinto comma, D.Lgs. 471/97 recita: "Chi, in difformità della dichiarazione, chiede un rimborso non dovuto o in misura eccedente il dovuto, è punito con sanzione
amministrativa dal cento al duecento per cento della somma non spettante".
Contrariamente all'assunto del giudice di merito, la violazione prevista da tale disposizione
non può considerarsi meramente formale, ai sensi dell'articolo 10, perché la presentazione di
una richiesta di rimborso non dovuto è astrattamente idonea a determinare, in caso di
accoglimento, un debito di imposta; a nulla poi rilevando se, in concreto, la richiesta venga o
meno accolta e, quindi, il rimborso venga o meno erogato; la condotta sanzionata dalla norma che prevede una violazione di pericolo - è la mera richiesta (non la percezione) del rimborso
non dovuto.
Si veda, in senso conforme, la giurisprudenza di legittimità formatasi sull'analoga disposizione
(ora abrogata) dettata dal secondo comma dell'articolo 43, d.p.r. 633/72: "In tema di violazioni dell'obbligo di dichiarazione annuale IVA, il D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 43, comma 2
(ora abrogato dal D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 471, art. 16) deve trovare applicazione tutte le
volte in cui dalla dichiarazione presentata risulti un'imposta inferiore di oltre un decimo a
Ric. 2011 n. 03097 sez. MT - ud. 11-04-2013
-2- sentenza con cui la Commissione Tributaria Regionale della Puglia, confermando la sentenza quella dovuta, ovvero una eccedenza detraibile o rimborsabile superiore di oltre un decimo a
quella spettante, senza che occorra che in concreto la dichiarazione inesatta abbia
determinato un'evasione dell'imposta ovvero il conseguimento di un rimborso indebito" (Cass.
20070/05), cioè "indipendentemente dall'intenzione di frodare il fisco e dalla verificazione di
un danno per l'amministrazione" (Cass. 10768/06 e Cass. 214/02); si veda ancora, da ultimo,
Cass. 13502/12.
Per quanto poi riguarda specificamente l'articolo 5, quinto comma, D.Lgs. 471/97, questa Corte ha escluso la necessità del dolo del contribuente ai fini dell'integrazione della
fattispecie sanzionata; vedi, al riguardo, Cass. 4171/09: In tema di sanzioni amministrative
per violazione di norme tributarie, ai fini dell'affermazione della responsabilità del
contribuente per aver chiesto un rimborso IVA in misura eccedente il dovuto, per difformità
dalla dichiarazione, non è richiesto l'accertamento di un intento fraudolento, in quanto l'art.
5, quinto comma, del d.lgs. n. 471 del 1997 configura l'illecito tributario senza richiedere il
dolo specifico, e l'art. 5, primo comma del d.lgs. n. 472 del 1997, applicando alla materia
fiscale il principio di cui all'art. 3 della legge n. 689 del 1981, ritiene sufficiente, ai fini della
punibilità, l'elemento psicologico della colpa, peraltro presunta a carico di colui che abbia
consapevolmente e volontariamente posto in essere l'atto vietato. (Nel caso di specie, la Corte
ha cassato la sentenza della Commissione Tributaria Regionale che aveva ritenuto sufficiente
ad escludere la punibilità la rettifica della dichiarazione difforme presentata un mese dopo la
proposizione dell'istanza di rimborso decuplicata rispetto al dovuto, peraltro non
accompagnata dal pagamento della sanzione in misura ridotta).".
Si propone quindi l'accoglimento del ricorso, la cassazione della sentenza gravata e, non
essendo necessari altri accertamenti di fatto, la decisione di merito di rigetto del ricorso
introduttivo del contribuente..» che il contribuente non è costituito;
che la relazione è stata comunicata al Pubblico Ministero e notificata alla parte
ricorrente;
che non sono state depositate memorie difensive.
Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio,
condivide la proposta del relatore.
Che quindi, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va accolto, la
sentenza gravata va cassata e - non essendo necessari ulteriori accertamenti di
fatto - la causa va decisa nel merito ai sensi dell'articolo 384 c.p.c. con il rigetto
del ricorso introduttivo del contribuente.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese tanto per le fasi di merito
quanto per il giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Ric. 2011 n. 03097 sez. MT - ud. 11-04-2013
-3- (7/ La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza gravata e, decidendo nel
merito, rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
Compensa le spese di lite tanto per le fasi di merito quanto per il giudizio di
legittimità. Così deciso in Roma I'll aprile 2013.