Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13888 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. I, 09/06/2010, (ud. 03/11/2009, dep. 09/06/2010), n.13888

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CARNEVALE Corrado – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – est. Consigliere –

Dott. FITTIPALDI Onofrio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3091/2005 proposto da:

D.G. (c.f. (OMISSIS)) vedova D.S.,

D.S.E. (c.f. (OMISSIS)), D.S.M.F.R. (c.f.

(OMISSIS)), D.S.P. (c.f. (OMISSIS)), nella qualità di

eredi di D.S.M., elettivamente domiciliati in ROMA,

2238 VIA DEGLI SCIPIONI 268-A, presso l’avvocato BATTISTA DOMENICO,

rappresentati e difesi dall’avvocato GALASSO MERCURIO, giusta

procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

E.R.S.A.M. – ENTE REGIONALE PER LO SVILUPPO AGRICOLO DEL MOLISE “G.

SEDATI” (c.f. (OMISSIS)), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SILVIO BENCO 81,

presso il sig. DI DONATO GIUSEPPE, rappresentato e difeso

dall’avvocato BERARDI Nicola, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 258/2004 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO,

depositata il 18/10/2004;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

03/11/2009 dal Consigliere Dott. ONOFRIO FITTIPALDI;

udito, per i ricorrenti, l’Avvocato MERCURIO GALASSO che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato NICOLA BERARDI che ha

chiesto l’inammissibilità del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 18-24.06.2002, il Tribunale di Campobasso respingeva l’opposizione proposta da D.S.M. contro il decreto ingiuntivo n. 876 del 17.12.1994, con il quale gli era stato ingiunto di pagare all’ERSAM – Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo del Molise “G. Sedati”, la somma di L. 27.824.530, con accessori, dall’ente pretesa in restituzione di contributi erogati all’opponente per le annate agrarie 1989/1990, 1990/1991 e 1991/1992, contributi dai quali il D.S. era decaduto per il fatto che, invece di avere messo a riposo il suo terreno seminativo, esteso circa Ha 6.63,10, vi aveva impiantato un uliveto, secondo quanto accertato da Ufficiali del Corpo forestale dello Stato il 9.07.1993 e riportato nel verbale contestualmente redatto. Con sentenza del 18.10.2004, la Corte di appello di Campobasso rigettava sia l’appello principale del D.S., che quello incidentale dell’ERSAM, questo inerente alla statuizione di compensazione delle spese processuali adottata dal primo giudice.

Quanto all’appello principale la Corte territoriale osservava e riteneva in sintesi: – che, contrariamente a quanto sostenuto dall’appellante, l’ERSAM, quale ente liquidatore ed erogatore dei contributi, delegato a tale funzione dall’AIMA, era dotato di legittimazione attiva a ripetere le indebite erogazioni, posto anche che al riguardo alcun effetto preclusivo poteva spiegare il giudicato esterno di cui alla sentenza n. 6 del 1994, resa tra le stesse parti dal Pretore di Larino ed inerente alla causa, proposta dal D.S. e d’identico petitum, di opposizione all’ordinanza-ingiunzione emessa dall’ERSAM. Con tale pronuncia, infatti, era stato solo escluso il potere dell’ente di emettere l’ordinanza- ingiunzione, ragione per cui l’ERSAM ben poteva esperire l’ordinaria azione di ripetizione d’indebito oggettivo riconosciuta dall’art. 2033 cod. civ., non preclusa dalle previsioni normative di cui alla L. n. 898 del 1986, art. 3, nè dalle disposizioni del D.M. 6 settembre 1993, atto di normazione secondaria, che aveva attribuito il potere di ordinanza-ingiunzione al Direttore delle sedi periferiche dell’Ispettorato Centrale Repressione Frodi.

– che priva di pregio era anche l’eccezione di carenza dei presupposti per l’adozione del decreto ingiuntivo.

– che il D.S., pur non avendo ottenuto i contributi in questione mediante l’esposizione di dati inveritieri, sì da essere esposto a conseguenze sanzionatorie, anche penali, tuttavia, non aveva rispettato l’impegno preso sulla durata del ritiro dei suoi terreni dalla coltivazione e, dunque, tenuto un contegno che legittimava la decadenza dagli aiuti e l’insorgere dell’indebito ripetibile che implausibile data l’entità del divario era la contestazione dell’appellante circa la non corrispondenza dell’estensione di terreno olivetato, pari in tesi ad HA 3, rispetto a quella accertata e verbalizzata da esperti ed in contraddittorio con lui, pari ad Ha 6.63.10, nè sul punto poteva assumere rilievo l’esito della consulenza espletata nel giudizio penale, secondo cui il terreno in questione era esteso la metà di quello risultante dal verbale del CFS, posto che l’accertamento in sede penale si era svolta a quattro anni di distanza dal controllo ispettivo.

– che nel giudizio di primo grado solo all’udienza del 18.06.2001 il D.S. aveva chiesto l’ammissione di CTU per verificare l’estensione del terreno olivetato, indagine che si palesava superflua stante il tempo all’epoca decorso dal controllo ispettivo del CFS, tempo che a maggior ragione rendeva inutile avvalersi di tale mezzo in appello.

Avverso questa sentenza, notificata il 9.11.2004, D.G. nonchè D.S.E., M.F.R., P., quali eredi di D.S.M. (deceduto il (OMISSIS)), hanno proposto ricorso per cassazione affidato a 4 motivi, notificato il 3.01.2005. L’ERSAM – Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo del Molise “G. Sedati” ha resistito con controricorso notificato il 17-24.01.2005 e depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A sostegno dell’impugnazione i ricorrenti denunziano:

1. “Violazione ed erronea applicazione di norme di diritto. Insufficiente e/o contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione alla L. 23 dicembre 1986, n. 898, art. 3 e del D.M. 6 settembre 1993)”.

Sostengono che, contrariamente a quanto ritenuto dai giudici di merito, l’ERSAM era priva di legittimazione attiva in merito al decreto ingiuntivo opposto, per via del giudicato esterno rinveniente dalla sentenza resa dal Pretore di Larino sulla causa introdotta dal loro dante causa, di opposizione all’ordinanza-ingiunzione, volta anch’essa al recupero delle somme erogate per le medesime annualità, sentenza con cui era stata dichiarata l’inefficacia della suddetta ordinanza-ingiunzione del Presidente dell’ERSAM, in quanto emessa da soggetto incompetente.

2. “Violazione ed erronea applicazione di norme di diritto. Omessa e/o illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione all’art. 633 c.p.c.)”.

Si dolgono del rigetto dell’eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità dell’azione monitoria esperita dall’ERSAM, contestando che il credito azionato dall’ente fosse certo, liquido ed esigibile, e, dunque, dotato dei caratteri prescritti dall’art. 633 c.p.c., posto che nell’opposizione all’ordinanza-ingiunzione il D.S. aveva contestato l’illecito attribuitogli, che l’entità del dovuto avrebbe dovuto essere determinata dal giudice ai sensi della L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3 e che l’assenza del requisito della certezza emergeva anche dal divario di importi tra il credito preteso con l’ordinanza-ingiunzione e quello recato dal decreto ingiuntivo opposto in questa sede.

3. “Violazione ed erronea applicazione di norme di diritto. Contraddittoria e/o illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione: a) alla L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3; e b) al D.M. Agricoltura n. 63 del 1991, art. 12 come sost. dal D.M. Agricoltura n. 281 del 1992, art. 8)”.

Contestano l’esistenza di qualsivoglia loro obbligazione restitutoria, dal momento che non era stato violato la L. n. 898 del 1986, art. 2, regolante la materia dei controlli degli aiuti comunitari nel settore agricolo, che erano stati ritirati dalla produzione HA 14.06.80 e, quindi, legittimamente ottenuti tali aiuti per la campagna del 1989/1990 e per le due successive, che non sussistevano gli estremi dell’illecito di cui agli artt. 2 e 3 della citata Legge del 1986, non ricorrendo gli estremi della condotta truffaldina ivi contemplata, che dopo il 1993 l’uliveto era stato impiantato in zona estesa Ha 3.96.40, non interessata dall’aiuto comunitario ed esclusa dall’obbligo di rotazione a riposo, se non per lo sconfinamento di appena are 66.20, che sul punto era stata chiesta l’ammissione di CTU, negata dalla Corte nonostante la rilevanza ed imprescindibilità dell’indagine e che giammai, stante il principio di legalità, lo sconfinamento avrebbe potuto integrare l’illecito contemplato dall’art. 2 della citata legge, che assolutamente non lo prevede.

I primi tre motivi del ricorso, che involgendo questioni connesse consentono esame unitario, non hanno pregio.

Con il decreto ingiuntivo n. 876 del 1994, oggetto del presente giudizio di opposizione, l’ERSAM ha preteso in restituzione, secondo quanto previsto dall’art. 8 (che ha sostituito il D.M. n. 63 del 1991, art. 12) del D.M. 9 aprile 1992, n. 281, i contributi erogati al D.S. per le annate agrarie decorse dal 1989 al 1992 e dai quali l’opponente era decaduto in quanto non aveva messo a riposo l’area di circa Ha 6.63.10, inclusa nella maggiore superficie seminativa cui le domande di aiuti e le correlate erogazioni si riferivano.

Con il giudizio di opposizione definito dal giudicato esterno invocato nel primo motivo del ricorso, il D.S. aveva, invece, proposto opposizione contro l’ordinanza-ingiunzione emessa dall’ERSAL in base alla L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3, opposizione accolta in ragione della provenienza dell’avversato provvedimento da soggetto non legittimato alla relativa adozione.

In tema di contributi comunitari previsti, quali quelli di specie, dal regolamento CEE 1272 del 1988, questa Corte ha già ripetutamente affermato i seguenti condivisi principi di diritto:

a) la competenza ad emettere ordinanza ingiunzione per la violazione di cui alla L. 23 dicembre 1986, n. 898, artt. 2 e 3 (indebita percezione mediante l’esposizione di dati o notizie false di premi a carico del Fondo europeo agricolo), apparteneva al Ministero delle risorse agricole (in seguito sostituito dal Ministero delle politiche agricole, con D.Lgs. 4 giugno 1997, n. 143), succeduto, ai sensi della L. n. 491 del 1993, art. 2, comma 2, in tutti i rapporti attivi e passivi non attribuiti alle Regioni, facenti capo al soppresso Ministero dell’agricoltura e delle foreste, tra i quali l’accertamento e la repressione delle frodi in detta materia, (cfr., da ultimo, Cass. 200701081; 200801554) b) la L. 23 dicembre 1986, n. 898, art. 3 in tema di controlli sugli aiuti comunitari consente l’emissione congiunta dell’ingiunzione di pagamento – opponibile, a norma dell’art. 4 della stessa legge, innanzi al pretore secondo quanto previsto dal capo quinto della L. 24 novembre 1981, n. 689 – sia relativamente alla somma dovuta per sanzione amministrativa che per la restituzione dell’indebito.

Tale regime di unificazione processuale nell’opposizione dinanzi al pretore di entrambi i titoli appare ragionevole in considerazione dell’esigenza di contestualità dell’accertamento del dovuto, che prevale sull’interesse dell’ingiunto al doppio grado di merito della domanda di ripetizione dell’indebito. Resta peraltro escluso che all’ordinanza ingiunzione possa farsi capo per la sola ripetizione delle somme dovute quale effetto della decadenza dal regime di aiuti comunitari, ferma restando la facoltà dell’Amministrazione tanto di richiedere in via di ingiunzione la sola sanzione amministrativa quanto di instare – separatamente ed in via affatto autonoma – per le sole somme oggetto di ripetizione, ma in tal caso potendo ricorrere ai soli, ordinari, strumenti di recupero (cfr. Cass. 199707448);

c) in caso di ritiro dalla produzione di terreni seminativi da parte dei coltivatori nazionali, nessun comportamento fraudolento dal quale sia scaturita l’indebita percezione del contributo è ravvisabile nel comportamento del soggetto che, avendo conseguito la sovvenzione comunitaria sulla base di una situazione di fatto del tutto corrispondente alle previsioni normative, senza esporre in alcun modo dati o notizie falsi (come accertato all’esito del controllo eseguito dai competenti organi amministrativi), impegni poi, in epoca successiva, parte del ritirato terreno nella produzione, tale condotta risultando ontologicamente diversa da quella contemplata e sanzionata dalla L. n. 898 del 1986, art. 3, comma 1 (percezione di contributi mediante dati o notizie false). La condotta in parola, se collocabile, “quoad tempus”, in epoca successiva all’aprile 1992, non è, altresì, suscettibile di essere ricondotta, sotto il profilo del “mancato rispetto degli impegni sottoscritti”, neanche nella previsione normativa di cui al D.M. 19 febbraio 1991, n. 63, art. 12 (che consentiva, per tali casi, l’applicazione della sanzione di cui alla citata L. n. 898 del 1986, art. 3), atteso che tale norma regolamentare risulta, allo stato, sostituita da quella di cui al D.M. 9 aprile 1992, n. 281, art. 8, espressamente abrogativa della previsione – indirettamente – sanzionatoria per cui, al mancato rispetto degli impegni assunti, conseguiva l’applicazione della norma di cui all’art. 3 della ricordata legge statale 898 del 1986 (cfr. Cass. 199803227. In tema, cfr Cass. 199811782; 199811946; 200315771);

d) per il caso di mancato rispetto degli impegni sottoscritti (art. 15 del regolamento CEE n. 1272/88, come riformulato dal regolamento CEE n. 466/92), il D.M. 9 aprile 1992, n. 281, art. 8, stabilisce la decadenza del soggetto inadempiente dal beneficio ricevuto con obbligo di restituzione delle relative somme maggiorate degli interessi, ma non estende le sanzioni pecuniarie di detta L. n. 898 del 1986, art. 3, nè introduce altre sanzioni amministrative, così adeguandosi al principio di legalità (cfr. Cass. 200212863).

Alla luce degli esposti principi la sentenza impugnata non merita censura, dal momento che:

a) il contegno del D.S. non è stato sanzionato ai sensi della L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3, ma implicitamente inquadrato nell’ambito delle previsioni di cui al D.M. n. 281 del 1992, art. 8, commi 8 e 9, in vigore all’epoca dei fatti in discussione, da reputarsi quella dell’intervento della polizia forestale (9.07.1993), disciplina secondo cui l’inosservanza degli impegni assunti in sede di percezione di aiuti comunitari per il ritiro dalla produzione dei terreni seminativi comporta soltanto la decadenza dai benefici ed i connessi obblighi restitutori, non potendo i fatti ricadere nelle citate disposizioni della L. n. 898 del 1986, contemplanti il diverso caso dell’indebito conseguimento di contributi comunitari con false dichiarazioni;

b) ineccepibilmente non è stato ritenuto ostativo il giudicato intervenuto tra le medesime parti nella causa di opposizione all’ordinanza- ingiunzione emessa dall’ERSAM, essendo detto giudicato limitato all’accertamento del difetto in capo a questo ente del potere di ottenere il soddisfacimento del suo diritto al recupero delle indebite erogazioni, in via di autotutela, tramite il provvedimento previsto dalla L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3, e, quindi, inidoneo a precludere l’esercizio degli ordinari strumenti giudiziari di tutela della medesima pretesa di ripetizione dell’indebito, legittimata dal D.M. n. 63 del 1991, art. 12, commi 8 e 9, come sostituito dal D.M. n. 281 del 1992, art. 8, e rimasta impregiudicata dalla decisione;

c) è stata motivatamente disattesa l’eccezione del D.S. di mancanza delle condizioni prescritte dall’art. 633 c.p.c., per l’adozione del decreto ingiuntivo, statuizione che i ricorrenti inammissibilmente avversano con argomenti generici e non pertinenti rispetto al decisum, essenzialmente ricondotti alle ipotesi regolate dalla L. n. 898 del 1986, artt. 2 e 3 per quanto detto inconferenti, e senza specifico riferimento al regime delle spese (cfr Cass. 200206263; 199910704).

4. “Violazione ed erronea applicazione di norme di diritto. Contraddittoria e/o illogica motivazione circa un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, in relazione agli artt. 115 e 116 c.p.c.; art. 61 c.p.c. e art. 244 c.p.c., e segg.; art. 356 c.p.c.)”.

I ricorrenti si dolgono, essenzialmente per vizi motivazionali, del fatto che la Corte distrettuale abbia taciuto sulla richiesta di ammissione di prova testimoniale e denegato sic et simpliciter l’indagine peritale.

Relativamente al primo profilo di censura il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza, posto che non sono state specificate le modalità anche temporali di proposizione in appello della prova orale nè trascritto il relativo contenuto, sicchè è impedita qualsiasi verifica anche di decisività del mezzo, e relativamente al diniego di CTU infondato atteso che la Corte ha, con congrua e logica motivazione (argomentato circa la superfluità dell’indagine d’ufficio (cfr., tra le altre, Cass. 200006115; 200604407).

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna in solido dei ricorrenti, soccombenti, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido D.G., D.S.E., D.S.M.F.R. e D.S.P. a pagare all’ERSAM-Ente Regionale per lo Sviluppo Agricolo del Molise “G. Sedati” le spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre alle spese generali ed agli accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 3 novembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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