Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13885 del 31/05/2013


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 13885 Anno 2013
Presidente: LA TERZA MAURA
Relatore: MANCINO ROSSANA

ORDINANZA
sul ricorso 26132-2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE 80078750587 in persona del Presidente e legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE
DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CORETTI
ANTONIETTA, TRIOLO VINCENZO, DE ROSE EMANUELE,
STUMPO VINCENZO, giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente contro

GIROLAMO ANNA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 5453/2010 della CORTE D’APPELLO di
BARI del 26.10.2010, depositata il 02/11/2010;

Data pubblicazione: 31/05/2013

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
04/04/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Luigi Caliulo (per delega avv.
Antonietta Coretti) che si riporta agli scritti.
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. IGNAZIO

PATRONE che si riporta alla relazione scritta.

Ric. 2011 n. 26132 sez. ML – ud. 04-04-2013
-2-

r.g.n. 26132/2011 Inps cl Girolamo Anna
Oggetto: operai agricoli a tempo determinato; rifiguidazione indennità di disoccupazione; decadenza

Svolgimento del processo e motivi della decisione
i.

La causa è stata chiamata alla adunanza in camera di consiglio del 4

relazione redatta a norma dell’art. 380-bis c.p.c.:
“Girolamo Anna, operaia agricola a tempo determinato, conveniva
in giudizio l’Inps chiedendo venisse accertato il suo diritto alla
riliquidazione dell’indennità di disoccupazione per gli anni 1999 e
2000 non calcolato, dall’INPS, ai sensi del D.Lgs. n. 146 del 1997,
art. 4, tenuto conto dei minimi retributivi previsti dalla
contrattazione collettiva provinciale, con conseguente diritto alle
differenze tra quanto spettante e quanto percepito;
3. la Corte d’appello di Bari, riformando la sentenza del primo giudice,
accoglieva la domanda;
4. avverso detta sentenza l’INPS ricorre con tre motivi;
5. la parte intimata non si è costituita;
6. la parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 47, terzo comma,del
d.p.r. 639/1970 e successive modifiche) e rileva che erroneamente la
Corte territoriale ha ritenuto inapplicabile la regola della decadenza
alla richiesta di riliquidazione di prestazioni previdenziali solo
parzialmente riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
7. il motivo è manifestamente infondato, alla stregua di quanto deciso
da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 7245/2012 che ha
confermato quanto già ritenuto dalle Sezioni unite di questa Corte,

r.g.n. 26132/2011

aprile 2013 ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente

con la precedente sentenza n. 12720/2009, affermando il principio
di diritto secondo cui: “La decadenza di cui all’art. 47 d.P.R. 30
aprile 1970 n. 639 – come interpretato dall’art. 6 d.l. 29 marzo 1991
n. 103, convertito, con modificazioni, nella 1. 1° giugno 1991 n. 166
– non può trovare applicazione in tutti quei casi in cui la domanda
giudiziale sia rivolta ad ottenere non già il riconoscimento del diritto

l’adeguamento di detta prestazione già riconosciuta in un importo
inferiore a quello dovuto, come avviene nei casi in cui l’Istituto
previdenziale sia incorso in errori di calcolo o in errate
interpretazioni della normativa legale o ne abbia disconosciuto una
componente, nei quali casi la pretesa non soggiace ad altro limite
che non sia quello della ordinaria prescrizione decennale”;
8.

l’autorità del precedente arresto interpretativo delle sezioni unite
della Corte e l’indiretta conferma della sua correttezza proveniente
dallo stesso legislatore che, da ultimo, con l’art. 38, primo comma,
lett. d) del D.L. 6 luglio 2011 n. 98, convertito in legge n. 111 del
medesimo anno, ha aggiunto al citato art. 47 un ultimo comma, del
seguente tenore: “Le decadenze previste dai commi che precedono
si applicano anche alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto
l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il
pagamento di accessori del credito. In tal caso il termine di
decadenza decorre dal riconoscimento parziale della prestazione
ovvero dal pagamento della sorte”, precisando al quarto comma che:
“Le disposizioni di cui al comma 1, lett. c) e d) si applicano anche ai
giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore del
presente decreto”, depongono, in definitiva, per l’inapplicabilità

ng.n. 26132 / 2011

alla prestazione previdenziale in sé considerata, ma solo

dell’art. 47 del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, prima delle integrazioni
apportate citato art. 38 del D.L. n. 98 del 2011, al caso di richiesta di
riliquidazione di prestazioni previdenziali solo parzialmente
riconosciute e liquidate dall’ente previdenziale;
9. con gli altri due motivi di ricorso l’Istituto ricorrente, lamentando
violazione degli artt. 18,co.18 del d.l. 98/2011 convertito in 1.

fiorovivaisti del 1998 in relazione all’art. 6 comma 4 lettera a) del
d.lgs. n. 314/97 e all’art.3 d.l. n.318 del 1996 conv. in legge n.402 del
1996, nonché in relazione agli artt. 1362, 2120 cod. civ. ed all’art. 4
commi 10 e 11 legge 297/82, censura la sentenza per avere incluso
nella retribuzione da prendere a base per la liquidazione
dell’indennità di disoccupazione, anche la voce denominata “quota
di TFR” , la quale invece non dovrebbe esserlo, per avere contrariamente a quanto affermato la Corte territoriale – effettiva
natura di retribuzione differita;
10. i

motivi sono manifestamente fondati, alla stregua di quanto deciso

da ultimo dalla sentenza di questa Corte n. 202/2011 e da numerose
altre conformi, con cui si è enunciato il seguente principio:
«Confermandosi quanto già ritenuto dalla precedente sentenza di
questa Corte n. 10546/2007 per cui “Ai fini della liquidazione delle
prestazioni temporanee in agricoltura, la nozione di retribuzione definita dalla contrattazione collettiva provinciale, da porre a
confronto con il salario medio convenzionale ex art. 4 del D.lgs. 16
aprile 1997 n. 146 – non è comprensiva del trattamento di fine
rapporto”, va ulteriormente affermato che, sulla base del suddetto
principio, la voce denominata “quota di TFR” dai contratti collettivi

r.g.n. 26132/2011

111/2011 e degli artt. 44,49 e 53 del CCNL operai agricoli e

vigenti a partire da quello del 27.11.1991, va esclusa dal computo
della indennità di disoccupazione, in considerazione della volontà
espressa dalle parti stipulanti, che è vietato disattendere in forza
della disposizione di cui all’art. 3 D.L. 14 giugno 1996 n. 318
convertito in legge 29 luglio 1996 n. 402, a norma del quale, agli
effetti previdenziali, la retribuzione dovuta in base agli accordi

definito negli accordi stessi. Dovendo escludersi che detta voce
abbia natura diversa rispetto a quella indicata dalle parti stipulanti,
non è ravvisabile alcuna illegittima alterazione degli istituti legali da
parte dell’autonomia collettiva»;
li.

l’ interpretazione di cui alle citate pronunzie è stata da ultimo
avallata dal legislatore, il quale, con l’art. 18 comma 18 del DL n.
98/2011, convertito in legge 111/2011, ha stabilito che: “L’art. 4 del
d.lgs. 16 aprile 1997 n. 146 e l’art. 1 comma 5 del D.L. 10 gennaio
2006 n. 2, convertito con modificazioni, dalla legge 11 marzo 2006
n. 18, si interpretano nel senso che la retribuzione, utile per il
calcolo delle prestazioni temporanee in favore degli operai agricoli a
tempo determinato, non è comprensiva della voce del trattamento di
fine rapporto comunque denominato dalla contrattazione
collettiva”.

12. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta
relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza
in Camera di consiglio.
13. Ritiene questa Corte che le considerazioni svolte dal relatore siano
del tutto condivisibili, siccome coerenti alla consolidata
giurisprudenza di legittimità in materia. Ricorre con ogni evidenza il

r.g.n. 2613212011

collettivi, non può essere individuata in difformità rispetto a quanto

presupposto dell’art. 375 c.p.c., n. 5 per la definizione camerale del
processo.
14. Conseguentemente, la Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di
ricorso, rigetta il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai
motivi accolti e, decidendo nel merito, rigetta la domanda di
inclusione della quota di TFR nella base di computo dell’ indennità

15. Le spese dell’intero giudizio si compensano per intero fra le parti,
attesa la problematicità della materia del contendere.

P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo e il terzo motivo di ricorso, rigetta il
primo, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e,
decidendo nel merito, rigetta la domanda di inclusione della quota di
TFR nella base di computo dell’ indennità di disoccupazione .
Compensa per intero fra le parti le spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 aprile 2013.

di disoccupazione.

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