Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13883 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13883

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23270-2017 proposto da:

R.L., RU.SI., elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA PIETRO DA CORTONA 8, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE

MILETO, che li rappresenta e difende unitamente agli avvocati LUCA

ALFREDO LANZALONE, MASSIMILIANO MONTAGNER;

– ricorrenti –

contro

BANCO POPOLARE SOC LOOP, GIA’ GESTIONE CREDITI BP SOC CONS PA,

RU.MI., RU.AN., RU.CL.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 311/2017 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 28/02/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI CORRADO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. R.L. e Ru.Si. ricorrono, sulla base di un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 311/17, del 28 febbraio 2017, della Corte di Appello di Brescia, che – respingendo il gravame da essi esperito avverso l’ordinanza ex art. 702-bis, del 17 dicembre 2013, del Tribunale di Cremona – ha confermato l’accoglimento dell’azione revocatoria proposta dalla società Gestione Crediti B.P. S.p.a. (oggi Banco Popolare Società Cooperativa), quale mandataria della società Banca Popolare di Crema S.p.a., e volta alla declaratoria di inefficacia dell’atto del 14 maggio 2009, con cui gli odierni ricorrenti istituivano il cd. “(OMISSIS)”.

2. In punto di fatto, i ricorrenti riferiscono di essere stati convenuti in giudizio, unitamente ai propri figli C., A. e Ru.Mi., dalla mandataria della Banco Popolare di Crema, che agiva nei loro confronti, ex art. 2901 c.c., sul presupposto che il suddetto atto dispositivo fosse pregiudizievole per la posizione creditoria della mandante. Essa, infatti, vantando una fideiussione nei confronti di Ru.Si., quale garante della società (OMISSIS) S.r.l. (di cui era, oltre che socio come la moglie R.L., anche amministratore unico), preso atto del piano di ristrutturazione dei debiti presentato, in data 22 maggio 2009, dalla società debitrice, revocava – secondo quanto comunicato con missiva del 5 agosto 2009 – tutti gli affidamenti a detta società, a suo tempo concessi, richiedendo, per l’effetto, il pagamento spontaneo del debito, pari, allora, a Euro 193.940,30. In difetto di pagamento, pertanto, la creditrice conseguiva, il 15 settembre 2009, un provvedimento monitorio che ingiungeva alla debitrice, e al fideiussore, il pagamento dell’importo di Euro 198.817,12, provvedimento in forza del quale – essendo stato lo stesso non opposto – iscriveva ipoteca sui beni societari.

Ciò premesso, dopo che la società debitrice veniva dichiarata fallita il 3 novembre 2010, la Banca Popolare di Crema (o meglio, per essa, la sua mandataria), sul presupposto che il proprio credito non potesse essere soddisfatto dalla vendita concorsuale dei beni immobili di proprietà della debitrice, esperiva l’azione revocatoria affinchè fosse dichiarata l’inefficacia del predetto atto istitutivo del (OMISSIS).

Accolta dal primo giudice la domanda, il gravame esperito dagli odierni ricorrenti veniva respinto dal giudice di appello.

3. Avverso la decisione della Corte bresciana ricorrono per cassazione la R. e il Ru., sulla base – come detto – di un unico motivo.

3.1. Il motivo – proposto a norma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) – deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 2901 c.c., “in relazione all’assoggettabilità a revocatoria dell’atto istitutivo di trust”.

Si assume, infatti, che tale atto non possa essere assoggettato alla cd. “actio pauliana”, destinata ad investire solo l’atto dispositivo con cui i beni sono trasferiti al fiduciario (trustee) o posti sotto il controllo dello stesso, oppure segregati nel patrimonio del disponente, nell’interesse di un beneficiario.

Richiama, sul punto, giurisprudenza di merito, secondo cui l’atto istitutivo del trust sarebbe “neutro”, e dunque non ancora idoneo ad incidere sulla garanzia dei creditori.

4. Sono rimasti intimati la società Banco Popolare Società Cooperativa, nonchè M., A. e Ru.Cl..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.

5.1. Il motivo proposto, infatti, non è fondato.

5.1.1. Invero, proprio con riferimento ad altra azione revocatoria esperita nei confronti sempre degli odierni ricorrenti, questa Corte ha già rilevato (cfr. Cass. Sez. 3, ord. 15 ottobre 2019, n. 25926, ma nello stesso già Cass. Sez. 3, ord. 30 settembre 2019, n. 24212, nonchè Cass. Sez. 1, ord. 15 aprile 2019, n. 10498, Rv. 653878-01) che, nel trust, “dispositivo è l’atto col quale viene intestato al trustee il bene conferito in trust”, ciò che, però, “non comporta che la relativa domanda revocatoria debba essere necessariamente indirizzata negli immediati confronti di quest’atto”, e che “non possa, per ciò stesso, essere utilmente proposta pure nei confronti dell’atto istitutivo del trust”.

In realtà, “nel caso in cui all’istituzione del trust abbia fatto poi seguito l’effettiva intestazione del bene conferito al trustee – secondo quanto accaduto nella fattispecie concretamente in esame -, la domanda di revocatoria, che assume ad oggetto l’atto istitutivo, appare comunque idonea a produrre l’esito di inefficacia (dell’atto dispositivo) a cui propriamente tende la predetta azione (ove la dichiarazione di inefficacia potesse essere emessa anche in assenza dell’effettiva esistenza di un atto dispositivo, per contro, si fuoriuscirebbe senz’altro dalla funzione di conservazione patrimoniale che risulta specificamente connotare, nel sistema del codice civile, come ripreso anche nella sede della normativa fallimentare, lo strumento dell’azione revocatoria)” (Cass. Sez. 3, ord. n. 25926 del 2019, cit.).

Per constatare “l’indicata idoneità”, prosegue la sentenza citata, “è sufficiente considerare che l’atto di trasferimento e intestazione del bene conferito al trustee non risulta essere atto isolato e autoreferente”, visto che nella “complessa dinamica di un’operazione di trust, lo stesso si pone, per contro, non solo come atto conseguente, ma prima ancora come atto dipendente dall’atto istitutivo”, sicchè è “in quest’ultimo atto, cioè, che l’atto dispositivo recupera la sua ragion d’essere e causa (in ipotesi) giustificatrice” (Cass. Sez. 3, ord. n. 25926 del 2019, cit.).

Del resto, “è corrente osservazione in letteratura che il trustee risulta titolare di un “ufficio”, o di una “funzione”; e che, quindi, è proprietario non già nell’interesse proprio, bensì nell’interesse altrui: secondo i termini e i modi volta a volta appunto consegnatigli dell’atto istitutivo. La peculiare proprietà del trustee non potrebbe perciò “sopravvivere” all’inesistenza, o al caducarsi, dell’atto che viene nel concreto a conformare tale diritto (nel caso di specie al fine particolare della “tutela dei bisogni della famiglia” basata sul rapporto di coniugio intercorrente tra Ru.Si. e R.L.). L’inefficacia dell’atto istitutivo, come prodotta dall’esito vittorioso di un’azione revocatoria, reca con sè, dunque, pure l’inefficacia dell’atto dispositivo. La domanda di revoca dell’atto istitutivo viene, in altri termini, a colpire il fenomeno del trust sin dalla sua radice” (così, nuovamente, Cass. Sez. 3, ord. n. 25926 del 2019, cit.).

6. Essendo rimasti intimati la società Banco Popolare Società Cooperativa, nonchè M., A. e Ru.Cl., nulla va disposto quanto alle spese del presente giudizio.

7. A carico dei ricorrenti sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, all’esito di udienza pubblica della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, riconvocatasi in camera di consiglio, nella medesima composizione, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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