Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1388 del 18/01/2019

Cassazione civile sez. lav., 18/01/2019, (ud. 29/11/2018, dep. 18/01/2019), n.1388

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Presidente –

Dott. TORRICE Amalia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – rel. Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. DI PAOLANTONIO Annalisa – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19298-2013 proposto da:

P.A., (OMISSIS), domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE,

rappresentata e difesa dagli avvocati VITTORIO PERRIA e PAOLA SERRA;

– ricorrente –

contro

AGRIS SARDEGNA, P.I. (OMISSIS), in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO

STATO presso i cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI

PORTOGHESI, 12 ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 6/2013 della CORTE D’APPELLO di CAGLIARI

SEZIONE DISTACCATA di SASSARI, depositata il 16/01/2013 r.g.n.

182/2011.

Fatto

RITENUTO

che la sentenza attualmente impugnata (depositata il 16 gennaio 2013) respinge l’appello di P.A. avverso la sentenza del Tribunale di Sassari n. 1306/2011, di rigetto della domanda della P. diretta ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto ad essere inclusa nella graduatoria finale della procedura di stabilizzazione nell’organica dell’Agenzia Regionale per la Ricerca in Agricoltura della Sardegna (d’ora in poi: AGRIS) indetta con la Det. DG n. 120 del 2009 del 28 luglio 2009 (Avviso 14) dalla quale era stata esclusa per ritenuta mancanza del requisito – previsto dal bando – di “aver svolto attività lavorativa per trenta mesi”, anche non continuativi al servizio degli Enti confluiti in AGRIS o comunque nel Comparto Regione, Enti o Agenzie, con rapporto di lavoro instaurato a seguito di procedure selettive di natura concorsuale;

che la Corte d’appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari per quel che qui interessa, precisa che:

a) per la giurisprudenza di legittimità non è ammissibile la prova orale finalizzata a dimostrare la “retrodatazione” di un rapporto di lavoro quando la data di inizio del rapporto è determinabile in modo non equivoco dal documento che la contiene;

b) d’altra parte, in base al bando, la prestazione lavorativa di trenta mesi di cui si discute può riguardare qualunque tipo di lavoro, ma tra le situazioni prese in considerazione – a tempo determinato, per borsa di studio, atipico non è prevista la prestazione di fatto;

c) la prestazione della ricorrente, anche se in ipotesi cominciata prima della sottoscrizione del contratto, sarebbe da qualificare come prestazione di fatto, che nel pubblico impiego attribuisce soltanto il diritto alla retribuzione e non può produrre altri effetti, come quello che viene qui richiesto;

d) infatti, la prestazione utile per la stabilizzazione è soltanto quella successiva al superamento della prova selettiva e, nella specie, è tale esclusivamente quella successiva alla data della sottoscrizione del contratto de quo;

che il ricorso di P.A. domanda la cassazione della sentenza per un unico motivo; resiste, con controricorso, l’AGRIS Sardegna, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato.

Diritto

CONSIDERATO

che deve essere preliminarmente esaminata l’eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dall’AGRIS Sardegna controricorrente, sull’assunto della tardività della relativa notifica, perchè effettuata un giorno dopo la scadenza del termine semestrale applicabile nella specie, ratione temporis;

che tale eccezione è da respingere perchè dalla prima pagina del ricorso risulta chiaramente che la notifica è stata richiesta all’UNEP competente il 16 luglio 2013, cioè l’ultimo giorno utile allo scopo (come si afferma anche nel controricorso);

che questo è sufficiente a considerare la notifica tempestiva per la parte notificante, essendo noto che, a partire dalle sentenze della Corte costituzionale n. 477 del 2002 e n. 28 del 2004 – cui sono seguite numerose pronunce conformi di questa Corte – si è statuita la scissione fra i due momenti di perfezionamento, per il richiedente la notifica e per il notificatario, di tutte le notificazioni degli atti processuali, comprese quelle realizzate per il tramite dell’ufficiale giudiziario;

che con l’unico motivo di ricorso si denuncia violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2721 c.c. e ss., in relazione all’art. 2094 c.c.;

che in sintesi, si sostiene l’erroneità della mancata ammissione – da parte del Tribunale prima e della Corte d’appello poi – dei mezzi istruttori dedotti dalla ricorrente per dimostrare che, ai fini della procedura di stabilizzazione in argomento, il proprio rapporto di lavoro al servizio dell’Istituto di Incremento Ippico regionale (poi confluito nell’AGRIS) aveva avuto inizio, di fatto, in data 1 dicembre 2004, come risultava dall’allegata formale convocazione in pari data;

che, pertanto, la P. era in possesso del requisito – richiesto dal bando – di “aver svolto attività lavorativa per trenta mesi”, anche non continuativi, al servizio degli Enti confluiti in AGRIS o comunque nel Comparto Regione, Enti o Agenzie, con rapporto di lavoro instaurato a seguito di procedure selettive di natura concorsuale, essendo la suddetta convocazione in servizio presso il suindicato Istituto e il contemporaneo inizio dell’attività lavorativa (di cui alla formale convocazione citata), avvenuti in esito al positivo superamento di apposito concorso;

che si aggiunge che le proprie richieste istruttorie non erano dirette a contestare il contenuto del contratto, ma a dimostrare che il proprio rapporto, in modo irregolare, aveva avuto inizio prima della firma del contratto, quindi tali richieste dovevano considerarsi ammissibili, oltre ad essere dirette a dimostrare una circostanza – la decorrenza del rapporto – rilevante ai fini del decidere;

che a tale riguardo si sottolinea che nell’ampia formulazione del bando, ove peraltro si faceva espresso riferimento all’avvenuta “prestazione di lavoro” e non alla “assunzione”, tra le varie situazioni lavorative considerate si doveva ritenere compreso anche il rapporto di fatto – quale è stato quello della ricorrente per più di un mese iniziale, a causa del colpevole ritardo dell’Amministrazione nel procedere alla stipula del contratto – tanto più che la ricorrente aveva superato positivamente un concorso, come è incontestato tra le parti mentre le diverse situazioni contemplate nel bando si riferivano, prevalentemente, a rapporti sorti senza l’espletamento di alcun concorso;

che si precisa che la prova selettiva superata dalla ricorrente si era svolta prima dello inizio del rapporto di fatto, diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello;

che si contesta, infine, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’applicazione dell’art. 2126 c.c., nel lavoro pubblico, darebbe diritto solo alla retribuzione e non potrebbe produrre altri effetti, come quello che viene qui richiesto;

che il ricorso è da accogliere, nei limiti e per le ragioni di seguito esposte e muovendo dalla premessa secondo cui in virtù del principio “jura novit curia”, l’erronea individuazione, da parte del ricorrente per cassazione, delle norme che si assumono violate è priva di conseguenze quando dalla descrizione del vizio che si ascrive alla sentenza impugnata e nei limiti del petitum sostanziale fatto valere in giudizio si possano individuare le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sub judice e i principi di diritto da porre a fondamento della decisione, pur se diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti (vedi, per tutte: Cass. 25 febbraio 2014, n. 4439; Cass. 24 luglio 2012, n. 12943; Cass. 06 ottobre 2016, n. 20060);

che il petitum sostanziale fatto valere in giudizio dalla lavoratrice – che dalla sentenza impugnata risulta che la Corte d’appello non ha correttamente individuato, pur essendo stato chiaramente espresso negli atti difensivi della ricorrente ed anche nel presente ricorso – è quello di ottenere l’affermazione della decorrenza del proprio rapporto di collaborazione con l’Istituto di Incremento Ippico regionale dalla data di effettivo inizio della prestazione lavorativa, provata dalla formale convocazione in servizio presso il suddetto Istituto e avvenuta in esito al positivo superamento di apposito concorso, ai soli fini del riconoscimento del diritto ad essere inclusa nella graduatoria finale della procedura di stabilizzazione nell’organico dell’Agenzia Regionale per la Ricerca in Agricoltura della Sardegna (d’ora in poi: AGRIS) indetta con la Det. DG n. 120 del 2009 del 28 luglio 2009 (Avviso 14);

che, infatti, il suddetto bando prevedeva fra i requisiti di ammissione quello di “aver svolto attività lavorativa per trenta mesi”, anche non continuativi, al servizio degli Enti confluiti in AGRIS o comunque nel Comparto Regione, Enti o Agenzie, con rapporto di lavoro instaurato a seguito di procedure selettive di natura concorsuale;

che la ricorrente – la quale pacificamente aveva superato una procedura concorsuale prima dello inizio del rapporto di fatto alle dipendenze dell’Istituto di Incremento Ippico cit., diversamente da quanto affermato dalla Corte d’appello nella parte finale della sentenza impugnata – è stata esclusa dalla graduatoria finale in oggetto soltanto perchè al suo rapporto alle dipendenze del suindicato Istituto è stata attribuita una durata pari a mesi 29 e giorni 11, in quanto la relativa decorrenza è stata individuata nel giorno della sottoscrizione del primo contratto di collaborazione (18 gennaio 2005) anzichè nel giorno dell’effettivo inizio dell’attività lavorativa (1 dicembre 2004), risultante dalla formale convocazione citata e conseguente al positivo superamento di apposito concorso, come si è detto;

che, pertanto, la ricorrente non ha chiesto alcuna “retrodatazione” del rapporto di lavoro (comprendendovi anche quello di fatto iniziale) ma ha solo domandato che tale periodo iniziale – “in nero” – potesse essere conteggiato ai limitati fini dell’applicazione della suddetta clausola del bando;

che tale richiesta era del tutto compatibile con il tenore della clausola stessa nella quale si fa riferimento – come risulta anche dal ricorso ed pacifico fra le parti – all’avvenuto “svolgimento di attività lavorativa” con le caratteristiche ivi previste e non all’avvenuta “assunzione”;

che ciò, del resto, è logicamente coerente con la successiva precisazione del bando secondo cui “ai soli fini del calcolo del periodo per il raggiungimento dei trenta mesi sono considerati validi i periodi di borsa di studio fruiti a qualsiasi titolo presso uno degli Enti confluiti in AGRIS”, precisazione che, a sua volta, trova riscontro nella L.R. Sardegna 29 maggio 2007, n. 2, art. 36 ove si prevede la possibilità di provvedere al superamento del precariato “anche attraverso la stabilizzazione dei lavoratori precari assunti con contratto di lavoro a termine, o con forme contrattuali flessibili o atipiche, dall’Amministrazione regionale, dagli enti o dalle agenzie regionali rientranti, anche per effetto della presente legge, nel comparto di contrattazione regionale di cui alla L.R. n. 31 del 1998”;

che, in base ad un costante e condiviso indirizzo di questa Corte (che trova riscontro anche nella giurisprudenza amministrativa), nel lavoro pubblico, il bando di concorso per l’assunzione di personale costituisce “lex specialis” della procedura ed ha duplice natura giuridica di provvedimento amministrativo e di atto negoziale vincolante nei confronti dei partecipanti, impegnando il datore di lavoro pubblico non solo al rispetto della norma con la quale ha delimitato la propria discrezionalità, ma anche ad adempiere l’obbligazione secondo correttezza e buona fede (fra le tante: Cass. 10 luglio 2015, n. 14397; Cass. 6 maggio 2015, n. 9107);

che, nella specie, dato il tenore del bando in cui non si fa riferimento alla “assunzione” ma alla “prestazione lavorativa” e si contemplano varie situazioni nate senza concorso – a tempo determinato, per borsa di studio, atipico – è del tutto evidente che, sulla base sia dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.), applicabili alla stregua dei principi di imparzialità e di buon andamento di cui all’art. 97 Cost. sia dell’art. 3 Cost. nel computo dei trenta mesi di cui si discute non poteva non essere calcolato anche il periodo iniziale di lavoro svolto dalla P. (e regolarmente documentato) prima della firma del contratto;

che, del resto, a parte ogni altra considerazione, il mancato computo di tale periodo di lavoro non regolarizzato per un immotivato ritardo dell’Istituto datore di lavoro nell’effettuazione di una operazione doverosa, ritardo che, in mancanza di precisazioni al riguardo, è da ascrivere a disfunzioni burocratiche “subite” dalla lavoratrice, è di per sè lesivo dell’art. 97 Cost. e quindi, nei rapporti di lavoro, si traduce nel mancato rispetto dei criteri generali di correttezza e buona fede (art. 1175 e 1375 c.c.);

che, al riguardo, va ricordato che il contrasto con il principio di ragionevolezza di disfunzioni e/o sovraccarico e/o inefficienze e/o lungaggini di tipo burocratico che ostacolino la realizzazione di posizioni giuridiche soggettive, senza che il destinatario possa influire sul loro corso, è stato più volte affermato – in linea generale e con riferimento alle più differenti situazioni – sia dalla Corte costituzionale (vedi: sentenze n. 209 e n. 483 del 1995; n. 327 del 1999; n. 35 del 2004), sia dalla Corte di Giustizia UE (sentenza 24 aprile 2008, procedimenti riuniti C-55/07 e C-56/07; sentenza 12 maggio 2011, C-107/10; sentenza 16 novembre 2016, C-316/15), sia dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (sentenza 15 settembre 2016, Giorgioni c. Italia; sentenza 23 giugno 2016, Srumia c. Italia; sentenza 2 marzo 2017, Talpis c. Italia), sia dalla giurisprudenza amministrativa (vedi, per tutte: TAR Lazio 6 settembre 2013, n. 8154);

Conclusioni.

che, in sintesi, il ricorso deve essere accolto, per le ragioni dianzi esposte, ponendosi la soluzione adottata dalla Corte d’appello in contrasto con le norme e i principi sopra individuati, i quali pur se non coincidenti con quelli formalmente richiamati dalla ricorrente, corrispondono al petitum sostanziale fatto valere in giudizio dalla lavoratrice stessa e chiaramente desumibile dalla lettura del ricorso, sicchè la relativa precisazione rientra nel campo di applicazione del principio “jura novit curia”, di cui all’art. 113 c.p.c.;

che la sentenza impugnata deve essere, quindi, cassata, con rinvio, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione, che si atterrà, nell’ulteriore esame del merito della controversia, a tutti i principi su affermati.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione lavoro, il 29 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 18 gennaio 2019

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