Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13879 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13879

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5086-2018 proposto da:

GESIN DI G.C. & C SAS, in persona del legale

rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

PAGANICA, 13, presso lo studio dell’avvocato LUCA MARIA PETRONE, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

API ANONIMA PETROLI ITALIANI SPA, in persona dell’Amministratore

Delegato e legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA CONDOTTI 91, presso lo studio dell’avvocato

FELICE PATRIZI, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

FERDINANDO CARABBA TETTAMANTI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7714/2017 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 05/12/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CORRADO MISTRI che ha concluso per la parziale inammissibilità e in

subordine rigetto del ricorso;

udite l’Avvocato LUCA MARIA PETRONE;

udito l’Avvocato FELICE PATRIZI.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 5/12/2017 la Corte d’Appello di Roma ha respinto il gravame interposto dalla società Gesim di G.C. & C. s.a.s. in relazione alla pronunzia Trib. Roma n. 9000/2015, di accoglimento della domanda nei suoi confronti proposta dalla società API – Anonima Petroli Italiani s.p.a. di risoluzione del contratto di convenzionamento tra di esse intercorso, con condanna al pagamento di somma a titolo di restituzioni.

Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito la società Gesim di G.C. & C. s.a.s. propone ora ricorso per cassazione, affidato a 7 motivi, illustrati da memoria.

Resiste con controricorso la società API – Anonima Petroli Italiani s.p.a., che ha presentato anche memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il 1 motivo la ricorrente denunzia violazione degli artt. 702 bis, 702 ter, 163 bis, 166,167,132 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Si duole che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto maturate le preclusioni processuali in ragione della “tardiva costituzione del convenuto nel rito sommario di cognizione ex art. 702 bis c.p.c.”, laddove “il giudice di primo grado ha trasformato il rito ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., e siffatta norma non contiene alcuna clausola di conferma delle preclusioni processuali formatesi nel rito sommario poi mutato in ordinario”.

Lamenta che, nel confermare “le preclusioni maturate nel rito sommario anche a seguito di trasformazione in ordinario”, la corte di merito ha violato il disposto di cui all’art. 702 ter c.p.c., il quale al comma 3 prescrive l’applicazione delle “”disposizioni del Libro II”, riferite come noto al processo di cognizione, senza alcuna limitazione”, sicchè “il rinvio non limitato ad un titolo specifico del Libro II del codice di procedura civile deve comprendere anche l’integrale applicazione degli artt. 163 bis e 167 c.p.c.”, con la conseguenza che “a seguito della trasformazione del rito deve essere concesso un nuovo termine lungo a difesa del convenuto pari a 70 giorni di cui al combinato disposto degli artt. 163 bis e 166 c.p.c. (rectius: 90 giorni per fissazione della prima udienza sottratti 20 giorni liberi prima per la costituzione del convenuto)”.

Lamenta, ancora, che “se il rito muta non si vede la ragione logica prima che giuridica per non ammettere che nel nuovo processo – da trattarsi con il rito ordinario – il convenuto possa precisare le proprie domande o comunque presentarne di nuove al pari delle eccezioni non rilevabili d’ufficio fino a dieci giorni liberi prima della nuova udienza fissata ex art. 183 c.p.c.

Con il 2 motivo denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 345 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Si duole che la corte di merito abbia “frettolosamente bollato come inammissibili entrambi i motivi di appello”, laddove il giudizio di “novità” è “palesemente erroneo” in quanto i motivi di gravame non introducevano domande nuove bensì mere difese e i “fatti oggetto delle argomentazioni difensive di appello erano stati già introdotti nel giudizio di primo grado, sebbene in forma sinteticamente icastica”.

Il 1 e il 2 motivo sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati.

La vicenda attiene a contratto di convenzionamento intercorso tra la società Gesim di G.C. & C. s.a.s. e la società A.P.I. – Anonima Petroli Italiana – s.p.a.

La domanda in origine da quest’ultima nei confronti della prima azionata con ricorso ex art. 702 bis c.p.c. di risoluzione per inadempimento del contratto di convenzionamento e di conseguente condanna della medesima al pagamento di somma a titolo di restituzioni è stata accolta nei due gradi di giudizio di merito.

La corte di merito ha in particolare affermato che “l’odierna appellante si è costituita tardivamente in primo grado e, pertanto, è incorsa nelle decadenze e preclusioni di cui all’art. 702 bis c.p.c.”.

Dalla costituzione nella specie avvenuta all’udienza anzichè nel termine indicato all’art. 702 bis c.p.c., comma 3 la corte di merito ha conseguentemente tratto la non esaminabilità delle difese e delle eccezioni proposte dall’odierna ricorrente allora convenuta, pur avendo – in accoglimento della richiesta dalla medesima formulata – disposto la conversione del rito sommario in ordinario, con fissazione dell’udienza ex art. 183 c.p.c.

Orbene, siffatto assunto è erroneo.

Le preclusioni maturate nella fase sommaria del procedimento invero non rilevano nel giudizio ordinario a cognizione piena che si instaura all’esito della conversione del rito sommario, nulla al riguardo in tal senso disponendo l’art. 702 bis c.p.c., che trova nella specie applicazione, laddove allorquando ha voluto diversamente disporre il legislatore ha introdotto espressa eccezione alla suindicata regola generale (es., D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 4, comma 5, relativo a procedimenti diversi da quello oggetto del presente giudizio).

Va ulteriormente osservato che all’esito del mutamento del rito da sommario in ordinario, ai sensi dell’art. 702 ter c.p.c., comma 3 “il giudice, con ordinanza non impugnabile, fissa l’udienza di cui all’art. 183. In tal caso si applicano le disposizioni del libro II”.

Orbene, atteso il chiaro tenore della norma trovano nella detta ipotesi applicazione i termini indicati all’art. 183 c.p.c., cui l’art. 702 ter, comma 3, fa espresso rinvio, con conseguente necessità di osservare i termini di cui all’art. 163 bis c.p.c., comma 1 e all’art. 166 c.p.c. a tutela del diritto di difesa del convenuto.

Termini, come emerge ex actis, dal giudice di primo grado invero nella specie non rispettati.

All’udienza del 19/2/2014, all’esito della disposta conversione del rito da sommario in ordinario, risulta infatti dal medesimo fissata la nuova udienza di comparizione ex art. 183 c.p.c. per il 17/4/2014, e pertanto in violazione dei (minimi) termini liberi a pena di nullità dal suindicato art. 163 bis c.p.c., comma 1, previsti.

Nè alla detta udienza, stante la mancata comparizione dell’odierna ricorrente ed allora appellata, è stata da tale giudice disposta la rinnovazione della citazione entro un termine perentorio ex art. 291 c.p.c. (cfr. Cass., 2/5/2019, n. 11549; Cass., 28/5/2010, n. 13128).

Dell’impugnata sentenza, assorbiti gli altri motivi (con i quali denunzia “violazione e/o falsa applicazione” dell’art. 1460 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente ritenuto che la proposta eccezione d’inadempimento comporti riconoscimento del proprio debito; denunzia “omesso esame” di fatto decisivo per il giudizio, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente inteso l'”effettivo svolgimento del processo innanzi al Tribunale”, avendo essa “contestato l’inadempimento addebitatole” (4 motivo); denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1362 e 1363 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito abbia erroneamente interpretato le clausole del contratto di convenzionamento (5 motivo); denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 1175,1375,1453,1455 c.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, dolendosi che la corte di merito non abbia “preso in considerazione i comportamenti dall’API tenuti nel corso di svolgimento del rapporto negoziale” (6 motivo); denunzia “violazione e/o falsa applicazione” degli artt. 345 c.p.c., artg. 1453, 2033 c.c., D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 4,17,19 in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, lamentando che la “contestazione della condanna alla rifusione dell’IVA costituisce mera difesa e dunque non rientra nel divieto dei “nova” in appello” (7 motivo)) nonchè ogni altra diversa questione e differente profilo, s’impone pertanto la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d’Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.

Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il 1 e il 2 motivo, assorbiti gli altri e ogni altra questione e differente profilo. Cassa in relazione l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’Appello di Roma, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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