Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13878 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 18/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13878

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIVALDI Roberta – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – rel. Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

Dott. RUBINO Lina – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 18858/2018 proposto da:

I.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PRATI

FISCALI, 158, presso lo studio dell’avvocato FABIO PINCI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

T.C.S.E., elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CONCA D’ORO, 184/190, presso lo studio dell’avvocato

MAURIZIO DISCEPOLO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

UNIPOL ASSICURAZINI SPA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 1/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 09/01/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/02/2020 dal Consigliere Dott. MARIO CIGNA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MISTRI Corrado, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato FABIO PINCI;

udito l’Avvocato GILDA MARTIRE per delega orale.

Fatto

FATTI DI CAUSA

I.A. convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Ancona T.C.S.E. per sentirlo condannare al risarcimento dei danni subiti per non avere adempiuto al suo dovere professionale nell’esercizio delle funzioni di avvocato.

A sostegno della domanda dedusse: che, avvalendosi delle prestazioni professionali del convenuto, aveva presentato alla Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Macerata due querele e, successivamente, essendo intervenute richieste di archiviazione del P.M. del 21 e 29-11-2002, due distinte opposizioni; che, tuttavia, il Tribunale di Macerata aveva disposto l’archiviazione dei procedimenti; che il professionista, non iscritto all’albo speciale degli avvocati cassazionisti, aveva invitato l’attore a proporre innanzi alla Corte di Cassazione due separati ricorsi avverso i provvedimenti di archiviazione; che siffatti ricorsi, predisposti dal professionista ma sottoscritti personalmente solo dalla parte, erano però stati dichiarati inammissibili dalla S.C. proprio perchè sottoscritti solo dalla parte offesa; che, pertanto, il professionista aveva violato l’obbligo di informazione, sia in ordine alla sua carenza di abilitazione a promuovere una iniziativa giudiziaria dinanzi alla S.C., sia in ordine allo stato ed all’esito dei ricorsi.

T.C.S.E. chiese il rigetto della domanda dell’attore, spiegò domanda riconvenzionale e chiamò in causa, a fini di garanzia, la Aurora Assicurazioni SpA.

Con sentenza 311 del 7-14/3/2011 l’adito Tribunale rigettò, sia la domanda dell’attore, sia quella riconvenzionale.

Con sentenza 1/2018 del 9-1-2018 la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello principale proposto da I.A. e quello incidentale della Unipol (già U.G.F., succeduta alla Aurora); in particolare, per quanto ancora rileva, la Corte territoriale ha ritenuto che l’avvocato T., prospettando i rischi della sottoscrizione personale dei ricorsi e sconsigliandone la proposizione personale, avesse assolto i suoi doveri professionali, non essendo invece necessario (in presenza di questione problematica, che aveva reso necessario l’intervento delle sezioni unite) che l’avvocato avesse prospettato al cliente il sicuro esito negativo dei ricorsi; al riguardo, in fatto, la Corte territoriale ha precisato che (come correttamente evidenziato anche dal primo Giudice) la teste V.V., collega di studio del convenuto, aveva dichiarato che l’avvocato T. aveva prospettato all’attore la possibilità di proporre personalmente il ricorso per Cassazione (possibilità prospettata verosimilmente in quanto l’avvocato T. non era abilitato al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori), ma lo aveva sconsigliato ad intraprendere tale strada per il concreto rischio di una pronuncia di inammissibilità del ricorso, attesa la presenza di contrasto giurisprudenziale.

Avverso detta sentenza I.A. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.

T.C.S.E. resiste con controricorso. La Unipol Assicurazioni SpA non ha svolto attività difensiva in questa sede.

Con ordinanza interlocutoria 11-4-2019 questa S.C., sezione sesta-3, ha ritenuto opportuna la trattazione del ricorso in pubblica udienza.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 c.c., comma 2, artt. 1218,2236 c.c. e art. 116 c.p.c., si duole che la Corte territoriale, non ritenendo sussistente alcuna colpa in capo al professionista, abbia disapplicato i principi cardine in materia di responsabilità professionale; al riguardo sostiene, in particolare, che, in presenza di copiosa giurisprudenza che sin dal 1998 (v. Cass. S.U. penali 24/1998) aveva affermato l’inammissibilità dei ricorsi in questione se proposti personalmente dalle parti offese, l’avvocato T. non si sarebbe dovuto prestare nè alla redazione degli stessi (pretendendone il pagamento), nè ad accompagnare il cliente al relativo deposito; irrilevanti, al riguardo, dovevano invece ritenersi la presunta (e comunque non provata) informazione, da parte del professionista al cliente, circa il “concreto rischio di inammissibilità del ricorso” ove presentato personalmente.

Con il secondo motivo il ricorrente, denunziando – ex art. 360 c.p.c., n. 5 – omesso esame circa fatti decisivi del giudizio oggetto di discussione tra le parti, si duole che la Corte territoriale, omettendo di esaminare alcuni documenti prodotti in atti, non abbia considerato quale fatto decisivo per la definizione del giudizio la circostanza che l’informazione avrebbe dovuto riguardare il sicuro esito negativo dei ricorsi proposti personalmente dalle parti, giacchè, contrariamente a quanto sostenuto nell’impugnata sentenza, nel 2002 (epoca di presentazioni dei ricorsi in questione) non “si era in presenza di una problematica in relazione alla quale l’intervento delle S.U. si era reso necessario proprio a seguito di un contrasto giurisprudenziale”.

Il primo motivo è inammissibile.

La doglianza, invero, si risolve in una critica in merito alla valutazione, operata dalla Corte territoriale, sulla diligenza richiesta al professionista (valutazione, come tale, di per sè insindacabile in sede di legittimità), senza peraltro far alcuna menzione sulla probabilità di accoglimento del ricorso per Cassazione avverso il provvedimento di archiviazione ove il ricorso fosse stato presentato da difensore autorizzato; al riguardo va, peraltro, rilevato che risulta accertato in fatto che l’avvocato avesse prospettato al cliente il concreto rischio di una pronuncia di inammissibilità del ricorso ove proposto personalmente; concreto rischio che, in effetti, è quello che sussiste in caso di precedente giurisprudenziale contrario, mentre nessuna certezza può essere prospettata neanche nell’ipotesi (quale quella di specie) di precedente difforme principio enunciato dalle sezioni unite.

Il secondo motivo è inammissibile in quanto non in linea con la nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

Come già chiarito da questa Corte, invero, l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, riformulato dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, conv. in L. 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario (fatto da intendersi come un “preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico-naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni”), la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 e art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4, il ricorrente deve indicare il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività”, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sè, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorchè la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie (Cass. 8053/2014; Cass. 21152/2014).

Nel caso di specie il ricorrente non ha indicato alcun “fatto storico” (nel senso su precisato), ma si è limitato a rilevare l’omesso esame di elementi istruttori (in particolare di alcuni documenti in atti); la mancata prospettazione del sicuro esito negativo dei ricorsi non costituisce, in ogni modo, per quanto già esposto nel precedente motivo, fatto decisivo.

In conclusione, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile.

Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, poichè il ricorso è stato presentato successivamente al 30-1-2013 ed è stato dichiarato inammissibile, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del cit. art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.200,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, il 18 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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