Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13875 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. II, 09/06/2010, (ud. 21/04/2010, dep. 09/06/2010), n.13875

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ELEFANTE Antonino – rel. Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

Avv. C.N., C.F. (OMISSIS), domiciliata ex lege

presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentata e

difesa dall’Avv. LATTANZI Giovanni Carlo come da procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.G.;

P.M. presso la PROCURA della REPUBBLICA di MASSA.

UFFICIO delle ENTRATE – Centro Tuscanica;

– intimati –

per la cassazione del provvedimento emesso dal Presidente del

Tribunale di Massa del 14.12.2004 – 15.12.2004;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21.04.2010 dal Pres. Dott. ELEFANTE Antonino;

Sentito il P.M. in persona del Sost. Proc. Gen. Dott. PRATIS

Pierfelice che ha concluso per l’inammissibilita’ o rigetto del

ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Massa rigettava l’istanza dell’Avv. C. N. diretta ad ottenere, quale difensore d’ufficio di B.G., imputato del reato di bancarotta fraudolenta, la liquidazione dell’onorario D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 116, sul rilievo che il professionista non si era insinuato tempestivamente nello stato passivo del fallimento, ne’ aveva atteso l’esaurimento della procedura fallimentare per poi iniziare la procedura esecutiva individuale.

Il reclamo proposto dall’Avv. C. veniva rigettato dal Tribunale con provvedimento del 14/15.12.2004 in base alla gia’ rilevata assenza di un tentativo del professionista di recuperare il credito mediante esecuzione individuale successiva alla chiusura del fallimento.

Avverso tale provvedimento l’Avv. C.N. ha proposto ricorso per Cassazione in base a un solo motivo.

Gli intimati B.G., P.M. presso la Procura della Repubblica di Massa e Ufficio delle Entrate – Centro Tuscania non hanno svolto attivita’ difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con unico motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 116. Sostiene che se e’ vero che tale norma prevede che il professionista “deve dimostrare di aver inutilmente esperito le procedure per il recupero del credito professionale”, prima di poter ottenere il pagamento delle proprie competenze da parte dell’erario, tuttavia nel caso specifico, tale prova era in re ipsa ovvero nella situazione di fatto – fallimento – in cui veniva a trovarsi il B., nonche’ nella condizione di non abbienza, emersa, altresi’, nel corso del processo penale con la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio.

Aggiunge la ricorrente che il Tribunale avrebbe interpretato l’art. 116 cit. in modo formalistico, disattendendo le risultanze processuali, nel richiedere che il professionista avrebbe dovuto comunque intraprendere contro il proprio assistito le procedure di recupero del credito, nonostante fosse chiaro fin dall’inizio l’esito negativo delle stesse.

Il motivo non ha pregio.

La questione che viene sottoposta alla Corte e’ se e’ possibile per il difensore d’ufficio ottenere la liquidazione dell’onorario senza la dimostrazione di aver inutilmente esperito la procedura per il recupero del credito professionale.

Il D.P.R. n. 115 del 2002, art 116 (il quale stabilisce che “L’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio sono liquidati dal magistrato, nella misura e con le modalita’ previste dall’art. 82 ed e’ ammessa opposizione ai sensi dell’art. 84, quando il difensore dimostra di aver esperito inutilmente le procedure per il recupero dei crediti professionali”) contiene essenzialmente tre regole: 1) il difensore d’ufficio si deve fare carico della procedura esecutiva per il recupero del credito professionale nei confronti dell’assistito; 2) qualora riesca a dimostrare che la procedura di cui sopra e’ risultata infruttuosa, il difensore viene retribuito dallo Stato nella misura e secondo le modalita’ previste dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 82, relativo alla retribuzione del difensore patrocinante a spese dello Stato; 3) a meno che l’assistito non chieda e ottenga l’ammissione al gratuito patrocinio a spese dello Stato, quest’ultimo surroga il difensore nel suo credito verso il soggetto assistito.

In base al cit. art. 116 la regola generale e’, quindi, quella che il difensore ha l’onere di dimostrare di avere esperito inutili tentativi di recupero del proprio credito professionale ai fini dell’accoglimento della propria istanza di liquidazione degli onorari.

A tale regola fa eccezione solo l’ipotesi del successivo art. 117 il quale stabilisce che “L’onorario e le spese spettanti al difensore di ufficio della persona sottoposta alle indagini, dell’imputato o del condannato irreperibile sono liquidati dal magistrato nella misura e con le modalita’ previste dall’art. 82 ed e’ ammessa opposizione ai sensi dell’art. 84”, senza richiedere che il difensore dimostri di aver esperito inutilmente il tentativo di recupero del proprio credito professionale.

Si tratta di un’eccezione a una regola generale, come tale di stretta esegesi e non suscettibile di interpretazione estensiva o, a maggior ragione, di applicazione analogica, nell’ottica di giustificazione delle spese a carico dello Stato.

In conclusione, l’art. 116 cit. stabilisce la regola generale che il difensore d’ufficio non puo’ ottenere la liquidazione dell’onorario a carico dell’erario senza aver dimostrato di aver esperito inutili tentativi per il recupero del proprio credito professionale.

L’ipotesi prevista dal successivo art. 117 deve ritenersi eccezione a una regola generale, come tale di stretta esegesi e non suscettibile di interpretazione estensiva o analogica.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla in ordine alle spese di giudizio perche’ nessuno degli intimati ha svolto attivita’ difensiva.

P.Q.M.

LA CORTE rigetta il ricorso.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile, il 21 aprile 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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