Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13874 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 17/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13874

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – rel. Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 33986/2018 proposto da:

Pulisan S.r.l., in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma alla via di Pietralata n. 320,

presso lo studio dell’avvocato Mazza Ricci Gigliola, che lo

rappresenta e difende unitamente agli avvocati Battiante Antonio,

Battiante Carmine;

– ricorrente –

contro

Allianz S.p.a., in persona del legale rappresentante in carica,

elettivamente domiciliato in Roma alla via Crescenzio n. 17/a,

presso lo studio dell’avvocato Clemente Michele, che lo rappresenta

e difende;

– controricorrente –

e contro

D.F.A., e N.D.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 00480/2018 della CORTE d’APPELLO di BARI,

depositata il 15/03/2018;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

17/02/2020 da Dott. Cristiano Valle, osserva.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Pulisan S.r.l., società operante nel settore delle pulizie, convenne in giudizio dinanzi il Tribunale di Foggia due ragionieri, N.D. ed D.F.A., succedutisi nell’incarico relativo al calcolo delle retribuzioni per i dipendenti, nel corso di un decennio, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni causati dai maggiori esborsi effettuati per dieci anni, a seguito dell’errato calcolo, da parte dei ragionieri, sulla base delle norme dei contratti collettivi nazionali di lavoro per le imprese di pulizia (art. 15 del c.c.n.l. del 1993 ed art. 22 c.c.n.l. del 2001), delle somme da corrispondere in favore dei dipendenti, in particolare di avere effettuato il riconoscimento di scatti ogni biennio per la voce denominata “incremento automatico biennale”, invece che una sola volta nel corso del rapporto di lavoro subordinato.

1.1. Il Tribunale Foggia accolse la domanda e condannò i due ragionieri, in solido con la loro società assicuratrice Allianz S.p.a., chiamata in causa su istanza dei convenuti, al risarcimento dei danni (per circa quattrocentomila Euro, oltre interessi) ed alla rifusione delle spese di lite.

1.2. La Corte di Appello di Bari, adita dall’Allianz S.p.a. con appello principale e da N.D. ed D.F.A. con appello incidentale, ha, con sentenza n. 00480 del 15/03/2018, riformato la decisione di primo grado.

1.3. Ricorre avverso la decisione di appello, con atto affidato a due motivi, la Pulisan S.r.l..

1.4. Resiste l’Allianz s.p.a. con controricorso.

1.5. N.D. e D.F.A. sono rimasti intimati.

1.6. Il P.G. non ha presentato conclusioni.

1.7. La sola parte ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

2. I due motivi di ricorso censurano la sentenza d’appello:

2.1. il primo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deducendo erronea interpretazione della documentazione agli atti, con riferimento all’affermazione della Corte territoriale relativa alle dichiarazioni rese dalla D.F. e dal N. all’assicurazione e non ritenute avere valenza di confessione stragiudiziale;

2.2. il secondo mezzo per violazione e (o) falsa applicazione, con riferimento all’art. 1176 c.c., comma 2, ed afferma che la Corte territoriale ha errato nel non ritenerla applicabile, ritenendo sussistente, d’ufficio, senza che la questione fosse stata prospettata quale eccezione, ipotesi di speciale difficoltà per il professionista, ai sensi dell’art. 2236 c.c..

3. Il primo motivo è infondato.

La Corte d’appello ha escluso che le dichiarazioni rese dalla D.F. e dal N. al proprio assicuratore Allianz S.p.a. integrassero confessione stragiudiziale, ai sensi dell’art. 2735 c.c., in quanto fatte alla compagnia assicuratrice al fine di renderla edotta della pretesa risarcitoria.

Sul punto si osserva che la confessione stragiudiziale si differenzia da quella giudiziale per essere fatta al di fuori del processo, ma comunque deve essere resa alla controparte in senso sostanziale o ad un terzo e tale non può essere considerata la dichiarazione resa dall’assicurato all’assicuratore in adempimento dell’obbligo contrattuale, nell’ambito del tipo contrattuale dell’assicurazione, di pronta, chiara e completa informazione.

3.1. La statuizione della sentenza d’appello, alla pag. 10, laddove affronta il secondo motivo dell’appello principale è logica ed esaustiva e va, pertanto, confermata.

4. Il secondo motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.

4.1. E’ opportuno premettere che l’art. 2236 c.c., non è considerato univocamente quale norma speciale, in punto di responsabilità del professionista, rispetto all’art. 1176 c.c., bensì viene letto, da parte della (dottrina e dalla) giurisprudenza, quale norma che prevede un criterio complementare con riferimento alla responsabilità professionale (Cass. n. 00499 del 15/01/2001 Rv. 543135-01): “In tema di responsabilità professionale la relazione tra gli artt. 1176 e 2236 c.c., è di integrazione per complementarietà e non già per specialità, cosicchè vale come regola generale quella della diligenza del buon professionista (art. 1176, comma 2) con riguardo alla natura dell’attività prestata, mentre quando la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di particolare difficoltà opera la successiva norma dell’art. 2236 c.c., delimitando la responsabilità professionale al dolo o alla colpa grave.”.

Il secondo mezzo censura un apprezzamento di fatto, ossia la sussistenza di una questione di speciale difficoltà, ai sensi dell’art. 2236 c.c., alla cui valutazione il giudice può procedere anche d’ufficio, come da costante orientamento di legittimità (difformemente da quanto reiteratamente prospettato, anche memoria per l’adunanza camerale, dalla difesa della società ricorrente), alla quale il Collegio intende dare seguito (Cass. n. 25746 del 22/12/2015 Rv. 638303-01, correttamente richiamata dalla sentenza della Corte di appello): “In materia di contratto di prestazione d’opera, acclarata la colpa del professionista, il rilievo che la prestazione eseguita comporta la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà può essere compiuto d’ufficio dal giudice sulla base di risultanze istruttorie ritualmente acquisite, non formando oggetto di un’eccezione in senso stretto.”.

4.2. Il mezzo è, altresì, infondato.

L’accertamento di fatto compiuto dalla Corte territoriale, in ordine all’essere caratterizzata, l’interpretazione degli artt. 15 e 22 dei c.c.n.l. per le imprese di pulizia rispettivamente del 21 maggio 1993 e del 25 maggio 2001 da problemi di notevole complessità è stato adeguatamente motivato dal giudice di merito e non è, pertanto, suscettibile di essere rimesso in discussione in questa sede di legittimità.

Il giudice dell’appello territoriale ha, sul punto, ritenuto che fossero indici della difficoltà interpretativa di particolare momento il diverso opinamento dei giudici di primo grado che avevano istruito la causa in tribunale, rigettando, uno di essi, l’istanza di ordinanza ingiunzione proposta dalla Pulisan S.r.l. ed il fatto che le stesse parti sociali non avessero offerto un’univoca interpretazione delle suddette norme contrattualcollettive ed ha conclusivamente ritenuto che si trattasse si problema di notevole complessità e quindi non ricorresse ipotesi di dolo o colpa grave, ai sensi dell’art. 2236 c.c..

5. Il ricorso è, conclusivamente, rigettato.

5.1. L’esito della lite, che ha visto alternarsi decisioni di merito difformi, consente di ritenere sussistenti idonee ragioni, anche alla stregua della più recente affermazione del giudice delle leggi (in particolare: Corte Cost. n. 77 del 19 aprile 2018 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 92 c.p.c., comma 2, nella parte in cui non prevede che il giudice possa compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero, anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni), per disporre integrale compensazione delle spese di questo grado del giudizio.

5.2. Al rigetto dell’impugnazione consegue che deve darsi atto della sussistenza, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

rigetta il ricorso;

compensa tra le parti le spese del giudizio di cassazione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, il 17 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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