Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13872 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. II, 09/06/2010, (ud. 03/03/2010, dep. 09/06/2010), n.13872

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. MALZONE Ennio – Consigliere –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

B.V. (OMISSIS), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEL SEMINARIO 113/116, presso lo studio dell’avvocato

VISONE LODOVICO, rappresentato e difeso dagli avvocati TOZZI SILVANO,

TOZZI LUCA;

– ricorrente –

contro

C.V. (OMISSIS), D.B.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA MERULANA

234, presso lo studio dell’avvocato BOLOGNA GIULIANO, rappresentati e

difesi dall’avvocato PROZZO ROBERTO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3900/2006 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 20/12/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2010 dal Consigliere Dott. MIGLIUCCI Emilio;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per improcedibilita’ in subordine

rigetto del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

B.V. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Benevento D.B.A. e C.V. esponendo di essere proprietario di un fondo sito in (OMISSIS), distinto in catasto al fol. (OMISSIS);

confinante ad est, tra gli altri, con la particella (OMISSIS), di proprieta’ dei convenuti; che questi ultimi erano stati autorizzati, giusta concessione edilizia n. (OMISSIS), a realizzare un garage completamento interrato: che difformemente dalla predetta concessione il manufatto fuoriusciva dal piano di campagna e era stato realizzato con una terrazza piastrellata quale copertura posta a livello ed a servizio del primo piano del fabbricato; che detta terrazza costituiva affaccio diretto sulla sua proprieta’; che inoltre risultava alterata la sua proprieta’ previo innalzamento dell’originario piano di campagna, determinato da uno sversamento di terreno di riporto; che, pertanto, risultavano violate le prescrizioni in materia distanze dettate dagli art. 872 e 873 c.c. nonche’ dallo strumento urbanistico che prevedeva la distanza dei fabbricati dal confine di mt. 5.

Cio’ posto, l’istante chiedeva la riduzione in pristino dello stato dei luoghi previa demolizione della costruzione e la rimozione del terreno abusivamente sversato sulla sua proprieta’.

I convenuti, costituendosi in giudizio, chiedevano il rigetto della domanda, deducendo di avere realizzato la costruzione legittimamente ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9.

Con sentenza depositata il 20 marzo 2003 il Tribunale accoglieva la domanda, osservando che il garage realizzato dai convenuti era nel lato sud completamente fuori terra e che il calpestio della copertura del garage era posizionato ad una quota mediamente piu’ alta di cm.

18 dall’attuale piano di campagna; che per una fascia di circa 5 metri dal confine e per tutta la lunghezza del muro in blocchetti di cemento che divide la proprieta’ dell’attore il piano di campagna del fondo di quest’ultimo risultava rialzato a seguito di uno sversamento di terra, sicche’ la prima fila di viti risultava interrata di 30 cm.

sul lato a monte e di conseguenza, rispetto al piano di campagna originario del terreno dell’attore, il calpestio del garage risultava sopraelevato di 35 cm., sul lato a monte, e di 83 cm., sul lato a valle; riteneva, pertanto, la violazione dell’art. 873 c.c., stante l’inapplicabilita’ della L. n. 122 del 1989, art. 9 che consente la realizzazione di parcheggi nel sottosuolo degli immobili di cui costituiscono pertinenza ovvero nei locali siti al piano terreno dei fabbricati medesimi.

Con sentenza dep. il 20 dicembre 2006 la Corte di appello di Napoli, in riforma della decisione impugnata dai convenuti, rigettava la domanda proposta dall’attore.

I giudici di appello per quel che interessa nella presente sede ritenevano che, secondo un interpretazione estensiva della L. n. 122 del 1989, art. 9 conforme alla ratio ispiratrice dell’intervento del legislatore diretto a decongestionare le citta’ dal traffico, il termine sottosuolo non poteva essere inteso come volto ad escludere la possibilita’ di realizzare anche parcheggi seminterrati, secondo quanto ritenuto anche dalla prevalente giurisprudenza amministrativa.

Ne’, d’altra parte, l’interpretazione estensiva poteva essere negata a seguito dell’introduzione della L. n. 127 del 1997, art. 17, comma 90, non essendo con tale provvedimento legislativo venute meno le finalita’ perseguite dalla precedente normativa, che anzi erano state dal legislatore ritenute ancora rilevanti. In particolare, la possibilita’ di realizzare parcheggi seminterrati assume rilevanza come nel caso (ricorrente nella specie) di aree pertinenziali non complanari al sedime dell’edificio ed in declivio, sicche’ porzioni del manufatto possono legittimamente affiorare o sovrastare il non pianeggiante piano di calpestio: in tal caso, l’opera deve essere a livello del piano prevalente, che va individuato nel fabbricato principale; nel caso in esame la copertura del garage era posta a livello del primo piano del fabbricato.

Venivano disattese le considerazioni formulate dagli appellati in ordine all’illiceita’ amministrativa delle opere sul rilevo che tale profilo assume rilevanza nell’ambito dei rapporti con la P.A. ma non nei rapporti fra privati in materia di violazioni sulle distanze.

Avverso tale decisione propone ricorso per Cassazione B. V. sulla base di quattro motivi.

Resistono con controricorso gli intimati.

Le parti hanno depositato memoria illustrativa.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve escludersi che il ricorso sia improcedibile, tenuto conto che la copia autentica della sentenza impugnata depositata dal ricorrente, seppure incompleta (manca la pagina 16) consente la completa ricostruzione dell’iter logico giuridico relativamente alle statuizioni oggetto del primo e del secondo motivo del ricorso, mentre l’apposizione da parte del cancelliere dell’attestazione di conformita’ all’originale avvenuta sul retro del foglio allegato senza soluzione di continuita’ all’ultima pagina della sentenza non lascia alcun dubbio sulla conformita’ all’originale della copia, perche’ e’ a sua volta conforme alla copia autentica depositata dai resistenti che, fra l’altro, nessuna contestazione hanno al riguardo sollevato. Va dichiarata l’inammissibilita’ dei documenti, depositati ai sensi dell’art. 372 c.p.c. dai resistenti, ad eccezione di quelli hanno ad oggetto l’ammissibilita’ del controricorso (avviso di ricevimento della notifica) e le norme urbanistiche nel frattempo emanate, atteso che per quanto riguarda queste ultime va osservato che si tratta di documenti che non riguardano la prova dei fatti allegati dalla parte, bensi’ l’esistenza di norme che il giudice e’ tenuto autonomamente a conoscere ai sensi dell’art. 873 c.c., anche con riferimento all’ius superveniens piu’ favorevole applicabile (Cass. 4234/2007, 4823/2007).

Con il primo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione della L. n. 122 del 1989, art. 9 e art. 112 c.p.c. nonche’ omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata che aveva trascurato le risultanze documentali da cui era emerso che il Comune avrebbe rilasciato una prima concessione onerosa, poi annullata e sostituita da una gratuita, disciplinata dalle L. n. 1150 del 1942, L. n. 10 del 1977 e L. n. 47 del 1985, essendo stato del tutto ignorato l’iter di cui alla L. n. 122 del 1989: l’avvenuta alterazione dell’originario piano di campagna aveva reso il garage realizzato dai convenuti non riconducibile ne’ alla fattispecie normativa di box completamente interrati ne’ a quella del box seminterrato; secondo la giurisprudenza penale ed amministrativa, la realizzazione di parcheggi e’ soggetta ad autorizzazione gratuita soltanto nel caso di manufatti completamente interrati e non di quelli artificiosamente interrati con riporto di terreno; in ogni caso, anche se si fosse voluto applicare la giurisprudenza amministrativa che ritiene assentibile il box seminterrato quando lo stesso al massimo per due lati fuoriesce dal piano di campagna in tale ipotesi non ricorrerebbe nella specie in cui il box fuoriesce per tre lati dal piano di campagna. La Corte, travalicando il proprio ruolo e la propria funzione, si era sostituita alla Pubblica amministrazione, facendosi interprete autentico della legge, laddove nella specie non era applicabile la L. n. 122 del 1989.

Con il secondo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 873 c.c..

3 del regolamento edilizio comunale e art. 112 c.p.c. nonche’ omessa,insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la decisione gravata che aveva escluso la violazione delle prescrizioni dettate in materia di distanze legali atteso che la costruzione de qua, che non era completamente sotterranea, era stata realizzata a distanza inferiore rispetto a quella di metri cinque dal confine previsto dal regolamento richiamato, tenuto conto che la derogabilita’ di tale distanza e’ condizionata da un atto di obbligo del confinante regolarmente trascritto presso la conservatoria.

Il primo e il secondo motivo, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.

Le censure sono infondate.

In sostanza, il ricorrente deduce innanzitutto che la sentenza impugnata aveva trascurato l’iter procedimentale seguito dal Comune che aveva rilasciato una concessione ai sensi della L. n. 47 del 1985 e non ai sensi della L. n. 122 del 1989: l’avvenuta alterazione dell’originario piano di campagna aveva reso il garage realizzato dai convenuti non rientrante ne’ nell’ipotesi del box interrato e neppure di quello seminterrato; secondo la giurisprudenza penale, la realizzazione di autorimesse e parcheggi e’ soggetta ad autorizzazione gratuita esclusivamente se effettuata totalmente al di sotto del piano di campagna e se non avviene con riporto di terreno.

In tal modo il ricorrente, nel censurare la decisione che aveva ritenuto legittima la realizzazione del garage alla stregua di un interpretazione estensiva della L. n. 122 del 1989, fa riferimento al procedimento in base al quale era stata rilasciata la concessione alla natura e ai presupposti del provvedimento concessorio o ancora all’illegittimita’ sotto il profilo amministrativo dell’opera, denunciando in tal modo profili che – come la sentenza ha puntualmente chiarito – non assumono alcuna rilevanza nel presente giudizio nel quale si controverte della lesione del diritto lamentato dal proprietario per effetto della violazione delle distanze:

l’indagine devoluta al giudice di merito aveva ad oggetto la verifica della legittimita’ o meno dell’opera in base alle obiettive caratteristiche del manufatto in relazione alle prescrizioni di legge in materia di distanze legali, tenuto conto che la rilevanza giuridica della licenza o concessione edilizia si esaurisce nell’ambito del rapporto pubblicistico tra pubblica amministrazione e privato richiedente o costruttore, senza estendersi ai rapporti tra privati, regolati dalle disposizioni dettate dal codice civile e dalle leggi speciali in materia edilizia, nonche’ dalle norme dei regolamenti edilizi e dei piani regolatori generali locali richiamati dall’art. 873 c.c. (Cass. 12405/2007; 6038/2000; 4208/1987).

E, come si e’ gia’ accennato, la sentenza impugnata ha ritenuto la legittimita’ dell’opera ai sensi della L. n. 122 del 1989, art. 9 avendo verificato la sussistenza dei presupposti richiesti da tale disciplina ovvero escluso la presenza di elementi ostativi alla realizzabilita’ del parcheggio (non pertinenzialita’; violazione dei piani di traffico; vulnus alla tutela paesaggistica e ambientale;

pregiudizio dei corpi idrici). Al riguardo i Giudici sono pervenuti a tale conclusione attraverso un interpretazione estensiva della dizione di “sottosuolo”, attribuendo al legislatore l’intenzione di consentire, in deroga agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi, la costruzione anche di quei manufatti non completamente interrati alla stregua di quella che e’ la ratio della L. n. 122 del 1989 e che non puo’ considerarsi contraddetta dalla successiva L. n. 127 del 1997; in particolare, secondo i Giudici, tale interpretazione si imponeva per le aree pertinenziali non complanari al sedime dell’edificio ed in declivio o comunque ad andamento irregolare, dovendo in tali casi farsi riferimento a un piano prevalente con la conseguenza che porzioni del manufatto possono legittimamente affiorare o sovrastante il non pianeggiante piano di calpestio, dovendo il piano prevalente essere individuato nel piano del fabbricato principale Orbene, il ricorrente non ha formulato specifiche censure volte a dimostrare l’erroneita’ del ragionamento seguito dalla Corte nell’interpretare la portata estensiva della norma posta a fondamento della decisione impugnata, sicche’ esula dal thema decidendum di cui e’ stata investita la Cassazione la verifica in ordine alla corretta interpretazione della L. n. 122 del 1989, art. 9 e alla sua applicazione, dovendo qui ricordarsi che il giudizio di cassazione e’ un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso; il singolo motivo, infatti, anche prima della riforma introdotta con il D.Lgs. n. 40 del 2006, assume una funzione identificativa condizionata dalla sua formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative di censura formalizzate con una limitata elasticita’ dal legislatore. La tassativita’ e la specificita’ del motivo di censura esigono, quindi, una precisa formulazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche di censura enucleate dal codice di rito.

In considerazione della legittima costruzione del parcheggio seminterrato – in quanto realizzato per l’appunto in conformita’ di quanto previsto dal citato art. 9 – e’ stata considerata superata ogni questione anche in ordine alla conformazione del piano di campagna dei convenuti, in quanto strumentalmente necessaria per costruire il garage, cosi’ come era giustificata l’inosservanza delle distanze legali prescritte dal regolamento edilizio ovvero il mancato adempimento delle condizioni stabilite dallo strumento urbanistico per la derogabilita’ del distacco dal confine. D’altra parte, la sentenza ha chiarito che, in relazione alla particolare natura – pianeggiante del comprensorio in cui erano ubicati il fondo attoreo e quello dei convenuti, la terrazza, costituente copertura del garage, era posta a livello del primo piano del fabbricato e, come tale, era rispettato il piano prevalente: tale definizione appare immune da vizi logici e giuridici, non potendo avere alcuna influenza sulla correttezza del giudizio formulato dalla Corte le diverse considerazioni di cui alla sentenza del T.A.R. richiamate dal ricorrente.

Con il terzo motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 873 e 2043 c.c. nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), deduce l’omessa pronuncia in ordine ai danni derivanti dal deprezzamento del suolo di proprieta’ di esso ricorrente e che erano stati quantificati dal consulente tecnico d’ufficio ; non era in alcun modo ragionevole che il Giudice di appello avesse, da un lato, affermato l’applicabilita’ della legge speciale (e quindi la conformita’ urbanistica del manufatto realizzato a distanza inferiore a quella legale) e poi non avesse riconosciuto il danno conseguente alla riduzione delle possibilita’ di edificazione sul proprio fondo.

Con il quarto motivo il ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 905 e 2043 c.c., dell’art. 112 c.p.c. nonche’ omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia (art. 360 c.p.c., n. 5), censura la sentenza laddove aveva omesso di motivare in relazione alla circostanza che la terrazza abusiva costituiva indebito affaccio e, come tale, era il presupposto per il riconoscimento di un’autonoma voce risarcitoria.

Il terzo e il quarto motivo sono inammissibili, posto che le statuizioni che hanno formato oggetto di tali censure non sono contenute nella copia della sentenza impugnata depositata dal ricorrente ma evidentemente nella pagina (16) mancante quella mancante: tale omissione, impedendo l’esame delle relative doglianze, costituisce inottemperanza all’onere posto a carico del ricorrente di porre la Corte nella condizione di verificare la conformita’ del ricorso al paradigma di cui all’art. 360 c.p.c., per cui e’ irrilevante che le censure potrebbero rilevarsi dalla copia integrale depositata dal resistente.

Il ricorso va rigettato. Le spese della presente fase vanno poste a carico del ricorrente, risultato soccombente.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento in favore del resistente delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 1.700,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.500,00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Cosi’ deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 3 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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