Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13866 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. lav., 07/07/2016, (ud. 16/12/2015, dep. 07/07/2016), n.13866

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI CERBO Vincenzo – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. TRICOMI Irene – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17501/2014 proposto da:

S.A., C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CLITUNNO 51, presso lo studio

dell’avvocato ROBERTO MAZZA, rappresentato e difeso dall’avvocato

MATTEO D’ANGELO, giusta delega in alli;

– ricorrente –

contro

BANCO DI NAPOLI S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE

G. MARCONI 152, presso lo studio dell’avvocate GIANLUCA CAPASSO,

rappresentata e difesa dall’avvocato LUCA CIRILLO, giusta delega in

atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4723/2013 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 28/06/2013 r.g.n. 8190/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/12/2015 dal Consigliere Dott. GIUSEPPINA LEO;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELENTANO Carmelo, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte di Appello di Napoli, con la sentenza n. 4723 del 2013, dichiarava l’inammissibilità del gravame proposto da S. A. avverso la sentenza del Tribunale della stessa sede che, in accoglimento del ricorso presentato dal Banco di Napoli S.p.A., aveva dichiarato la responsabilità del Sorrentino in ordine agli inadempimenti dedotti dalla società ricorrente e lo aveva condannato al pagamento della somma di Lire 542.815.624 pari ad Euro 280.340,87, oltre accessori di legge e spese del giudizio.

La Corte territoriale osservava, per ciò che in questa sede ancora rileva: a) che l’atto di appello è stato indirizzato al “Banco di Napoli s.p.a. già Sanpaolo IMI s.p.a.” mentre il Sanpaolo IMI s.p.a. – parte convenuta in primo grado – è un soggetto del tutto distinto dal San Paolo Banco di Napoli s.p.a.; b) che le vicende evolutive che hanno interessato l’attuale società appellata – Banco di Napoli s.p.a., supportate dalla documentazione prodotta dall’ente, consentono di pervenire alla conclusione che il soggetto evocato in giudizio sia del tutto distinto da quello legittimato a contraddire l’appellante nel presente giudizio e che l’atto sia stato notificato ad un soggetto diverso da quello legittimato; c) che con atto notarile del 30 giugno 2003 era stata costituita la s.p.a.

Sanpaolo Banco di Napoli conferitaria di ramo d’azienda costituita, in parte, dalle filiali meridionali dell’ex Banco di Napoli unitamente al relativo personale; d) che la s.p.a. Sanpaolo Banco di Napoli, con verbale di assemblea in data 8 giugno 2007, ha mutato la propria denominazione in Banco di Napoli s.p.a., costituita in questa sede, del tutto distinta dall’ex Banco di Napoli estinto per fusione nel Sanpaolo IMI s.p.a.; e) che, pertanto, il soggetto nei cui confronti è stata proposta l’impugnazione è diverso da quello che è stato parte nel giudizio di primo grado (Sanpaolo IMI, già Banco di Napoli s.p.a.), senza che sia stata fornita alcuna indicazione e precisazione dei fatti necessari per ritenerlo legittimato in causa.

Per la cassazione della sentenza il S. propone ricorso articolato in due motivi, ulteriormente illustrati da memoria ex art. 378 c.c.. Il Banco di Napoli S.p.A. resiste con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

I. Con il primo motivo il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza e del procedimento, per violazione dell’art. 111 Cost., art. 434 c.p.c., comma 1, n. 1) e art. 164 c.p.c., sottolineando che, come si evince per tabulas, nei precedenti gradi di giudizio, mai è stata parte – o, comunque, citata – in causa la s.p.a. Sanpaolo Banco di Napoli, bensì, dapprima la s.p.a. Banco di Napoli e, successivamente, la s.p.a.

Sanpaolo IMI che, peraltro, è intervenuta volontariamente nelle more del giudizio quale società incorporante la Banco di Napoli s.p.a. per effetto dell’atto di fusione del 18 dicembre 2002; per la qual cosa, appare evidente, secondo il ricorrente, il difetto di attività del giudice che ha comportato il vizio del procedimento e della decisione nella parte in cui ha affermato l’inammissibilità del ricorso in appello, ritenendo che l’indicazione “Banco di Napoli s.p.a., già Sanpaolo IMI s.p.a.” si riferisse al SanPaolo Banco di Napoli s.p.a., così erroneamente spogliandosi della potestas iudicandi sul merito.

2. Con il secondo motivo, formulato in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, il S. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 111 e 24 Cost., art. 434 c.p.c., comma 1, n. 1), art. 156 c.p.c., art. 153 c.p.c., comma 2, art. 164 c.p.c., comma 2, artt. 110 e 111 c.p.c., ribadendo che l’atto di appello è stato notificato al “Banco di Napoli s.p.a., già Sanpaolo IMI s.p.a.”, con una erronea inversione dei soggetti, senza che, comunque, tale circostanza possa avere inciso sul raggiungimento dello scopo prefissato, anche in considerazione del fatto che il predetto atto è stato notificato, come risulta anche dalla relata, nel domicilio eletto e presso il procuratore costituito in primo grado, mentre qualora si fosse voluto individuare altro soggetto diverso da quello che è stato parte nel giudizio precedente, si sarebbe dovuto effettuare la notifica presso la sede legale e senza alcun collegamento con il procuratore costituito nel precedente grado.

Lamentava, inoltre, il S. che, essendo pacifica l’applicabilità dell’art. 164, comma 2, anche nel giudizio di appello, la Corte di merito avrebbe dovuto ammettere la rinnovazione della notifica che, se tempestivamente effettuata, avrebbe sanato il vizio e gli effetti sostanziali e processuali della domanda ex tunc;

ed altresì che, a norma del combinato disposto dell’art. 434 c.p.c., comma 1, artt. 153 e 164 c.p.c., l’errore relativo all’esatta denominazione dell’ente evocato in giudizio, non costituisce, di per sè, motivo di inammissibilità dell’appello, dipendendo tale effetto solo dalla totale mancanza di indicazione della parte appellata ovvero dal fatto che la denominazione erronea abbia generato un’assoluta incertezza circa il soggetto nei cui confronti l’appello è rivolto.

3. I motivi di ricorso, da esaminare congiuntamente, data la loro intima connessione, sono da accogliere per le ragioni che seguono.

E’, innanzitutto, da osservare che, come ampiamente dimostrato dal S. attraverso la produzione di tutti gli atti cui si fa riferimento in narrativa – in ossequio del principio in ragione del quale il ricorso per cassazione deve contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni di cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed altresì a permettere la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di fare rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (ex plurimis, Cass. n. 14541 del 2014) – in alcuno dei precedenti gradi, è mai stata evocata in giudizio la Sanpaolo Banco di Napoli s.p.a., nè alcun atto di causa è stato comunicato o notificato alla stessa, come, invece, erroneamente affermato dalla Corte di merito.

L’atto di appello è stato notificato alla “Banco di Napoli S.P.A., già SANPAOLO IMI S.P.A.”, nel domicilio eletto e presso il procuratore costituito in primo grado, avv. Luca Cirillo in (OMISSIS).

E’ evidente che la trasposizione della Sanpaolo IMI S.p.A. rispetto alla S.p.A. Banco di Napoli è frutto di un mero errore che, interpretato alla luce di tutte le altre circostanze, quali analiticamente indicate nei mezzi di impugnazione, induce ad escludere con certezza che non si avesse chiaro, da parte del S., chi fosse il soggetto fornito di legitimatio ad causam, essendo noto che la Sanpaolo IMI S.p.A. aveva incorporato la S.p.A. Banco di Napoli in virtù dell’anno di fusione del 18 dicembre 2002. Pertanto, in tale contesto, è da escludere che l’attuale ricorrente volesse intenzionalmente notificare l’atto ad un soggetto diverso da quello che aveva rivestito la parte di legittimo contraddittore nel giudizio di prima istanza.

E’ da osservare, inoltre, che, essendosi la società costituita ed avendo spiegato le proprie difese seppur brevemente, anche nel merito – avendo richiesto che, in subordine, ma sempre in via principale, venisse rigettata la domanda così come formulata dal S. con conferma della sentenza di primo grado -, non può non dirsi che l’atto non abbia raggiunto il suo effetto.

Al riguardo, la giurisprudenza di questa Corte ha, in più occasioni, affermato che anche al giudizio di appello si estende la sanatoria di cui all’art. 164, secondo comma, c.p.c. (cfr., ex plurimis, Cass. n. 951 del 2013; Cass. n. 7619 del 2011; Cass., n. 22024 del 2009), laddove l’errore non abbia causato incertezza in ordine alla parte realmente citata; la qual cosa non si è verificata nella fattispecie, in cui, come già evidenziato, la società legittimata a stare in giudizio si è costituita e difesa; non vi è stata, dunque lesione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa della società appellata.

Proprio in considerazione di tali evenienze – ed alla luce anche dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle libertà fondamentali, per come interpretato dalla Corte di Strasburgo, che ha sottolineato la necessità che i predetti principi, perchè possa attuarsi il “giusto processo”, trovino effettiva applicazione, con conseguente ampliamento della possibilità di ottenere la celebrazione di un processo che porti ad una decisione sulle questioni oggetto di impugnazione la Corte di merito avrebbe dovuto consentire la rimessione in termini, tempestivamente richiesta dalla difesa del S..

Ed invero, anche in epoca meno recente, questa Corte di legittimità ha sottolineato che la nullità della citazione in giudizio di una società incorporata in un’altra, a seguito di fusione per incorporazione, è rilevabile d’ufficio, ma è sanata a seguito della costituzione in giudizio della società incorporante, poichè la vocatio in ius di un soggetto non più esistente, ma nei cui rapporti è pur sempre succeduto un altro soggetto, non può considerarsi affetta da un vizio più grave di quello da cui è affetta la vocatio addirittura mancante dell’indicazione della parte processuale convenuta, che è, comunque, sanabile con la costituzione in giudizio di chi, malgrado il vizio, si è riconosciuto come convenuto (v.

Cass. n. 5716 del 2003; Cass. n. 14066 del 2008; e, in epoca più recente, in caso di incertezza assoluta nell’indicazione dell’appellante, v. Cass. n. 11136 del 2013).

La Corte di Appello avrebbe quindi dovuto consentire la rinnovazione della notifica, permettendo, in tal modo, di sanare ex tunc gli effetti sostanziali e processuali della domanda (v., ancora, Cass. n. 23469 del 2007).

4. La sentenza va pertanto cassata, con rinvio della causa alla Corte di Appello di Napoli, in diversa composizione, che si atterrà a tutti i principi innanzi affermati, provvedendo altresì alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità ai sensi dell’art. 385 c.p.c., comma 3.

PQM

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Napoli in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 16 dicembre 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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