Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13865 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 24/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13865

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9093-2018 proposto da:

INPS – ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell’avvocato LUIGI CALIULO,

che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati SERGIO PREDEN,

ANTONELLA PATTERI;

– ricorrente –

contro

P.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2,

presso lo studio dell’avvocato FABIO MASSIMO ORLANDO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato ALESSANDRO SIMIONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 231/2017 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 15/09/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 24/02/2021 dal Consigliere Relatore Dott. MARCHESE

GABRIELLA.

 

Fatto

RILEVATO

che:

La Corte d’appello di Trieste ha confermato la decisione di primo grado nella parte in cui aveva riconosciuto il diritto di P.F., dipendente dell’Enel fino al 31.3.2002 ed iscritto al Fondo Elettrici gestito dall’Inps, alla riliquidazione della pensione in godimento, in applicazione del D.Lgs. n. 562 del 1996, art. 3, comma 2;

per quanto qui solo rileva, la Corte territoriale ha rigettato l’eccezione di decadenza D.P.R. n. 639 del 1970 ex art. 47, ritenendo che non fosse applicabile il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, convertito in L. n. 111 del 2011, trattandosi di disposizione innovativa che operava per le sole prestazioni riconosciute dal 6.7.2011, data della sua entrata in vigore (nella specie, invece, la pensione era stata riconosciuta a decorrere dall’1.4.2002);

avverso la sentenza ricorre in Cassazione l’Inps, con un motivo;

P.F. ha resistito con controricorso, illustrato da successiva memoria, ed ha contestualmente depositato istanza diretta al Primo Presidente della S.C., ai sensi dell’art. 376 c.p.c., comma 2, al fine della rimessione del procedimento alle Sezioni Unite;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

Con l’unico motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – l’Inps denuncia la violazione del D.P.R. 30 aprile 1970, n. 639, art. 47, come novellato dal D.L. 6 luglio 2011, n. 98, art. 38, comma 1, lett. d), conv. in L. n. 111 del 2011 e dell’art. 252 disp. att. c.p.c.. Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto non applicabile la decadenza di cui al D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come modificato dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d). Assume che la norma introduttiva della decadenza incide anche sulle pensioni aventi decorrenza anteriore alla data della sua entrata in vigore (6.7.2011), con decorrenza, in tal caso, del triennio dalla suddetta data (id est: dal 6.7.2011), in applicazione del meccanismo generale di cui all’art. 252 disp. att. c.p.c.;

l’Istituto rileva anche che l’atto impeditivo della decadenza (trattandosi, appunto, di decadenza dall’azione giudiziaria) deve essere individuato nella proposizione dell’azione giudiziaria, e non già nella domanda amministrativa;

occorre preliminarmente dare atto del provvedimento adottato dal Primo Presidente della S.C., in data 16.2.2021, di rigetto dell’istanza di rimessione del procedimento alle Sezioni Unite sul rilievo che, per effetto della pronuncia n. 28416 del 2020 e dei richiami in essa contenuti ai principi delle sezioni unite n. 15352 del 2015, “non si riscontra attualmente alcun contrasto di indirizzi sulla soluzione da dare alla questione dibattuta nel presente giudizio, essendo stati superati motivatamente orientamenti minoritari (…)”;

nel merito, il motivo di ricorso è, dunque, fondato e deve trovare accoglimento, condividendo questo Collegio le motivazioni adottate nella sentenza n. 28416 del 2020 alle quali integralmente si rinvia anche ai sensi dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 disp. att. c.p.c.;

in questa sede, occorre solo ribadire quanto affermato nel precedente citato (Cass. n. 28416 cit.) e già reiteratamente osservato dalla giurisprudenza di legittimità (a partire da ord..n. 7756 del 2016 e sent. n. 29754 del 2019) e cioè che, dall’applicazione dei principi e delle ragioni enunciati da Cass., sez. un., n. 15352 del 2015 (espressi in relazione all’applicazione del termine di decadenza introdotto dalla L. n. 238 del 1997 in materia di emotrasfusioni) deriva che la previsione di un termine di decadenza da parte del Legislatore certamente non può avere effetto retroattivo nel senso che non può far considerare maturato, in tutto o in parte, un termine facendolo decorrere prima dell’entrata in vigore della legge che lo abbia istituito;

infatti, conformemente ai principi generali dell’ordinamento in materia di termini, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applica anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all’entrata in vigore della modifica legislativa;

dal bilanciamento tra le due contrapposte esigenze – da un lato, quella di garantire l’efficacia del fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l’introduzione del termine decadenziale, e, dall’altro, quella di tutelare l’interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile – si desume, dunque, che il termine di decadenza introdotto dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d), n. 1, convertito dalla L. n. 111 del 2011, con riguardo “alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l’adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito”, decorrente “dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte”, trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall’entrata in vigore della citata disposizione (6. 7.2011), dovendosi, infine, precisare che, stante il tenore letterale della norma, la decadenza è evitata solo dalla proposizione dell’azione giudiziaria e non dalla presentazione della domanda amministrativa;

la sentenza impugnata che non si è attenuta agli anzidetti principi va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto (l’azione risulta proposta con ricorso depositato il 13.4.2016), la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda di P.F.;

le spese di lite dell’intero processo devono essere compensate avuto riguardo all’affermarsi dell’interpretazione qui accolta solo in epoca successiva al deposito del ricorso.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda di P.F..

Compensa le spese dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 24 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

 

 

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