Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13864 del 01/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/06/2017, (ud. 01/03/2017, dep.01/06/2017),  n. 13864

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MACIOCE Luigi – Presidente –

Dott. TORRICE Amelia – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. BOGHETICH Elena – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 9731-2015 proposto da:

FCA ITALY S.P.A., P.I. (OMISSIS) (già F.M.A. FABBRICA MOTORI

AUTOMOBILISTICI S.R.L.), in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA GIUSEPPE MAZZINI

27, presso lo studio degli avvocati GIACINTO FAVALLI, PAOLO

ZUCCHINALI, (Studio Legale Trifirò & Partners di Roma), che la

rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

D.C.A.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1945/2014 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 03/04/2014 R.G.N. 5847/2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/03/2017 dal Consigliere Dott. ELENA BOGHETICH;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato PAOLO ZUCCHINALI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La Corte di appello di Napoli, confermando la sentenza del Tribunale di Avellino, ha annullato il licenziamento intimato dalla Fabbrica Motori Automobilistici (F.M.A.) s.r.l. con lettera dell’8.3.2007 a D.C.A., operaio specializzato elettricista, per utilizzo di un apparecchio telefonico dell’azienda, mediante deviazione delle linee telefoniche, al fine di effettuare chiamate dirette al proprio cellulare e ricaricare l’utenza telefonica per effetto delle telefonate, e facendo in modo che il 28.1.2005 venisse effettuata una chiamata al cellulare della durata complessiva di 2.131 minuti.

La Corte respingeva l’appello proposto dalla società confermando la declaratoria di illegittimità del licenziamento e la condanna a reintegrare il lavoratore nel posto di lavoro rilevando che, a differenza di ciò che emergeva dai tabulati telefonici aziendali, l’attestazione proveniente dal gestore telefonico (prodotta in giudizio dal D.C.) rilevava l’assenza di telefonate verso il telefono cellulare intestato al lavoratore in data 28.1.2005; la Corte sottolineava, inoltre, che anche a voler ritenere provata la condotta in giorno diverso, precedente o successivo, rispetto a quello indicato nella lettera di contestazione, in considerazione dell’eventuale sfasamento dell’orologio interno al sistema di rilevamenttò aziendale – doveva ritenersi violato il principio di specificità della contestazione disciplinare posto a presidio del diritto di difesa del lavoratore.

2. Per la cassazione di tale sentenza la F.M.A. s.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi, illustrati da memoria ex art. 378 c.p.c.. Il lavoratore è rimasto intimato.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo di ricorso la società denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 7 e dell’art. 12 disp. gen. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) avendo, la Corte distrettuale, erroneamente ritenuto la contestazione disciplinare priva dei necessari requisiti di specificità in considerazione dell’errata indicazione della data in cui sarebbe stata effettuata la chiamata verso il telefono cellulare del lavoratore, con conseguente violazione del diritto di difesa. La Corte, invero, ha trascurato che la lettera di contestazione (riportata per stralci), oltre ad indicare una data specifica, consentiva l’esatta individuazione – nella sua materialità – del fatto addebitato, facendo riferimento, più in generale, all’uso di un apparecchio telefonico nascosto in una canalina passacavi posta sul soppalco dell’officina per sfruttare una ablazione che consentiva di immettersi illecitamente sulle linee telefoniche dell’azienda, nonchè all’effettuazione di chiamate al cellulare del lavoratore al fine di procurare ricariche dell’utenza e alla mancata segnalazione di tali episodi all’azienda.

2. Con il secondo motivo la ricorrente denunzia violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 1, n. 4 e art. 116 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4) avendo, la Corte distrettuale, attribuito rilievo probatorio privilegiato al tabulato Telecom prodotto dal lavoratore rispetto ai tabulati aziendali, senza nulla argomentare (più precisamente, argomentando in maniera apodittica) a sostegno della propria decisione.

3. I motivi del ricorso, che possono essere trattati congiuntamente per la loro stretta connessione, non appaiono fondati.

La sentenza impugnata si fonda su due rationes decidendi, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente sufficiente a sorreggerla: la mancanza di riscontri probatori in ordine alla reale effettuazione della chiamata, in data 28.1.2005 (o in giorno precedente o successivo), del telefono cellulare in uso al D.C. e, ove anche si ammettesse la sussistenza di una chiamata in giorno diverso da quello indicato nella lettera di contestazione, la carenza di specificità della contestazione disciplinare e la violazione del diritto di difesa del lavoratore.

Con particolare riguardo al secondo motivo di ricorso (che attiene alla prima ratio decidendi della sentenza impugnata), la società tenta di ricondurre sotto l’archetipo della violazione di legge censure che, invece, attengono alla tipologia del difetto di motivazione ovvero al gravame contro la decisione di merito mediante una diversa lettura delle risultanze procedimentali così come accertate e ricostruite dalla Corte territoriale. Nè può rinvenirsi un vizio di falsa applicazione di legge, non lamentando, il ricorrente, un errore di sussunzione del singolo caso in una norma che non gli si addice.

In ordine alla lamentata incongruità della motivazione della sentenza impugnata, è stato più volte ribadito che la valutazione delle risultanze probatorie, al pari della scelta di quelle fra esse ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati in via esclusiva al giudice di merito, il quale, nel porre a fondamento del proprio convincimento e della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, nel privilegiare una ricostruzione circostanziale a scapito di altre (pur astrattamente possibili e logicamente non impredicabili), non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere peraltro tenuto ad affrontare e discutere ogni singola risultanza processuale ovvero a confutare qualsiasi deduzione difensiva (cfr. Cass. SS.UU. n. 24148/2013, Cass. n. 8008/2014). Secondo il novellato testo dell’art. 360, n. 5 (come interpretato dalle Sezioni Unite n. 8053/2014) – applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame – tale sindacato è configurabile soltanto qualora manchi del tutto la motivazione oppure formalmente esista come parte del documento, ma le argomentazioni siano svolte in modo “talmente contraddittorio da non permettere di individuarla”. A seguito della riforma del 2012, scompare il controllo sulla motivazione con riferimento al parametro della sufficienza, ma resta il controllo sulla esistenza (sotto il profilo della assoluta omissione o della mera apparenza) e sulla coerenza (sotto il profilo della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta).

Nessuno di tali vizi ricorre nel caso in esame e la motivazione non è assente o meramente apparente, nè gli argomenti addotti a giustificazione dell’apprezzamento fattuale risultano manifestamente illogici o contraddittori.

La Corte distrettuale ha rilevato che “La produzione in giudizio della certificazione della Telecom relativa alla linea in uso al D.C. (circostanza che caratterizza la posizione del lavoratore rispetto a quella di altri dipendenti della F.M.A. licenziati nello stesso contesto e già esaminate da questa Corte) priva di attendibilità i dati forniti dall’appellante”. Invero, detta attestazione concerne la mancata ricezione di telefonate da parte della utenza del D.C. nella giornata indicata nell’atto di contestazione (28.1.2005); la Corte ha sottolineato che l’attendibilità dei tabulati aziendali non poteva essere recuperata in considerazione sia della mancanza dei tabulati telefonici completi sia dell’irrilevanza della comparazione con i tabulati prodotti in giudizio e relativi ad altre utenze in quanto estranei al giudizio (pag. 6 della sentenza). Ha, inoltre, aggiunto che – a fronte della mancanza di riscontri in ordine alla reale effettuazione della chiamata (anche il giorno prima o il giorno dopo la data indicata nella lettera di contestazione) – restava irrilevante la tesi della società circa il mancato allineamento del tempo di registrazione della chiamata da parte del proprio gestore telefonico; ed ha, altresì, rilevato che tale circostanza (del mancato allineamento) era stata giustamente ritenuta del tutto sfornita di riscontri probatori da parte del giudice di prime cure. La Corte ha, infine, osservato che nessun elemento probatorio poteva trarsi dalle risultanze di altri procedimenti (in particolare dalle dichiarazioni confessorie rese da altri dipendenti) in quanto concernenti altri lavoratori e che non era dato sapere se la condanna emessa in sede penale nei confronti del D.C. si era basata sul medesimo attestato emesso dalla Telecom (nel quale, come evidenziato, oltre a riportare i dati di un numero telefonico parzialmente criptato, si dichiarava espressamente che in data 28.1.2005 il numero attribuito al D.C. non aveva ricevuto alcuna chiamata).

Ebbene, risultando infondato il secondo motivo di ricorso, deve ritenersi inammissibile il primo motivo (concernente la seconda ratio decidendi). Invero, qualora la pronuncia impugnata sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rigetto delle doglianze relative ad una di tali ragioni rende inammissibile, per difetto di interesse, l’esame relativo alle altre, pure se tutte tempestivamente sollevate, in quanto il ricorrente non ha più ragione di avanzare censure che investono una ulteriore ratio decidendi, giacchè, ancorchè esse fossero fondate, non potrebbero produrre in nessun caso l’annullamento della decisione anzidetta (cfr, ex plurimis, Cass., nn. 12355/2010; 13956/2005; 20454/2005; 18240/2004).

4. In conclusione, il ricorso va respinto. Nulla sulle spese in assenza della controparte.

5. Il ricorso è stato notificato in data successiva a quella (31/1/2013) di entrata in vigore della legge di stabilità del 2013 (L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1,comma 17), che ha integrato il D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, aggiungendovi il comma 1 quater del seguente tenore: “Quando l’impugnazione, anche incidentale è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile o improcedibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma art. 1 bis. Il giudice da atto nel provvedimento della sussistenza dei presupposti di cui al periodo precedente e l’obbligo di pagamento sorge al momento del deposito dello stesso”. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) integralmente da respingersi, deve provvedersi in conformità.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso, nulla sulle spese.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 1 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2017

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