Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13862 del 07/07/2016

Cassazione civile sez. I, 07/07/2016, (ud. 24/05/2016, dep. 07/07/2016), n.13862

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14751/2011 proposto da:

M.M. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DELLE FRATTE DI TRASTEVERE 44/A, presso

l’avvocato CLAUDIA CANEVARI, rappresentata e difesa dagli avvocati

MASSIMO LO GIUDICE, ANTONINO RUGGERI, giusta procura a margine del

ricorso e procura speciale per Notaio Dott. SALVATORE ALIOTO di

MILAZZO – Rep. n. 65193 del 2.10.2014;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI MILAZZO, (p.i. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. SCALIA 6, presso

l’avvocato ANTONINO LO DUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato

LEOPOLDO ANTONINO D’AMICO, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

C.G.;

– intimato –

nonchè da:

C.G. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA DEI VILLINI 15, presso l’avvocato MICHELE MIRAGLIA

(STUDIO CAPRINO), rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARA

MOSTACCIO, giusta procura a margine del controricorso e ricorso

incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

COMUNE DI MILAZZO (p.i. (OMISSIS)), in persona del Sindaco pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G. SCALIA 6, presso

l’avvocato ANTONINO LO DUCA, rappresentato e difeso dall’avvocato

LEOPOLDO ANTONINO D’AMICO, giusta procura a margine del

controricorso al ricorso incidentale;

– controricorrente al ricorso incidentale –

contro

M.M.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 922/2010 della CORTE D’APPELLO di CATANIA,

depositata il 29/07/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/05/2016 dal Consigliere Dott. MARIA GIOVANNA C. SAMBITO;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato MASSIMO LO GIUDICE e per

delega avv. MOSTACCIO anche per il controricorrente e ricorrente

incidentale C.G. che ha chiesto l’accoglimento dei

ricorsi;

udito, per il controricorrente, l’Avvocato LEOPOLDO ANTONINO

D’AMICO che ha chiesto il rigetto dei ricorsi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

RENZIS Luisa, che ha concluso per il rigetto di entrambi i ricorsi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto del 23.11.1994, M.M., in proprio e quale procuratrice generale della madre C.M., conveniva in giudizio il Comune di Milazzo davanti alla Corte d’Appello di Messina, chiedendo la determinazione dell’indennità di occupazione relativamente a terreni di proprietà, della superficie di mq. 8.140 (in parte restituiti), situati in loc. (OMISSIS), assoggettati a procedura espropriativa da parte dell’Amministrazione convenuta per la realizzazione di asse di raccordo tra l’autostrada (OMISSIS) ed il centro urbano.

Con sentenza depositata il 14.6.2002, resa nei confronti di M.M. e C.G., eredi della defunta C. M., la Corte d’Appello di Messina, in accoglimento dell’eccezione proposta dal Comune di Milazzo ne dichiarava il difetto di legittimazione passiva, per gravare l’obbligazione indennitaria in capo alla concessionaria, giusta contratto stipulato in conformità della normativa regionale.

La decisione veniva cassata, con rinvio, da questa Corte con sentenza n. 25544 del 2006, che affermava il principio secondo cui, nell’ipotesi di delega al compimento dell’opera pubblica, la legittimazione passiva nel giudizio di determinazione dell’indennità, non poteva essere attribuita, indiscriminatamente, all’affidatario, occorrendo, anzitutto, che un’espressa previsione di legge lo consentisse, che inoltre il pattuito accollo degli obblighi indennitari, intervenuto tra espropriante ed affidatario, non fosse rimasto fatto ad essi interno, ma avesse portato il delegato ad esercitare il potere espropriativo ed a manifestarsi nei confronti del soggetto passivo dell’esproprio, come titolare degli obblighi indennitari.

Poichè la L.R. Sicilia n. 21 del 1985, all’art. 42, nel testo vigente all’epoca dei fatti, consentiva effettivamente l’accollo al concessionario degli oneri per la realizzazione dell’opera, ivi compresa l’espropriazione per pubblica utilità, occorreva, quindi, valutare quale fosse la regolamentazione dei rapporti tra Amministrazione e concessionario, e il concreto svolgimento della procedura espropriativa, ed al riguardo la motivazione non era sufficiente.

La Corte d’Appello di Catania, adita in sede di rinvio, con la sentenza indicata in epigrafe, riteneva insussistente la legittimazione del Comune, affermando ricorrere un caso di concessione traslativa, in quanto: a) in base all’art. 27 bis del CSA, versato in atti già innanzi alla Corte di Messina, era stato affidato il compimento di tutte le attività espropriative a tale cooperativa Edilter, che aveva agito in nome proprio: b) la pattuizione era stata palesata nei rapporti esterni con l’espropriato, irrilevante essendo la presenza di un tecnico incaricato dal Comune in seno ai verbali di consistenza, che si giustificava in funzione dell’esercizio del potere di controllo che l’Ente si era riservato.

Per la cassazione della sentenza, hanno proposto ricorso in via principale M.M. ed in via incidentale C.G., rispettivamente per uno e per due motivi, resistiti con controricorso dal Comune di Milano. Le parti hanno depositato memorie.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il ricorso principale, deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1363 c.c. e segg., art. 384 c.p.c. e vizio di motivazione, M.M. afferma che la Corte territoriale ha errato nel sussumere all’attività di controllo le ordinanze sindacali n. 7 del 30.1.1990 e n. 183 del 18.6.1993, da cui si desumeva che le procedure amministrative preordinate all’espropriazione erano, invece, state svolte dal Comune, che le aveva avocate demandando “per competenza alla Edilter Soc. coop a r.l. la sola notifica dell’ordinanza e del relativo avviso”; come comprovato dal provvedimento del 21.7.1990, di cui la Corte territoriale non si era occupata, con cui il Comune aveva offerto le indennità provvisorie di occupazione ed espropriazione.

2. Col primo motivo del ricorso incidentale, C.G. deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 102, 112, 113, 115, 116, 384 e 394 c.p.c. della L. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 3 e dell’art. 1363 c.c., dei contratti di concessione del 14.12.1989 e del 2.4.1997 stipulati dal Comune di Milazzo, rispettivamente con la Edilter e con la A. Costruzioni S.p.A, nonchè con i principi di cui alla sentenza n. 25544 del 2006 e n. 23018 del 2007.

Il ricorrente incidentale: a) afferma che l’atto di concessione non conteneva alcun art 27 bis, e che all’udienza del 16.11.1999 il Comune di Milazzo non aveva depositato, per stralcio, l’art. 27 bis del CSA; b) nega che vi sia stata delega delle vicende espropriative e degli obblighi indennitari, e che tale potere fosse indicato nell’atto di concessione; c) aggiunge, ad ogni modo, che la delega è rimasta un fatto interno tra espropriante e concessionario, e che l’impresa concessionaria non ha esercitato il potere espropriativo.

3. Col secondo motivo, il ricorrente incidentale deduce il vizio di motivazione in cui è incorsa la Corte territoriale, da una parte, nel ritenere che la concessione traslativa fosse stata resa palese ai soggetti passivi dell’espropriazione per la sola circostanza che il Sindaco nelle ordinanze nn. 7 del 1990 e 183 del 1993, avesse “fatto riferimento al fatto che l’esecuzione dei lavori relativi all’espropriazione sarebbe stata effettuata dal concessionario, come pure le notifiche”, e, dall’altra nell’affermare che la presenza del tecnico incaricato dal Comune fosse giustificata in funzione dell’attività di controllo del Sindaco.

4. I motivi, che, attenendo alle medesime questioni, vanno congiuntamente esaminati, sono infondati. 5. La Corte territoriale, proprio in ossequio alle statuizioni della sentenza resa da questa Corte in sede rescindente (che aveva demandato, tra l’altro, di accertare se fosse stato prodotto il capitolato speciale di appalto contenente l’art. 27 bis, e se detta norma fosse richiamata dal contratto di concessione) ha bensì accertato che il contratto per la costruzione dell’asse viario di raccordo tra l’autostrada (OMISSIS) e la Città ed il (OMISSIS) non contiene un art. 27 bis, ma ha aggiunto che tale contratto richiama espressamente, tra altri atti, il CSA, come sua parte essenziale, in unico ed inscindibile contesto, e che, in base al menzionato art. 27 bis di tale capitolato speciale, i lavori erano stati affidati alla Cooperativa con delega al compimento di tutte le attività espropriative, riservandosi il Comune un mero potere di verifica delle regolarità formale e sostanziale delle procedure. La Corte ha accertato che detta norma del capitolato era stata versata in atti a stralcio già innanzi alla Corte di Messina, come si desumeva dal fatto che essa era cucita al contratto prodotto, sub 10/34, nel fascicolo di parte del Comune. 6. A fronte di tali considerazioni dei giudici catanesi, la negazione dell’avvenuta acquisizione processuale del documento da parte del C. (la M. l’ha, infatti, ammessa, cfr. pag. 6 penultimo periodo, in fondo), risulta non solo apodittica e frutto di una petizione di principio giostrata eminentemente sull’indicazione dell’ano che è stato prodotto innanzi alla Corte di Messina (contratto e non capitolato speciale) ma non intacca le modalità di acquisizione dell’atto appena riassunte (disposizione del capitolato speciale “cucita” in stralcio al contratto).

7. L’accertamento secondo cui con la norma convenzionale, che integrava il contratto, era stata pattuita tra Comune ed affidataria una concessione traslativa è contestato in modo inammissibile dal ricorrente incidentale, che, pur invocando le disposizioni in tema di interpretazione dei contratti, non ha nè riportato nè trascritto il contenuto di detta clausola, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione. L’accertamento è, poi, contraddetto dalla ricostruzione del rapporto istituito dalla norma pattizia, ad opera di questa Corte, che: a) con la sentenza n. 23018 del 2007, resa a Sezioni Unite, ha rigettato il motivo con cui si contestava (nei confronti di altro soggetto) l’interpretazione dell’art. 27 bis del contratto di concessione intercorso, per la medesima opera tra Comune e affidatario, qualificato come concessione traslativa (nella quale il concessionario avrebbe operato in piena autonomia, in nome proprio ma per conto del concedente), laddove il rigetto dell’eccepita carenza di legittimazione passiva è stato motivato in ragione del fatto che l’assunzione diretta da parte del concessionario nei confronti dei terzi di tutte le obbligazioni negoziali, indennitarie e risarcitorie, non comporta l’esclusione della responsabilità solidale dell’autorità delegante in riferimento alla, diversa, domanda risarcitoria che era stata proposta in quel giudizio, e che si fondava sull’acquisto a titolo originario del bene, per occupazione appropriativa, a seguito dell’irreversibile trasformazione del fondo; b) con la decisione n. 20505 del 2010, che ha esaminato proprio la natura della concessione attribuita dal comune all’ATI Edilter SpA alla stregua del medesimo art. 27 bis del contratto, rilevando che ” il Comune di Milazzo ha affidato in concessione l’esecuzione dei lavori al menzionato raggruppamento di imprese, con trasferimento di ogni conseguente diritto ed onere, compreso quello di espletare le necessarie procedute espropriative e quello di occuparsi del pagamento delle relative indennità…”.

8. Parimenti inammissibili sono le ulteriori censure con cui si contesta la ritenuta manifestazione della delega nei confronti dei terzi e l’affermazione dell’esercizio dei poteri delegati da parte del concessionario. Le circostanze sono state affermate dalla Corte territoriale in ragione del contenuto delle ordinanze sindacali n. 7 del 1990 e n. 183 del 1993, con le quali nel dispone, rispettivamente, l’occupazione in via d’urgenza, e la restituzione di aree non interessate all’esecuzione dei lavori, si dava atto che “l’esecuzione dei lavori a seguito di concessione è stata affidata al raggruppamento di imprese Edilter soc. coop. a r.l. Agnello Costruzioni s.r.l.” cui spettava il compito di espletare la pratica espropriativa e che erano state notificate ad opera dell’affidataria.

La Corte ha perciò concluso, in relazione agli accertamenti che le erano stati demandati con la sentenza di questa Corte, in senso sfavorevole per i ricorrenti, anche in relazione all’avviso della data di immissione in possesso (notificato dalla concessionaria), non mancando di evidenziare che la presenza del tecnico incaricato dal Comune fosse giustificata in funzione dell’attività di controllo del Sindaco e che gli atti posti a fondamento della linea difensiva dei privati perdevano ogni rilevanza. 9. Tale ricostruzione del materiale probatorio (cui può aggiungersi la considerazione che l’emanazione degli atti da parte del Sindaco è del tutto irrilevante, in quanto confonde il soggetto titolare del potere di espropriare, che cura il relativo procedimento, con l’obbligo che la legge pone su detto Organo, al pari di altre autorità amministrative, quali il Prefetto, il Presidente della Giunta regionale, di provvedere alla formale emanazione dei provvedimenti ablatori, pur essendo gli Enti di cui essi sono a capo estranei ai giudizi di opposizione alla stima dei relativi indennizzi) è congruamente motivata, ed è avversata dai ricorrenti, che ne contrappongono una opposta, senza tuttavia dedurre specificamente quale canoni di ermeneutica contrattuale sarebbero stati violati, senza trascrivere (la M.), in violazione del principio di autosufficienza i il contenuto del provvedimento in data 21.7.1990 con cui sono state offerte le indennità, in tesi negletto;

e senza tener conto del principio, che costituisce nozione ricevuta, secondo cui la censura di cui al n. 5 dell’art. 360 c.p.c., comma 1 (nel testo qui in rilievo, antecedente le modifiche di cui della L. n. 134 del 2012, art. 54, comma 1, lett. b) non può valer a contrapporre la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice (e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento deducibili con la censura motivazionale); diversamente opinando, infatti, questo motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di cassazione.

10. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti principale ed incidentale al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 10.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre accessori.

Così deciso in Roma, il 24 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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