Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13861 del 31/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Civile Sent. Sez. 2 Num. 13861 Anno 2013
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: BIANCHINI BRUNO

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n.r.g. 27869/06 proposto da:

Francesca Paola SPADA (c.f. SPD FNC 42B63 E0381)
rappresentata e difesa dall’avv. Pietro Garofalo, giusta procura a margine del ricorso;

con questi elettivamente domiciliata in Roma, alla via Mantegazza n. 24 presso il sig
Marco Gardin
– ricorrente-

contro
– Angela Maria MASI; Pietro PEDONE; Stefano PEDONE; Maria Favilla
PEDONE; Cesare PEDONE; Vito PEDONE
– Parti intimate-

contro la sentenza n. 276/06 della Corte di Appello di Bari, depositata il
28 marzo 2006 , notificata il 12 giugno 2006.
Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 19/04/2013 dal

Consigliere Dott. Bruno Bianchini;
/7~144-eir

Data pubblicazione: 31/05/2013

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Maurizio Velardi che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1 – Francesca Paola Spada convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Bari: il coniuge,
Francesco Pedone; la suocera Angela Maria Masi ed i cognati di essa attrice — fratelli del
marito- Pietro, Stefano, Cesare e Maria Favilla Pedone, del pari eredi del de cujus,
chiedendo che fosse dichiarato simulato l’atto con il quale il defunto suocero aveva
donato al figlio Vito , in data 30 luglio 1984, un fondo rustico in Turi, in quanto
dissimulante una donazione in favore della figlia Maria Favilla la quale poi lo avrebbe
venduto al fratello; chiese pertanto che, dichiarata l’inefficacia del primo atto di
donazione, l’immobile fosse dichiarato facente parte della comunione familiare con il
marito.

2 — I convenuti si costituirono, con separate comparse, resistendo alle richieste
dell’attrice; il Tribunale respinse tali domande.

3 — La Corte di Appello di Bari, con sentenza pubblicata il 28 marzo 2006, rigettò il
gravame della Spada che era diretto: a – a far dichiarare la nullità della sentenza di
primo grado per omessa comunicazione del rinvio di ufficio della udienza di
precisazione delle conclusioni e per la pretermissione dell’interrogatorio formale della
suocera dell’appellante, in base ad una mai provata impossibilità a recarsi presso l’ufficio
giudiziario: b — a far compiere una nuova valutazione delle emergenze di causa.

4 — Il giudice dell’appello ritenne, quanto alla violazione del diritto di difesa della Spada
per omessa comunicazione del rinvio di ufficio, che esso non fosse sussistente in
quanto non vi sarebbe stata la prova che la data di rinvio non fosse la prima utile in cui
l’istruttore teneva udienza e che del rinvio le parti avrebbero comunque dovuto prender
atto, dovendo essere presenti il giorno originariamente fissato per la udienza di
precisazione delle conclusioni; quanto poi alla dedotta simulazione, che sarebbe stato di

2

dal quale viveva separata, Vito Pedone, anche quale erede del padre del predetto,

ostacolo al suo accertamento la diversità dei soggetti che avrebbero preso parte ai tre
negozi — donazione simulata tra padre e figlio; compravendita dissimulata tra sorella e
fratello; donazione dissimulata tra padre e figlia- e che non vi sarebbero stati i requisiti
di forma della donazione tra padre e figlia.

quattro motivi; nessuno degli intimati ha svolto difese; si è disposta, con ordinanza
interlocutoria, la notifica del ricorso a Stefano e Cesare Pedone che, del pari, non hanno
articolato attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE
I — Con il primo motivo viene denunziata la violazione dell’art. 82 disp att. cod. civ.
assumendo che la comunicazione da parte della Cancelleria della udienza di precisazione
delle conclusioni doveva dirsi necessaria in quanto il lasso di tempo di oltre un mese
intercorso tra quella originariamente fissata e quella oggetto di rinvio di ufficio
(rispettivamente: 26 marzo- 7 maggio 2003) non sarebbe stato compatibile con la
condizione portata dalla suddetta norma al fine dell’esonero dalla comunicazione stessa
( vale a dire rinvio di ufficio all’udienza immediatamente successiva a quella non tenuta).
I.a — Il motivo non è fondato in quanto costituisce oggetto di onere dimostrativo -della
parte eccipiente l’inosservanza dell’obbligo della comunicazione del rinvio- la non
coincidenza tra la data di rinvio e quella della udienza immediatamente successiva a
quella non tenutasi , atteso che tale circostanza si concreta in un elemento costitutivo
della dedotta nullità, circoscrivendone, in negativo, i confini applicativi
II — Con il secondo motivo è denunziata la violazione del disposto dell’art. 232 cpc per
non aver ritenuto, il giudice dell’appello, nulla la sentenza del Tribunale che aveva
sostanzialmente revocato la precedente ammissione dell’interrogatorio formale della
suocera dell’appellante , dando atto della impossibilità per quest’ultima di rendere
l’interpello, senza peraltro utilizzare della facoltà di recarsi presso l’abitazione
dell’anziana donna per assumerne le risposte all’interrogatorio formale.

5 — Per la cassazione di tale decisione ha proposto ricorso la Spada, facendo valere

II.a — Il motivo è inammissibile perché la sentenza della corte territoriale mise in
evidenza che gli eventuali vizi che avessero affetto la decisione di primo grado a causa
della mancata assunzione dell’interpello, non avrebbero cagionato la nullità della
sentenza ma, semmai, avrebbero potuto fornire argomenti per una diversa valutazione

dei quesiti di diritto, non si commette alla Corte di esprimersi sulla ritenuta incidenza- in
termini di nullità della pronunzia di primo grado- della mancata attivazione dei poteri di
intervento di ufficio del GOA nell’acquisire a domicilio le risposte all’interpello, come
pure della mancata prova della impossibilità per la interroganda a rendere l’interpello
medesimo, ma si chiede semplicemente conferma del contenuto della condotta secundum
jus che il Tribunale avrebbe dovuto tenere, rendendo così il quesito inidoneo a far
formulare il principio di diritto specifico attinente alle conseguenze di tale inosservanza
sulla validità della adottata decisione.

II.a.1 — Il mezzo è altresì inammissibile anche quanto al suo contenuto atteso che,
facendo discendere dalla mancata risposta un’incidenza decisiva sulla successiva
decisione di primo grado — che in quest’ottica non sarebbe stata delibata dalla Corte
territoriale- non riporta poi i capitoli di interpello, così violando il principio di specificità
del ricorso , sub specie della c.d. autosufficienza del medesimo

III — Con il terzo motivo viene dedotta la violazione e la falsa applicazione degli artt.
1414, 1415 e 1417 cod. civ. censurando gli errori in cui sarebbe incorsa la Corte di
Appello nel ritenere infondata la domanda: a –

per non esser stata dimostrata la

sussistenza di un atto di donazione tra il padre e la figlia , del quale in ogni caso
sarebbero mancati i requisiti di forma ad substantiam ; b — per aver ritenuto non
ipotizzabili due negozi simulati tra loro eventualmente collegati, per il sol fatto che le
parti degli stessi non sarebbero state le medesime.

III.a Sostiene in contrario la ricorrente che la diversità di parti nei vari negozi simulati
non sarebbe d’ostacolo a che il terzo — l’odierna ricorrente- possa far valere la
/ftoe,tteAuc
– 4 –

delle prove assunte o per far rinnovare il mezzo assunto; posto ciò, nella formulazione

divergenza tra forma e sostanza in cui si concreta l’istituto della simulazione , essendo
sufficiente che da essi venga inciso un proprio diritto e sorga pertanto un proprio
interesse; rileva altresì che gli atti dissimulati — donazione tra padre e figlia,
compravendita tra fratello e sorella- sarebbero validi quanto a requisiti formali, atteso

dell’unico atto simulato — la donazione tra padre e figlio-; sostiene infine la ricorrente
che, comunque, gli stringenti requisiti di forma necessari per la donazione ( tra il padre e
la figlia) sarebbero stati inutili, dacchè essa sarebbe stata da configurarsi come
donazione indiretta.

III.a.1- Come mezzo la fine viene formulato il seguente quesito di diritto: ” Se (non sia)
vero che non è d’ostacolo all’azione di dissimulazione, accordata al terzo pregiudicato nei propri
diritii,la circostanza che il negozio apparente occulti non uno solo, ma più accordi negoziali effettivi, tra
loro coordinati, tesi alla realizzazione di un unico assetto economico e posti in essere da più soggetti;
se (non sia) vero che il contratto od i contratti effettivamente conclusi tra le parti hanno effetto purchè il
contratto simulato risponda dei requisiti di sostanza e di forma richiesti per la validità del contratto ( o
dei contratti) dissimulati; se (non sia) vero che la donazione indiretta non richiede i requisiti di forma
ad substantiam previsti dall’art. 782 cod. civ.”
IV- Il motivo è infondato.

IV.a — Va innanzi tutto esclusa l’applicabilità dell’istituto della donazione indiretta alla
fattispecie in quanto tale ipotesi difensiva non risulta esser stata avanzata nei precedenti
gradi del giudizio; in secondo luogo la salvezza del negozio simulato qualora quello
dissimulato presenti i requisiti di forma del primo è predicabile laddove entrambi i
contratti siano tra le medesime parti , mentre nella fattispecie si assume che la
donazione simulata tra padre e figlio avrebbe gli stessi requisiti di forma di un negozio
di donazione tra padre e figlia; nella donazione indiretta il negozio di attribuzione a
titolo gratuito è esonerato dalle forme stringenti della donazione tipica ma non sfugge
alla necessità di rispettare la forma propria del negozio dissimulato che, quanto meno

che i requisiti di forma che essi avrebbero dovuto rivestire, sarebbero stati presenti

per ciò che riguarda la pretesa compravendita tra fratello — divenuto proprietario per
effetto della donazione paterna- e la sorella , non può dirsi osservata, di tal che
dell’esistenza e del contenuto di tale contratto si voleva dar prova per testimoni; il
coordinamento poi tra i vari negozi , per essere considerato — nella prospettiva

presuppone che tutti siano voluti per i loro effetti tipici e quindi non può realizzarsi tra
negozi simulati e dissimulati, essendo di per sé la simulazione già deputata al
perseguimento di scopi estranei a quelli del negozio formalmente posto in essere.
IV.b — Il quesito di diritto come sopra riportato è allora eccentrico rispetto alla materia
controversa.
V — Il quarto motivo, diretto a sindacare un vizio di motivazione nella valutazione delle
emergenze processuali — prove testimoniali e per presunzioni- risulta assorbito dalle
considerazioni in precedenza espresse in ordine alla strutturale inidoneità della
impostazione difensiva della ricorrente a sindacare efficacemente la ratio decidendi della
sentenza.
VI — Nulla per le spese, non avendo le parti intimate svolto attività difensiva.
La Corte
Rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 19 aprile 2013, nella camera di consiglio della 2^ Sezione
Civile della Corte di Cassazione.

unificatrice della causa “in concreto”- espressione di un collegamento negoziale,

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA