Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13861 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2011, (ud. 08/06/2011, dep. 23/06/2011), n.13861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MERONE Antonio – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 17250-2009 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende, ope legis;

– ricorrente –

contro

C.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE SUPREMA di CASSAZIONE,

rappresentato e difeso dall’avvocato CHIARINI PICONE CONCETTINA

giusta procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 28/2008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE

di PALERMO del 24/04/08, depositata il 22/05/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio

dell’08/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLO COSENTINO;

è presente il P.G. in persona del Dott. RAFFAELE CENICCOLA.

Fatto

LA CORTE

rilevato che, ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., è stata depositata in cancelleria la relazione di seguito integralmente trascritta:

“Con avviso di recupero notificato il 16.11.04 l’Agenzia delle Entrate contestava ad C.A., titolare di un’impresa individuale di costruzioni, il credito di imposta da costui vantato quale agevolazione prevista dalla L. n. 388 del 2000 per l’effettuazione di investimenti in aree svantaggiate.

In particolare l’Ufficio negava che potesse qualificarsi investimento rilevante ai fini dell’agevolazione di cui alla L. n. 388 del 2000, art. 8 l’acquisto di un veicolo OPEL Zafira elegance 2.0 DTI van, immatricolato come autocarro. L’avviso di recupero veniva impugnato dal contribuente e quindi annullato dalla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento, con sentenza successivamente confermata, pur se con diversa motivazione, dalla Commissione Tributaria Regionale di Palermo.

L’agenzia delle Entrate ricorre per cassazione avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale sulla scorta di due motivi.

Il contribuente resiste con controricorso.

Il primo motivo di ricorso si articola in due distinte censure.

Con la prima censura, riferita all’art. 360 c.p.c., n. 4, l’Agenzia della Entrate denuncia la nullità della sentenza per difetto del requisito formale previsto dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36 della succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto.

La censura è manifestamente infondata.

La Commissione Tributaria Regionale ha esposto i motivi della sua decisione dal rigo 16 al rigo 34 di pag. 3 della sentenza, argomentando che:

a) il veicolo de quo è immatricolato come autocarro;

b) pertanto esso costituisce bene strumentale nuovo inerente all’esercizio dell’impresa;

c) gli autocarri non rientrano tra i mezzi di trasporto in relazione ai quali il D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 121 bis (ora art. 164), T.U.I.R. preveda limiti alla deducibilità della relativa spesa di acquisto;

d) l’Ufficio non ha provato che il veicolo non fosse utilizzato esclusivamente per l’esercizio dell’impresa. Dal riepilogo che precede emerge che la Commissione Tributaria Regionale non si è sottratta all’onere della motivazione, nè ha adempiuto a tale onere in termini meramente apparenti. Essa, al contrario, ha reso pienamente esplicito l’iter logico che l’ha condotta alla decisione della controversia. La sentenza gravata può quindi essere censurata mediante la denuncia di errori di diritto o di vizi motivazionali, ma non per mancanza del requisito della succinta esposizione dei motivi in fatto e diritto.

Con la seconda censura del primo motivo, riferita all’art. 360 c.p.c., n. 5, l’Agenzia della Entrate denuncia la omessa motivazione sull’affermato carattere strumentale del veicolo.

La censura è inammissibile perchè non contiene la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; indicazione che, secondo il costante insegnamento di questa Corte, deve essere contenuta in un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), indicato in una parte del motivo stesso a ciò specificamente e riassuntivamente destinata, che circoscriva puntualmente i limiti della censura, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (per una efficace sunto dei principi elaborati in proposito da questa Corte, si veda l’ordinanza 27680/2009).

Con il secondo motivo, riferito all’art. 360 c.p.c., n. 3, la ricorrente denuncia la violazione della L. n. 388 del 2000, art. 8, comma 2, D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 54 e art. 2697 c.c.. La difesa erariale lamenta che la Commissione Tributaria Regionale – a fronte del rilievo dell’Ufficio secondo cui il veicolo in questione, benchè immatricolato come autocarro, non avrebbe avuto le caratteristiche previste dal codice della strada ai fini della qualificazione di un veicolo come autocarro – abbia addossato all’Ufficio l’onere della prova negativa dell’uso strumentale esclusivo del veicolo de quo, invece che addossare al contribuente l’onere della prova positiva al riguardo. Al termine dell’illustrazione del motivo la ricorrente propone il seguente quesito di diritto;

Dica la S.C. se illegittimamente la Commissione Tributaria Regionale abbia attribuito all’Ufficio la prova del mancato uso strumentale, anzichè attribuire alla parte la prova dell’esistenza di tale uso.

Il quesito sopra trascritti non è conforme al paradigma fissato, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 bis c.p.c.. Al riguardo si osserva che le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che il quesito deve costituire la chiave di lettura delle ragioni esposte e deve quindi porre la Corte di cassazione in condizione di rispondere ad esso con l’enunciazione di una regula juris che sia, in quanto tale, suscettibile di ricevere applicazione in casi ulteriori rispetto a quello sottoposto all’esame del giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata; ciò vale a dire che la Corte di legittimità deve poter comprendere dalla lettura del solo quesito, inteso come sintesi logico giuridica della questione, l’errore di diritto asseritamente compiuto dal giudice di merito e quale sia, secondo la prospettazione del ricorrente, la regola da applicare: in conclusione, l’ammissibilità del motivo è condizionata alla formulazione di un quesito, compiuta e autosufficiente, dalla cui risoluzione scaturisca necessariamente il segno della decisione (cfr.

Cass., sez. un., n. 28054 del 2008, cit.; n. 26020 del 2008; n. 18759 del 2008; n. 3519 del 2008; n. 7197 del 2009). Nel caso di specie, la parte ricorrente non ha adempiuto all’onere, dai contenuti sopra precisati, della proposizione di una valida impugnazione, in quanto il quesito formulato a conclusione del ricorso non presenta alcun concreto ancoraggio alla fattispecie decisa. Nel quesito, in particolare, non si fa alcun riferimento alle circostanze che il contribuente era un imprenditore edile; che il bene per il cui acquisto egli pretendeva di godere del contributo previsto dalla L. n. 388 del 2000 era immatricolato come autocarro; che l’Ufficio contestava la conformità della immatricolazione alle caratteristiche del veicolo. Il quesito è cioè formulato in termini totalmente generici e pertanto il motivo va dichiarato inammissibile. In conclusione, si ritiene che il procedimento possa essere definito in camera di consiglio, con il rigetto del ricorso”.

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti; che l’intimato si è costituito con controricorso.

Considerato che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide le argomentazioni esposte nella relazione;

che pertanto, riaffermati i principi sopra richiamati, il ricorso va rigettato, per l’infondatezza o inammissibilità dei relativi motivi;

che le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia delle Entrate a rifondere al contro ricorrente le spese del giudizio di cassazione, che liquida in Euro 1.100, di cui Euro 100 per esborsi, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 8 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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