Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13861 del 01/06/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 01/06/2017, (ud. 22/02/2017, dep.01/06/2017),  n. 13861

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MAMMONE Giovanni – Presidente –

Dott. BERRINO Umberto – Consigliere –

Dott. DORONZO Adriana – Consigliere –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 11213-2011 proposto da:

COSTRUZIONI EDILI S.R.L. UNIPERSONALE P.I. (OMISSIS), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DELLA GIULIANA 73, presso lo studio dell’avvocato NICOLA

NANNI, rappresentata e difesa dall’avvocato GIUSEPPE DANILE, giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. – Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati CARLA

D’ALOISIO, LELIO MARITATO, ANTONINO SGROI, giusta delega in atti;

– controricorrenti –

e contro

ASSESSORATO REGIONALE AL LAVORO E ALLA PREVIDENZA, MONTEPASCHI

SE.RI.T. S.P.A.;

– intimati –

e contro

REGIONE SICILIANA, in persona del Presidente pro tempore,

rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i

cui Uffici domicilia in ROMA, ALLA VIA DEI PORTOGHESI, 12 (atto di

costituzione depositato il 25/05/2011);

– resistente con mandato –

avverso la sentenza n. 204/2010 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 09/04/2010 R.G.N. 2178/2006.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 9.4.2010 la Corte d’Appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Agrigento di rigetto dell’opposizione proposta da Costruzioni Edili s.r.l. Unipersonale avverso la cartella esattoriale n. (OMISSIS) con la quale era stato intimato il pagamento di Euro 65.090,16 a titolo di contributi dovuti all’INPS, per il periodo compreso tra novembre 1999 e giugno 2003, per sgravi illegittimamente fruiti – ai sensi della L. n. 407 del 1990, art. 8 – per i lavoratori R.S. e F.S., in conseguenza di quanto accertato con verbale ispettivo dell’INPS del 7 giugno 2004 n. 558;

che la sentenza impugnata ha respinto l’unico motivo d’appello relativo all’accertamento dell’assenza nei lavoratori R. e F. del requisito soggettivo della disoccupazione nei ventiquattro mesi antecedenti all’assunzione, per effetto dei brevi periodi di lavoro svolto per la stessa società ricorrente dai medesimi lavoratori durante tale arco temporale; che avverso tale sentenza Costruzioni Edili Unipersonale s.r.l. ha proposto ricorso affidato a due motivi, al quale ha opposto difese l’INPS con controricorso, mentre la Regione siciliana ha solo depositato atto di costituzione;

che il P.G. non ha formulato richieste;

che la ricorrente ha depositato istanza di autorizzazione a ricostruire il fascicolo di parte che afferma essere stato smarrito dopo il ritiro del medesimo da parte del procuratore domiciliata rio.

Diritto

CONSIDERATO

Che va disattesa l’istanza di ricostruzione del fascicolo di parte che si assume smarrito senza fornire alcun chiarimento in ordine all’involontarietà del fatto e pur ammettendo che il fascicolo stesso è stato ritirato dopo il giudizio d’appello dal domiciliatario, posto che questa Corte di legittimità ha avuto modo di affermare (Cass. 5123/2005) che non è possibile, nell’udienza di cassazione, procedere alla ricostruzione di fascicoli di giudizio di merito, poichè al giudice di legittimità non sono consentiti accertamenti ed apprezzamenti di fatto e che, in generale, l’istanza di ricostruzione del fascicolo di parte, che non si rinvenga nel fascicolo d’ufficio, non può essere genericamente formulata ma deve contenere la rappresentazione credibile dell’involontarietà dell’omissione (Cass. 21733/2010);

Che con il primo motivo, riferibile all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la ricorrente lamenta la violazione della L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9, della L. n. 56 del 1987, art. 23, comma 4 e del R.D. 16 marzo 1942, n. 262, art. 12 in relazione alla interpretazione ritenuta formalistica e restrittiva della L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9 adottata dalla Corte territoriale che aveva comportato la negazione del diritto allo sgravio in relazione a due lavoratori disoccupati e pure iscritti nella prima classe delle liste di collocamento ai sensi della L. n. 56 del 1987, art. 10;

Che, ad avviso della ricorrente, l’interpretazione costituzionalmente corretta alla luce del principio di parità di trattamento, altrimenti violato, avrebbe dovuto condurre a ritenere integrato il requisito soggettivo richiesto dalla norma anche nell’ipotesi, ricorrente nel caso di specie, di lavoratori che avevano mantenuto l’iscrizione nella prima classe delle liste del collocamento pur avendo lavorato per meno di quattro mesi nell’anno solare in forza di contratto a tempo indeterminato, perchè si trovavano nella stessa posizione sostanziale di chi aveva lavorato per lo stesso periodo in forza di contratto a tempo determinato;

che con il secondo motivo, si denuncia la violazione dell’art. 2331 c.c. sul presupposto dell’erroneità dell’affermazione della sentenza impugnata secondo cui vi sarebbe stata sostanziale identità tra la datrice di lavoro dei predetti rapporti e l’odierna ricorrente e ciò in quanto si trattava di distinti soggetti ciascuno fornito di distinta personalità giuridica;

Che il primo motivo è infondato in ragione dei principi espressi dalla giurisprudenza di questa Corte (Cass. 6.2.2014 n. 9872; Cass. 569/2012; 3359/1975) secondo cui la normativa nazionale sugli sgravi contributivi è da considerarsi di stretta interpretazione in quanto derogatoria rispetto alla sottoposizione generale agli obblighi contributivi (proprio sull’interpretazione della L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9, seconda parte, cfr. Cass. 6 agosto 2013, n. 18710; in tema di agevolazioni fiscali, Cass., 16 novembre 2012, n. 20117; Cass., 11 aprile 2001, n. 5437);

Che la norma in oggetto – nella versione applicabile ratione temporis antecedente alle modifiche introdotte dalla L. n. 92 del 2012 – prevede che al fine di procedere alle assunzioni con contratto a tempo indeterminato di lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi o sospesi dal lavoro e beneficiari di trattamento straordinario di integrazione salariale da un periodo uguale a quello suddetto, per cui è possibile fruire dello sgravio, “sarà costituita in ogni regione apposita lista dalla quale le assunzioni possono essere effettuate con richiesta nominativa, secondo le modalità indicate entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Nelle ipotesi di assunzioni di cui al presente comma effettuate da imprese operanti nei territori del Mezzogiorno di cui al testo unico approvato con D.P.R. 6 marzo 1978, n. 218, ovvero da imprese artigiane, non sono dovuti i contributi previdenziali e assistenziali per un periodo di trentasei mesi”;

Che, nel caso di specie, è pacifico che non era questo il caso di R.S. e di F.S., che, prima di essere stati assunti rispettivamente il 19 giugno 2000 ed il 22 novembre 1999 – dalla ricorrente, avevano già lavorato alle dipendenze di società che si erano trasformate nell’attuale ricorrente, nei periodi compresi tra il 24 maggio 1999 ed il 13 settembre 1999 il R. e dal 29 dicembre 1997 ed il 27 febbraio 1998 il F.;

Che, pertanto, non potevano essere considerati lavoratori disoccupati da oltre 24 mesi e tale circostanza era ben a conoscenza della ricorrente, giacchè i dipendenti avevano già lavorato, fino a meno di ventiquattro mesi prima, proprio alle dipendenze di società che poi si erano trasformate nella Costruzioni Edili s.r.l. Unipersonale e ciò ad onta della contraria (ed evidentemente erronea) loro iscrizione nella lista dei disoccupati di lungo periodo e della relativa certificazione amministrativa;

Che la contraria esegesi della norma suggerita dalla ricorrente – secondo cui ai fini degli sgravi in discorso conterebbe soltanto la certificazione e l’iscrizione del lavoratore nella lista dei disoccupati di lungo periodo – è stata disattesa dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità (vds. Cass. 15711/2015; 9872/2014) che ha evidenziato che il fine di incentivare l’occupazione e, nel contempo, di evitare facili abusi da parte del datore di lavoro, è realizzato subordinando l’agevolazione a rigidi requisiti, che attengono, rispettivamente, sia al lavoratore sia al datore di lavoro: a) al lavoratore, il quale: – risulti disoccupato da almeno ventiquattro mesi; – risulti sospeso da lavoro e beneficiario di trattamento straordinario di integrazione salariale da almeno ventiquattro mesi, b) al datore di lavoro, che: assuma il lavoratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato; non abbia effettuato licenziamenti o sospensioni di lavoro nei confronti di dipendenti in forza nella propria azienda;

Che lo stesso comma 9 prevede altresì l’istituzione in ogni regione di un’apposita lista da cui effettuare le assunzioni con richiesta nominativa, secondo le modalità indicate con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale ed è stato così emanato il D.M. 22 marzo 1991, n. 1557, intitolato “Formazione di liste speciali regionali per l’iscrizione di lavoratori in cassa integrazione e dei lavoratori disoccupati da assumere con richiesta nominativa”, il quale, in espressa attuazione di quanto disposto dalla L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9, ha demandato agli Uffici regionali del lavoro e della massima occupazione il compito di istituire, entro trenta giorni dalla entrata in vigore del decreto stesso, apposita lista speciale nella quale iscrivere: 1) i lavoratori fruenti del trattamento straordinario di integrazione salariale non inferiore a ventiquattro mesi, secondo elenchi forniti dalle sedi periferiche dell’Inps, ovvero dalle imprese aventi alle dipendenze lavoratori fruenti di tale trattamento integrativo; 2) i lavoratori disoccupati da almeno ventiquattro mesi;

che il decreto prevede inoltre dettagliate modalità per la formazione della lista, per il suo aggiornamento, nonchè per la sua efficace divulgazione;

Che in questo contesto normativo, non può esservi dubbio che, ai fini della fruizione della riduzione dei contributi di cui alla L. n. 407 del 1990, art. 8, comma 9, l’assunzione deve avvenire nel rispetto della norma su richiamata, ovvero attraverso la richiesta nominativa dall’apposita lista come costituita presso gli uffici regionali del lavoro e della massima occupazione;

che, dunque, fuori da questa regola, non può dirsi esistente lo stesso stato di disoccupazione, il quale deve essere non solo reale – e tale non è quello del lavoratore che presti attività sia pure irregolare -, ma altresì certificato dalla sua iscrizione nella lista speciale regionale disciplinata dal D.M. n. 1557 del 1991, art. 2, che conferisce altresì certezza al perdurare di tale stato per il tempo richiesto dalla norma;

Che il secondo motivo è inammissibile difettando delle necessarie argomentazioni tese ad indicare in quali punti della ricostruzione giuridica della controversia la sentenza impugnata abbia fatto scorretta applicazione dell’art. 2331 c.c., considerato che quando nel ricorso per cassazione è denunziata violazione o falsa applicazione di norme di diritto, il vizio della sentenza previsto dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, deve essere dedotto, a pena di inammissibilità, non solo mediante la puntuale indicazione delle norme asseritamente violate, ma anche mediante specifiche argomentazioni, intese motivatamente a dimostrare in qual modo determinate affermazioni in diritto, contenute nella sentenza gravata, debbono ritenersi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l’interpretazione delle stesse fornita dalla dottrina e dalla prevalente giurisprudenza di legittimità (vd. Cass. n. 635/2015);

che pertanto il ricorso va respinto;

che le spese vengono regolate come da dispositivo in favore dell’INPS anche quale procuratore speciale di S.C.C.I. ed in considerazione che la Regione Sicilia, per l’Assessorato regionale al lavoro ed alla previdenza, si è limitata a depositare procura e che Monte Paschi Serit s.p.a è rimasta intimata.

PQM

 

rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida, in favore: dell’INPS nella misura di Euro 4000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 100,00 ed agli accessori di legge; della Regione Sicilia nella misura di Euro 1500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi nella misura di Euro 100,00, ed agli accessori di legge. Nulla nei confronti di Monte Paschi Serit s.p.a.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 22 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 giugno 2017

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