Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13858 del 22/05/2019

Cassazione civile sez. lav., 22/05/2019, (ud. 21/02/2019, dep. 22/05/2019), n.13858

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 3061/2016 proposto da:

ALLSYSTEM S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA F. DENZA 15, presso lo studio

dell’avvocato STEFANO MASTROLILLI, rappresentata e difesa

dall’avvocato CORRADO IMARISIO;

– ricorrente –

contro

SI.N.A.L.V. – SINDACATO NAZIONALE AUTONOMO LAVORATORI VIGILANZA, in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato

PAOLO LITRICO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 499/2015 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata il 29/07/2015, R.G.N. 1021/2014.

Fatto

RILEVATO

che:

1. con sentenza n. 499 pubblicata il 29.7.15, la Corte d’appello di Torino ha respinto l’impugnativa proposta Allsystem s.p.a., confermando la sentenza di primo grado che aveva dichiarato antisindacale la condotta posta in essere dalla società (che con comunicazione del 14.5.2013 aveva sospeso nei confronti del SI.N.A.L.V., Sindacato Nazionale Autonomo Lavoratori Vigilana, le prerogative del titolo III dello Statuto dei Lavoratori) e condannato la stessa a riconoscere al sindacato i diritti di cui al citato Titolo III;

2. la Corte d’appello ha accertato come il SI.N.A.L.V. avesse i requisiti di rappresentatività di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 19, lett. b), nel testo risultante dopo l’abrogazione disposta dal D.P.R. n. 312 del 1995, art. 1 e all’esito della sentenza della Corte Cost. n. 231 del 2013; che, in particolare, avesse sottoscritto come SI.N.A.L.V. Cisal l’accordo del 22.11.2012 nell’ambito della procedura di cui all’art. 47, L. n. 428 del 1990, concluso tra Vigilanza Mondiapol Torino s.p.a., Allysistem, le organizzazioni sindacali e le r.s.a.; accordo avente natura normativa in quanto volto a disciplinare il passaggio dei lavoratori da Mondiapol a Allsystem, con mantenimento dei diritti sindacali, ed applicato fino all’aprile 2013, quindi fino ad epoca di poco anteriore alla citata comunicazione del 14.5.2013; la Corte ha accertato come il SI.N. A.L.V. avesse sottoscritto anche l’accordo del 12.4.2013, applicato fino al dicembre 2014, avente ad oggetto l’erogazione di acconti/anticipi sullo stipendio;

3. la Corte territoriale ha riconosciuto al SI.N.A.L.V. i requisiti di rappresentatività anche sul rilievo che tale sindacato, pure dopo la dissociazione dalla Confederazione Cisal in data 30.5.2013 (e nonostante risultasse ancora esistente un sindacato SI.N.A.L.V. confederato Cisal) costituisse la continuazione del medesimo soggetto, sindacato SI.N.A.L.V. – Cisal storico, che aveva svolto una costante attività di rappresentanza dei lavoratori presso Allsystem s.p.a., interloquendo con l’azienda sulla varie problematiche (ad es. straordinario, banca ore, ferie, anticipazione del tfr), che era sistematicamente convocato agli incontri sindacali ed aveva sottoscritto diversi accordi prodotti in causa; ha sottolineato come il SI.N.A.L.V. avesse mantenuto lo stesso codice fiscale e la stesse sede già appartenuti al suddetto sindacato storico ed avesse uno statuto analogo, diverso solo nella mancata adesione alla Cisal; come nessuno dei dipendenti Allsystem si fosse iscritto, dopo la dissociazione del SI.N.A.L.V. dalla Confederazione Cisal, al sindacato SI.N.A.L.V. – CISAL, sicchè il sindacato appellato rappresentava gli stessi lavoratori già iscritti al sindacato storico; come i signori B. e C., già r.s.a. e il primo segretario provinciale e regionale del sindacato storico, avessero mantenuto le medesime cariche presso il SI.N.A.L.V., diventando il secondo segretario nazionale;

4. la sentenza impugnata ha ribadito come, ai fini dei diritti di cui al Titolo III, non rilevasse l’adesione o meno alla Confederazione bensì l’effettiva rappresentatività del sindacato nell’unità produttiva, cioè la sua capacità di porsi quale interlocutore di parte datoriale in rappresentanza dei lavoratori, di partecipare alle trattative e di eventualmente sottoscrivere contratti collettivi aziendali;

5. ha affermato la legittimazione ad agire del sindacato nazionale ai fini dell’accertamento dei requisiti di cui all’art. 19, lett. b) cit. legittimanti la costituzione della r.s.a. e le connesse prerogative sindacali;

6. avverso tale sentenza Allsystem s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui ha resistito con controricorso il SI.N.A.L.V.;

7. il pubblico ministero ha depositato conclusioni scritte, ai sensi dell’art. 380 bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

8. col primo motivo di ricorso la Allsystem s.p.a. ha censurato la sentenza, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione della L. n. 300 del 1970, art. 19, lett. b), per avere la Corte d’appello, peraltro con motivazione apparente, attribuito natura normativa all’accordo del 22.11.2012, stipulato ai sensi della L. n. 428 del 1990, art. 47 e quindi legato ad un episodio contingente della vita aziendale;

9. col secondo motivo la società ricorrente ha denunciato l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito omesso qualsiasi indagine sulla natura normativa dell’accordo concluso il 12.4.2013, peraltro relativo al mero recepimento di una consuetudine aziendale;

10. col terzo motivo di ricorso la Allsystem s.p.a. ha dedotto la nullità della sentenza impugnata, ai sensi dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, per omessa e apparente esposizione dei motivi sui quali la decisione si fonda, sul rilievo che i vizi oggetto dei precedenti motivi di ricorso impedissero di ritenere soddisfatti i requisiti di cui all’art. 19, lett. b) cit.;

11. i primi due motivi di ricorso, che si esaminano congiuntamente per connessione logica, sono infondati;

12. nella sentenza n. 231 del 2013, la Corte Costituzionale, nel dichiarare l’illegittimità costituzionale della L. 300 del 1970, art. 19, comma 1, lett. b), ha sottolineato la funzione della sottoscrizione degli accordi applicati in azienda, a cui ha assimilato la partecipazione alle negoziazione, quali indici selettivi delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative o, comunque, significativamente rappresentative a livello aziendale;

13. la Corte di merito ha motivato la rappresentatività del sindacato SI.N.A.L.V. basandosi su una pluralità di indici sintomatici, tra cui, oltre alla sottoscrizione degli accordi datati 22.11.2012 e 12.4.2013, la sostanziale continuità ed identità rispetto al sindacato SI.N.A.L.V. – CISAL storico, che aveva partecipato a numerose trattative, sottoscritto diversi accordi e svolto una costante attività di interlocutore rispetto alla parte datoriale in rappresentanza degli interessi dei lavoratori addetti all’unità produttiva;

14. la società ricorrente ha contestato, rispetto a tale complessiva ricostruzione, unicamente il carattere normativo degli accordi datati 22.11.2012 e 12.4.2013, senza criticare gli altri indici di effettiva rappresentatività analizzati nella sentenza impugnata, specie con riferimento alla sostanziale continuità col sindacato storico rispetto a cui non è in contestazione il possesso dei requisiti previsti dal citato art. 19, lett. b); la censura mossa con i primi due motivi di ricorso appare quindi di per sè inidonea a scalfire la rappresentatività dell’associazione sindacale, riconosciuta dalla Corte di merito quale presupposto del diritto, rilevante a seguito della citata pronuncia della Corte Cost., di partecipare alle trattative e di, eventualmente, sottoscrivere contratti collettivi aziendali, premessa sostanziale del riconoscimento delle prerogative di cui al titolo III dello Statuto;

15. infondato è anche il terzo motivo di ricorso, formulato in relazione all’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4;

16. le Sezioni Unite di questa Corte (sentenza n. 8053 del 2014) hanno precisato che “la riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione”;

17. si è ulteriormente precisato (S.U. n. 22232 del 2016) che “la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da error in procedendo, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perchè recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture”, (cfr. anche Cass. n. 12351 del 2017);

18. tali difetti non sono in alcun modo rinvenibili nella decisione impugnata che ha dato conto, secondo un percorso logico, della ricorrenza dei requisiti di cui al citato art. 19, lett. b) e quindi del carattere antisindacale della decisione datoriale di negare le prerogative di cui al Titolo III dello Statuto dei Lavoratori;

19. per le considerazioni svolte il ricorso deve essere respinto;

20. la regolazione delle spese di lite segue il criterio di soccombenza, con liquidazione come in dispositivo;

21. si dà atto della sussistenza dei presupposti di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 5.000,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori di legge, da distrarsi in favore dell’avv. Paolo Litrico, antistatario.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del medesimo art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza camerale, il 21 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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