Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13856 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13856 Anno 2013
Presidente: FELICETTI FRANCESCO
Relatore: CARRATO ALDO

di podere —
questioni

SENTENZA

processuali

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 330181’06) proposto da:

UGGINI Mario Carmelo (C.F.: GGN MCR 29S16 L477F), rappresentato e difeso, in virtù di
procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Vincenzo Rina ed elettivamente domiciliato
con lo stesso presso lo studio dell’Avv. Guseppe Divezza, in Roma, v. Federico
Confalonieri, n. 1 (come da successiva comunicazione acquisita agli atti);
– ricorrente –

contro
UGGINI Olimpia Iolanda (C.F.: GGN LPT 33T50 L477K), rappresentata e difesa, in virtù di
procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv. Nicola Cataldo ed elettivamente
domiciliata presso lo studio dell’Avv. Bonaventura Sorrentino, in Roma, via Aniene, n. 14;
– controricorrente-

e
Agenzia Lucana di Sviluppo e Innovazione in Agricoltura (A.L.S.I.A.), in persona del legale
rappresentante pro-tempore; TARANTINO Lidia (C.F.: TRN LDI 19B54 L4770); UGGINI

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8S-9-11 3

Data pubblicazione: 31/05/2013

Rosaria (C.F.: UGG RSR 77P49 G786D); UGGINI Arturo (C.F.: GGN RTR 84A08 G786W);
UGGINI Salvatore Antonio; UGGINI Jolanda; UGGINI Filomena; UGGINI Lucia e
PROCURATORE GENERALE presso la Corte di appello di Potenza; – intimati Avverso il decreto della Corte di appello di Potenza n. 1530 del 2006, depositato il 19
ottobre 2006 (e notificato il 6 novembre 2006);

Consigliere relatore Dott. Aldo Carrato;
udito l’Avv. Elena Lacanna (per delega) nell’interesse della controricorrente;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
Aurelio Golia, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso del 20 luglio 2004 proposto dinanzi al Tribunale di Matera il sig. Uggini Mario
Carmelo chiedeva, ai sensi dell’art. 7 della legge 39 maggio 1967, n. 379, di essere
designato a subentrare alla madre Giuliano Rosaria (deceduta prima del pagamento della
quindicesima annualità del prezzo e a lei assegnato dall’Ente per la Riforma fondiaria con
atto per dr. Rizzi del 12 ottobre 1963) nell’assegnazione del podere sito in agro di Tursi,
distinto in catasto al foglio 5, con la particella 64, al foglio 6 con le particelle 34, 35, 46, 66 e
110, nonché al foglio 7 con le particelle 1, 201, 202 e 204.
Nella costituzione degli eredi di Uggini Ferdinando, di Uggini Olimpia Iolanda e di Uggini
Mario Carmelo, il Tribunale di Matera, dopo aver onerato il ricorrente di eseguire le
prescritte notificazioni anche al competente P.M., con provvedimento depositato il 17
giugno 2005, designava la convenuta Uggini Olimpia Iolanda quale titolare del diritto a
subentrare alla madre Giuliano Rosaria nel predetto contratto (del 12 ottobre 1963 per
notaio Rizzi) di assegnazione del menzionato fondo oggetto di vendita con patto di
riservato dominio da parte dell’Ente per lo Sviluppo dell’irrigazione e la trasformazione
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Udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica del 27 marzo 2013 dal

fondiaria in Puglia e Lucania, nel mentre veniva dichiarata l’inammissibilità della domanda
riconvenzionale formulata nell’interesse degli altri convenuti.
Interposto reclamo da parte di Uggini Mario Carmelo e nella resistenza della sola Uggini
Olimpia Iolanda (che proponeva, a sua volta, reclamo in via incidentale con riferimento al
capo concernente la regolamentazione delle spese del procedimento di primo grado),

l’inammissibilità di entrambi i reclami (quello principale e quello incidentale), compensando
interamente tra le parti costituite le spese del grado.
A sostegno dell’adottata decisione, la Corte territoriale rilevava che, dovendosi applicare
nella fattispecie la previsione dell’art. 7 della legge n. 379 del 1967 ponente implicito
richiamo al disposto dell’art. 7 della legge n. 1078 del 1940, il reclamo alla Corte di appello
si sarebbe dovuto considerare soggetto ai termini contemplati dall’art. 739 c.p.c. (in materia
di procedimento camerale) e non al regime ed ai termini delle impugnazioni in via ordinaria,
ragion per cui sia il reclamo principale che quello incidentale erano da dichiararsi
inammissibili per inosservanza del termine di dieci giorni di cui al citato art. 739 del codice
di rito civile.
Avverso il suddetto decreto di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione Uggini
Mario Carmelo, articolato in due motivi, in relazione al quale si è costituita con
controricorso in questa sede la sola intimata Uggini Olimpia Iolanda, mentre gli altri intimati
non hanno svolto attività difensiva. I difensori di entrambe le parti costituite hanno anche
depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c. .

MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
— la nullità del procedimento e della sentenza in relazione agli artt. 158 e 70 c.p.c.,
formulando, al riguardo, in virtù dell’art. 366 bis c.p.c. (“ratione temporis” applicabile nella
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l’adita Corte di appello di Potenza, con decreto depositato il 19 ottobre 2006, dichiarava

fattispecie, risultando il decreto impugnato pubblicato il 19 ottobre 2006), il seguente
quesito di diritto: “in tema di assegnazione di terre di riforma fondiaria (nel caso in cui
l’assegnatario sia deceduto) e relativa al subingresso nel rapporto di assegnazione, la
controversia rivolta all’individuazione, fra i discendenti in linea retta, del soggetto cui spetti
detto ingresso, secondo la previsione dell’art. 7 della legge n. 379 del 1967, richiamante

P. M.? Tale mancata partecipazione rileva sotto il profilo della nullità del procedimento e
della sentenza? La stessa è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado?”.
2. Con il secondo motivo il ricorrente ha denunciato — ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3,
c.p.c. – la violazione o falsa applicazione dell’art. 325 c.p.c. in relazione all’inapplicabilità,
nel caso di specie, del termine breve di cui all’art. 739, comma 2, c.p.c. . Con riferimento a
tale doglianza risulta prospettato il seguente quesito di diritto:”dica

la Corte se la

controversia instaurata dinanzi al Tribunale competente ai sensi dell’art. 7 della legge 29
maggio 1967, n. 379, diretta alla designazione dell’erede subentrante nel rapporto di
assegnazione e alla tacitazione degli eredi esclusi, è soggetta al rito camerale, ma il
provvedimento che la conclude avente carattere decisorio, in quanto statuisce, nel
contraddittorio degli interessati, su posizioni di diritto soggettivo inerenti alla successione
nella posizione dell’assegnatario defunto, è impugnabile nel termine ordinario di trenta
giorni di cui all’art. 325 c.p.c. (nella specie rispettato) o nel termine breve di dieci giorni di
cui all’art. 739, comma 2, c.p.c.?”.
3. Rileva il collegio che — per una evidente ragione di priorità logico-giuridica — deve
essere esaminata per prima la seconda censura proposta, siccome attinente alla
pregiudiziale questione dell’ammissibilità o meno del reclamo proposto dinanzi alla Corte
di appello di Potenza e, quindi, all’individuazione del regime impugnatorio del decreto
emesso in primo grado nei procedimenti disciplinati dal rito previsto dall’art. 7 della legge
n. 379 del 1967.
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l’art. 7 della legge 3 giugno 1940, n. 1078, necessita della partecipazione obbligatoria del

La doglianza è infondata e deve, pertanto, essere rigettata.
Non è discusso, nella giurisprudenza di questa Corte (v., ad es., Cass. n. 9529 del 1987 e
Cass. n. 9849 del 2005), che la controversia instaurata dinanzi al tribunale competente ai
sensi dell’art. 7 della legge 29 maggio 1967 n. 379, diretta alla designazione dell’erede
subentrante nel rapporto di assegnazione ed alla tacitazione degli eredi esclusi, è soggetta

statuisce, nel contraddittorio degli interessati, su posizioni di diritto soggettivo inerenti alla
successione nella posizione dell’assegnatario defunto.
Tuttavia, secondo il condivisibile indirizzo univoco della stessa giurisprudenza, è stato
rimarcato che

la suddetta controversia, pur sfociando nell’emissione di un

provvedimento avente natura decisoria e suscettibile di passare in giudicato,
rimane, in ogni caso, assoggettata, sul piano del rito, all’osservanza delle
disposizioni relative al procedimento camerale (v. Cass., S.U., n. 3794 del 1980 e, da

ultimo, Cass. n. 19498 del 2011).
Pertanto, sulla base di tale presupposto, è stato inequivocabilmente chiarito (v., per tutte,
Cass. n. 3172 del 1988) che, in tema di assegnazione di terre di riforma fondiaria, nel
caso in cui l’assegnatario sia deceduto prima del riscatto senza designare l’erede
destinato a subentrargli nel rapporto di assegnazione, la controversia rivolta alla
individuazione fra i discendenti in linea retta dell’assegnatario del soggetto cui
spetti detto subingresso – secondo la previsione dell’art. 7 legge 29 maggio 1967 n.
379 – è regolata dal rito camerale, stante l’implicito richiamo, contenuto nella citata
norma, al disposto dell’art. 7 legge 3 giugno 1940 n. 1078, sicché il reclamo alla
Corte di appello avverso il provvedimento reso in primo grado è soggetto ai termini
previsti dall’art. 739 c.p.c. e non al regime ed ai termini delle impugnazioni in via
ordinaria.

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al rito camerale, ma il provvedimento che la conclude ha carattere decisorio in quanto

A tale principio si è correttamente uniformata la Corte lucana con il decreto impugnato in
questa sede (che, perciò, non merita censura), avendo, per l’appunto, ritenuto che il
reclamo al giudice di secondo grado era soggetto ai termini previsti dall’art. 739 c.p.c. e
non al regime ed ai termini delle impugnazioni ordinarie.
Tale approdo trova conforto anche nella giurisprudenza costituzionale (cfr. Corte cost. n.

comma primo e secondo, Cost. – la questione di legittimità costituzionale degli artt. 5, 6 e 7
della legge 3 giugno 1940, n. 1078, in quanto richiamati dall’art. 4, comma primo, della
legge 29 maggio 1967, n. 379, e dall’art. 10, comma secondo, della legge 30 aprile 1976,
n. 386, nonché dall’art. 7, comma terzo, della legge n. 379 del 1967, nella parte in cui
prevedono l’adozione del rito camerale per la designazione del successore o del
subentrante all’assegnatario defunto. A tal proposito si è affermato che l’esercizio del
diritto di difesa può essere modulato dalla legge in relazione alle peculiari esigenze dei
vari procedimenti speciali, purché ne vengano assicurati lo scopo e la funzione, con la
conseguenza che non è, di per sé, idonea a frustrare tale diritto la previsione del rito
camerale per la composizione dei conflitti di interesse mediante provvedimenti decisori,
pervenendosi anche ad asserire (v., ad es., in ordine ad altro tipo di procedimento
camerale, Corte cost. n. 543 del 1989) che l’introduzione del rito camerale deve intendersi
esteso all’intero giudizio di secondo grado (con la correlata applicabilità anche della
disciplina impugnatoria speciale propriamente prevista dal citato art. 739 c.p.c., pure con
riferimento all’individuazione dei termini da rispettare per la proponibilità del reclamo).
Per effetto del rigetto della seconda riportata censura (attinente alla richiamata questione
pregiudiziale) deve ritenersi il conseguente assorbimento del primo motivo, siccome, per
l’appunto, superato logicamente dalla rilevata infondatezza della doglianza riguardante la
dichiarata inammissibilità del reclamo formulato dal ricorrente (osservandosi, peraltro, che
anche tale censura sarebbe stata, in ogni caso, priva di pregio giuridico, poiché — per
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103 del 1985), la quale ha, infatti, considerato infondata – in riferimento agli artt. 3 e 24,

consolidata giurisprudenza di questa Corte — nel procedimento in discorso, ai fini della
eventuale audizione del P.M., è sufficiente che egli sia informato dell’introduzione del
procedimento e messo in condizione di parteciparvi, senza che siano obbligatorie la sua
presenza alle udienze e la formulazione delle relative conclusioni, essendo tale scelta
rimessa alla determinazione del relativo ufficio, senza conseguenze sulla ritualità del

4. In definitiva, alla stregua delle esposte ragioni, il ricorso deve essere integralmente
respinto, con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
presente giudizio in favore della controricorrente, che si liquidano nei sensi di cui in
dispositivo sulla scorta dei nuovi parametri previsti per il giudizio di legittimità dal D.M.
Giustizia 20 luglio 2012, n. 140 (applicabile nel caso di specie in virtù dell’art. 41 dello
stesso D.M.: cfr. Cass.,

s.y.,

n. 17405 del 2012).

Stante la mancata costituzione in questa sede degli altri intimati non bisogna adottare
alcuna pronuncia sulle spese con riferimento ai rapporti processuali involgenti gli stessi
intimati e il ricorrente.
Non ricorrono, invece, le condizioni per l’accoglimento dell’istanza — proposta
nell’interesse della controricorrente — per la condanna al risarcimento da lite temeraria,
non emergendo che il ricorrente abbia agito con mala fede o colpa grave e considerandosi
che in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sé
rimproverabile (v., ad es., Cass. n. 21570 del 2012, ord.).

P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della
controricorrente, delle spese del presente giudizio, che si liquidano in complessivi euro
2.200,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori nella misura e sulle voci come per
legge.
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procedimento stesso: v., da ultimo, Cass. n. 19498 del 2011).

Rigetta l’istanza di condanna per responsabilità aggravata da lite temeraria avanzata
nell’interesse della controricorrente.

Così deciso nella camera di consiglio della 2″ Sezione civile in data 27 marzo 2013.

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