Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13855 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. I, 07/07/2016, (ud. 21/04/2016, dep. 07/07/2016), n.13855

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Mauro – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 19611/2011 proposto da:

V.A., (C.F. (OMISSIS)), elettivamente domiciliato

in ROMA, VIA TACITO 50, presso l’avvocato PAOLO IORIO, che lo

rappresenta e difende, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

C.E., (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA CATONE 21, presso l’avvocato ENZO

PROIETTI, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ALBERTO LUPPI, giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 702/2010 della CORTE D’APPELLO di BRESCIA,

depositata il 24/08/2010;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/04/2016 dal Consigliere Dott. LOREDANA NAZZICONE;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato E. MAZZOLA, con delega, che ha

chiesto l’accoglimento del ricorso; udito, per il controricorrente,

l’Avvocato E. PROIETTI che si riporta;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. DE

AUGUSTINIS Umberto, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Corte d’appello di Brescia con sentenza del 24 agosto 2010 ha respinto l’impugnazione avverso la decisione del Tribunale della stessa città, la quale aveva accolto l’opposizione a Decreto Ingiuntivo proposta da C.E. contro V.A., decreto che recava condanna del primo al pagamento della somma di Lire 415.207.000 a titolo di restituzione di un prestito concessogli dal secondo.

Premesso che non erano ammissibili le nuove produzioni documentali in appello per carenza del requisito della indispensabilità, la corte territoriale ha, quindi, ritenuto non provata la conclusione di un contratto di mutuo tra il V. ed il C.. Il preteso mutuante, invero, non ha assolto all’onere, sul medesimo gravante, di provare detto contratto, posto che gli assegni a tal fine prodotti in giudizio dall’ingiungente sono tratti sul conto corrente della Multipress s.r.l., di cui il C. è legale rappresentante, mentre le parti comunque hanno concordemente affermato l’avvenuta emissione di tali assegni a scopo di garanzia, non per la restituzione della somma mutuata.

Nè la prova del contratto di mutuo si trae, secondo la corte del merito, da altri assegni, stavolta emessi da V.A. a favore di C.E., perchè l’astrattezza dei medesimi non ne permette la riconduzione ad un contratto di mutuo.

Avverso questa sentenza propone ricorso il soccombente, affidato a due motivi.

Resiste con controricorso l’intimato, il quale produce altresì la memoria di cui all’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. – Con il primo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione del R.D. 21 dicembre 1933, n. 1736, art. 31, oltre al vizio di motivazione sotto ogni profilo, perchè il patto di garanzia nel rilascio di assegni bancari è nullo e su di esso non può fondarsi la ritenuta mancata prova del contratto di mutuo; si tratta, inoltre, della concorde allegazione non di un fatto, ma di una valutazione delle parti; mentre la circostanza che gli assegni emessi in restituzione del mutuo fossero tratti su conto corrente della Multipress s.r.l., e non del mutuatario in proprio, non tolgono che proprio quest’ultimo fosse il contraente.

Con il secondo motivo, deduce la violazione e la falsa applicazione dell’art. 345 c.p.c., oltre al vizio di motivazione sotto ogni profilo, perchè la corte d’appello non ha disposto l’acquisizione dei verbali istruttori relativi a procedimento penale per calunnia a carico del C., nei quali emergeva che la somma fu versata dal V. al C. in proprio.

2. – Il primo motivo è inammissibile.

La domanda di restituzione della somma mutuata, proposta da V. A. contro C.E., è stata respinta dal giudice di merito per la ritenuta mancata prova del rapporto fatto valere in giudizio, motivata – fra l’altro – con l’avvenuta emissione degli assegni da parte non del presunto mutuatario, ma di società a responsabilità limitata.

A fronte di tale radicale affermazione, che impinge in profili squisitamente di merito, resta irrilevante il motivo proposto, volto a censurare il fatto secondario della qualificazione dell’emissione degli assegni – posti a fondamento del ricorso monitorio – come avvenuta a scopo di garanzia: posto che si tratta di motivazione ulteriore, la quale meramente si aggiunge all’autonoma ratio decidendi, costituita dalla inconferenza probatoria dei titoli in ragione dell’emissione da parte di soggetto terzo.

3. – Il secondo motivo è infondato.

La corte territoriale ha dichiarato priva del requisito dell’indispensabilità l’acquisizione di nuovi documenti in appello, con giudizio che resta insindacabile in questa sede, tenuto conto che, nella specie, si chiedeva al giudice d’appello di acquisire verbali di testimonianze rese nel giudizio penale, in luogo che esperire la prova diretta in giudizio.

A ciò si aggiunga che, dunque, non di prova documentale in senso proprio si trattava, ma di verbali di altro procedimento, qualificabili come prova atipica, la cui stessa ammissione in giudizio è tanto più rimessa interamente alle valutazioni discrezionali del giudice.

4. – Le spese di lite seguono la soccombenza.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite, liquidate in Euro 8.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie ed agli accessori, come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 21 aprile 2015.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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