Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13853 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 13853 Anno 2013
Presidente: GOLDONI UMBERTO
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 10499-2007 proposto da:
CALABRESE VITO CLBVTI47B11F104M, NELLA QUALITA’ DI
EREDE DI CALABRESE GAETANO, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA SANT’AGATONE PAPA 50, presso lo studio
dell’avvocato MELE CATERINA, che lo rappresenta e
difende unitamente all’avvocato SCALAMBRINO PASQUALE;
– ricorrente contro

FOSSATI

MASSIMO

FSSMSM62R13F704N,

elettivamente

domiciliato in ROMA, LUNGOTEVERE MARZIO 3, presso lo
studio dell’avvocato VAIANO DIEGO, che lo rappresenta

Data pubblicazione: 31/05/2013

e difende unitamente all’avvocato SANTAMARIA BRUNO;
– controricorrente nonchè contro

FOSSATI GIUSEPPINA IN PROPRIO E NELLA QUALITA’ DI

ERE hg DI FOSSATI ARTURO, NONCHE’ CRIPPA FRANCESCO,

FOSSATI LUIGIA, CRIPPA GIUSEPPE, FOSSATI ANGELO QUALI
EREDI DI FOSSATI ARTURO;
– intimati –

avverso la sentenza n. 395/2006 della CORTE D’APPELLO
di MILANO, depositata il 16/02/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 26/03/2013 dal Consigliere Dott. LAURENZA
NUZZO;
udito

l’Avvocato BARBATO Adriano,

con delega

depositata in udienza dell’Avvocato MELE Caterina,
difensore del ricorrente che si riporta agli atti e
chiede accoglimento;
udito l’Avvocato Donella RESTA con delega depositata
in udienza dell’Avvocato Diego VAIANO, difensore del
resistente che si riporta agli atti depositati e alla
memoria;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha concluso
per inVAo a regolarizzare la legittimazione attiva e
passiva ai sensi artt.110 e 182 cpc.

FOSSATI GIOVANNI MARIO, FOSSATI GIOVANNI FLAVIO,

Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato il 24.2.1997, Massimo,
Giuseppina ed Arturo Fossati, quest’ultimo rappresentato

zi al Pretore di Monza, Gaetano Calabrese, chiedendone
la condanna al rilascio della porzione di terreno, sito in
Monza, via Nicodemi n. 9, contraddistinto col mappale n.
152, fg. 84 in quanto occupata abusivamente dal convenuto, oltre al risarcimento dei danni.
Si costituiva in giudizio il Calabrese ed, in via riconvenzionale, chiedeva accertarsi il proprio acquisto per
usucapione di detta porzione di terreno e, in subordine,
chiedeva la condanna degli attori al pagamento delle migliorie ed addizioni apportatevi.
Con sentenza 15.4.2002 il Tribunale di Monza, affermava che gli attori avevano modificato i fatti costitutivi
delle loro domande, per avere, in corso di causa, posto
a fondamento della pretesa la scadenza del contratto di
locazione e l’occupazione dell’immobile dal 1994 mentre in citazione

avevano fatto riferimento all’occupa-

zione sine titulo “ah origine”; dichiarava, quindi.
nammissibili le domande stesse e respingeva, per mancanza di prova, la domanda riconvenzionale del convenuto; compensava integralmente fra le parti le spese processuali. Il Calabrese proponeva appello cui resisteva so-

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dal tutore Franco Cucchi,convenivano in giudizio, innan-

lo Massimo Fossati che, con appello incidentale, chiedeva la condanna dell’appellante al rilascio del terreno ed
al risarcimento dei danni.

di Milano, in

riforma della sentenza di primo gra-

do,respingeva l’appello principale e condannava il Calabrese al rilascio della porzione di terreno in questione,
compensando fra le parti anche le spese del grado.
Osservava la Corte di merito, per quanto ancora interessa
nel presente giudizio,che dalla documentazione inerente
i giudizi promossi dai Fossati per li- ottenere il rilascio
delle porzioni di terreno dai rispettivi coltivatori, emergeva che il Calabrese, nei primi anni ottanta, quando ancora non era decorso il termine “ad usucapionem”, aveva
coltivato uno dei lotti in cui era ripartita l’intera area,
circostanza risultante pure dagli accertamenti della USL
e dalla deposizione del teste Bussola; rilevava che dal
rigetto

della

domanda

di

usucapione

conseguiva

l’accoglimento della domanda di rilascio dell’orto occupato “sine titulo” dal Calabrese ed escludeva che i Fossati avessero mutato la domanda, per avere solo precisato
il periodo di inizio ed il motivo della precedente detenzione da parte del Calabrese.
Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso Calabrese Vito, nella qualità di erede di Calabrese Gaetano,

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Con sentenza depositata il 16.2.2006 la Corte d’Appello

formulando quattro motivi con i relativi quesiti di diritto, ex art. 366 bis c.p.c.
Resist{Con controricoso Massimo Fossati; Fossati Giu-

gelo,Fossati Giovanni Flavio, Fossati Gianni Mario, Fossati Luigia, cui è stato notificato il ricorso quali eredi
di Fossati Arturo, non hanno svolto attività difensiva.
Le parti hanno depositato memoria illustrativa ex art.
378 c.p.c.
Motivi della decisione
Il ricorrente deduce:
1)violazione e/o falsa applicazione delle norme in materia di litisconsorzio necessario ed usucapione, in relazione agli artt. 102 c.p.c. e 1158 c.c.; il terreno in contestazione risultava essere in comproprietà di Crippa Francesco, Crippa Giuseppe, Fossati Angelo, Fossati Arturo,
Fossati Gianni Mario, Fossati Giovanni Fulvio, Fossati
Giuseppina, Fossati Luigia, Fossati Massimo, Mussi Marzio, Fossati Giovanni, Fossati Ercolina e Fossati Maria,
sicché si sarebbe dovuto integrare il contraddittorio nei
confronti di tutti i comproprietari in danno dei quali sarebbe intervenuta l’usucapione;
2) violazione e/o falsa applicazione delle norme e dei
principi in tema di domanda nuova e, in particolare, degli
artt. 163,183,184 e 189 c.p.c.; omessa insufficiente e

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seppina, Crippa Francesco, Crippa Giuseppe,Fossati An-

contraddittoria motivazione su un punto decisivo della
controversia concernente la domanda ed i fatti nuovi;
solo a seguito della domanda riconvenzionale di usuca-

sati avevano mutato i fatti costitutivi posto a fondamento della loro pretesa, sostenendo che il Calabrese avrebbe, dal 1967 al 1994, pagato un canone di affitto, così introducendo, in sede di precisazione delle conclusioni, una domanda nuova di condanna al risarcimento del
danno patito dal 1994, per mancanza, da tale data, di
un titolo e/o diritto di possesso o godimento contrattuale; gli attori non avevano,in citazione, fatto alcun riferimento alla esistenza di un contratto di affitto sicché
la motivazione della sentenza impugnata, laddove aveva
escluso la “mutati° libelli” con riferimento al nuovo
fatto addotto ( contratto di affitto ), era insufficiente e
contraddittoria;
3)violazione e/o falsa applicazione delle norme e dei
principi in materia di possesso, usucapione, locazioneaffitto, onere della prova e presunzioni semplici, con
particolare riferimento agli artt. 1140, 1141, 1158, 1571,
1615, 2697 e 2729 c.c.; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione alla stipula di un contratto di affitto; la Corte di merito aveva escluso l’usucapione del

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pione del terreno proposta dal convenuto, gli attori Fos-

diritto di proprietà del terreno in quanto la provata e
protratta detenzione del terreno non era dimostrativa
dell’elemento psicologico richiesto,non tenendo conto

potere di fatto sulla cosa ed affermando che incombeva
sui proprietari attori l’onere di provare gli atti di tolleranza o i titoli giustificativi della detenzione, quali
l’affitto, la locazione o il comodato;nella specie la sussistenza degli elementi necessari ai fini del possesso utile per l’usucapione della proprietà, derivava, soprattutto, dal fatto che il Calabrese avesse recintato e chiuso
con un cancelletto il proprio terreno per escludere f terzi, senza che gli attori avessero mai avanzato pretese
sulla porzione di terreno in questione; la stessa controparte,nell’atto di citazione, aveva affermato che la recinzione precaria in legno, rete ed arbusti era stata effettuata dal Calabrese, mentre la Corte di appello aveva ricondotto la recinzione del terreno alla volontà dispositiva del proprietario, affermando l’esistenza di un contratto di locazione o affitto, pur in difetto di prova sulla pattuizione di un canone e del relativo pagamento,
elementi essenziali, ai sensi degli artt. 1571 e 1615 c.c.,
per la sussistenza di tali contratti;
4)violazione e falsa applicazione delle norme e dei principi in materia di indennità per migliorie apportate dal

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della presunzione di possesso in favore di chi esercita il

possessore e del relativo diritto alla ritenzione e, in particolare, degli artt. 1140,1141,1150 e 1152 c.c.; omessa,
insufficiente, contraddittoria motivazione su un punto

la Corte d’appello aveva ritenuto non provato il possesso e le migliorie, non considerando che dalle prove testimoniali emergeva che il terreno era stato bonificato e
coltivato.
Il ricorso è infondato.
In ordine al primo motivo si osserva che se pure il difetto di contraddittorio per omessa citazione di un litisconsorte necessario è deducibile in ogni stato e grado
del giudizio e, quindi, anche in cassazione, tuttavia, la
parte che eccepisce la non integrità del contraddittorio
ha l’onere non solo di indicare le persone che debbono
partecipare al giudizio quali litisconsorti necessari e di
provarne l’esistenza, ma anche quello di precisare, se
l’eccezione sia proposta per la prima volta in sede di legittimità(come avvenuto nella specie), gli atti del giudizio dai quali dovrebbe trarsi la prova dei presupposti
di fatto che giustificano l’integrazione stessa ( Cass. n.
11415/2003; n. 10649/2004), dovendosi escludere che,
a tal fine, possano essere valutate nuove prove ovvero
che sia ammissibile lo svolgimento di ulteriori attività
precluse nel giudizio di cassazione.

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decisivo della controversia( relativo alle migliorie);

Nella specie il ricorrente fa riferimento a documenti inidonei a verificare che il terreno oggetto di causa fosse in comunione con altri e che non fosse stato, invece,

loro coltivazione da parte dei singoli coltivatori, come
pure ritenuto dalla Corte di appello.
La seconda censura reitera la questione sulla novità della
domanda, già esaminata nella sentenza impugnata, laddove è stato evidenziato che quanto specificato dal Fossati, con la memoria, ex art. 170 c.p.c., sul fatto che
il Calabrese avesse versato “un canone d’affitto” dal
1967 al 1994, interrompendo successivamente i pagamenti e “continuando, tuttavia, ad occupare abusivamente

il terreno in questione”, costituiva una mera precisa-

zione, sotto il profilo temporale, della domanda originaria degli attori, essendone rimasta immutata la “causa
pretendi”( occupazione abusiva) ed il “petitum”( rilascio
del fondo). Tale motivazione è del tutto corretta e rispondente al principio giurisprudenziale secondo cui si
ha ” mutatio libelli” quando si avanzi una pretesa obiettivamente diversa da quella originaria, introducendo nel
processo un “petitum” diverso oppure una “causa petendi” fondata su un fatto costitutivo radicalmente differente ( ex plurimis Cass. n. 17457/2009).
Con il terzo motivo viene censurata la ricostruzione dei

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frazionato in porzioni autonome dal proprietario per la

fatti e la valutazione delle prove , effettuata dal giudice
di appello in ordine all’accertamento che il Calabrese
avesse coltivato uno degli orti in cui era suddivisa la

vendo egli “la mera detenzione della porzione d’orto da
lui coltivata in virtù di accordo in tal senso”. Nella specie non è dato ravvisare le violazioni di legge (iU:a
ed il vizio di motivazione lamentat i , avendo la Corte territoriale indicato le ragioni del proprio convincimento
anche in ordine alla inapplicabilità della presunzione di
possesso in favore del Calabrese, avuto riguardo alle
prove acquisite. Il ricorrente, infatti, si è limitato ad
opporre un inammissibile diverso apprezzamento soggettivo delle prove e dei fatti, in contrasto con il principio che preclude alla Corte di cassazione di riesaminare e valutare il merito della causa, spettando alla stessa
solo il compito o di controllare, sotto il profilo logico
formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione operata dal giudice di merito cui è riservato di
individuare le fonti del proprio convincimento e di controllare l’attendibilità e la concludenza delle prove
(Cass.n.1653112006; n.7394/2010).
Riguardo alla quarta doglianza è sufficiente rilevare
che il giudice di appello, una volta escluso che il Calabrese avesse la qualifica di possessore del fondo, ha cor-

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proprietà, quanto meno, per tolleranza del dominus, a-

rettamente disatteso la pretesa al diritto di ritenzione
ed all’indennità per migliorie , ex artt. 1150 e 1152 c.c.,
in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo

suscettibile di applicazione analogica e, quindi,compete
solo al possessore e non anche al detentore
(Cass.18651/2004;n.12342/2002;n. 9548/2005).
Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, va rigettato.
Consegue la condanna del ricorrente al pagamento, in
favore dei controricorrenti costituiti, delle spese processuali del giudizio di legittimità, liquidate come dia dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento, in favore dei controricorrenti costituiti, delle
spese processuali del giudizio di legittimità che si liquidano in € 2.700,00 di cui € 200,00 per esborsi oltre
accessori di legge,
Così deciso in Roma il 26.3.2013

cui tale norma, per il suo carattere eccezionale, non è

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