Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13852 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. VI, 20/05/2021, (ud. 02/07/2020, dep. 20/05/2021), n.13852

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. CIGNA Mario – Consigliere –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. POSITANO Gabriele – rel. Consigliere –

Dott. VALLE Cristiano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9262-2018 proposto da:

DOMADOR SRL, in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GUGLIELMO MENGARINI 88,

presso lo studio dell’avvocato CARLA SILVESTRI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato MICHELA CORNACCHIA;

– ricorrente –

Contro

B.L., B.E., B.C., elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA LUDOVISI 35, presso lo studio dell’avvocato

MARIO GIUSEPPE RIDOLA, che li rappresenta e difende unitamente

all’avvocato FRANCO CECCON;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 270/2018 della CORTE D’APPELLO di TORINO,

depositata l’08/02/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di Consiglio non

partecipata del 02/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. POSITANO

GABRIELE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con atto di citazione del 6 novembre 2014, Domador s.r.l. evocava in giudizio, davanti al Tribunale di Verbania, E., C. e B.L. esponendo di avere stipulato con B.M.E., dante causa dei convenuti, un contratto preliminare di compravendita di un immobile e di avere corrisposto al venditore B. un acconto dell’importo di Euro 400.000 in vista della stipulazione del contratto definitivo, fissato per la data del 30 aprile 2009. Ma con atto di citazione del 7 aprile 2009, B.M. aveva chiesto al Tribunale di Verbania la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento di Domador s.r.l, che si era costituita chiedendo il rigetto della domanda e spiegando domanda riconvenzionale per ottenere il trasferimento dell’immobile ai sensi dell’art. 2932 c.c., previo pagamento del residuo prezzo;

con sentenza dell’8 aprile 2011 il Tribunale rigettava la domanda di risoluzione ed accoglieva quella riconvenzionale. La sentenza era impugnata da parte di B. e il gravame è proseguito dagli eredi, stante il decesso di B.M.E. nel corso giudizio di appello. La Corte territoriale con sentenza del 29 maggio 2014 confermava la decisione di primo grado;

pertanto, a seguito di quella pronuncia, in data 26 settembre 2014 Domador s.r.l. e E., C. e B.L. concludevano il contratto definitivo, con il pagamento del residuo prezzo di Euro 600.000 da parte dell’acquirente Domador s.r.l.;

tutto ciò premesso, quest’ultima società chiedeva ai convenuti il pagamento della somma di Euro 41.293,15 quale importo corrispondente agli interessi legali maturati a favore dei B., che avrebbero usufruito di tale somma dal 23 aprile 2009, data in cui avrebbe dovuto essere stipulato il contratto definitivo, fino alla data del 26 settembre 2014, giorno della compravendita definitiva;

si costituivano i convenuti chiedendo il rigetto della domanda e invocando l’esistenza di una giusta causa di ritenzione delle somme;

il Tribunale di Verbania con sentenza del 9 febbraio 2016, emendata da errore materiale il 12 aprile 2016, accoglieva la domanda ritenendo sussistente l’ipotesi di arricchimento senza causa;

avverso tale decisione proponevano appello i B. lamentando che il primo giudice non aveva pronunziato sulle eccezioni proposte, che vi era una giusta causa di ritenzione della somma e che non era stata valutata la natura residuale dell’azione di indebito arricchimento, aggiungendo che, nell’atto notarile del 26 settembre 2014, le parti avrebbero concordemente stabilito di definire l’intera controversia con esclusione di ogni ulteriore danno. Si costituiva Domador s.r.l. che chiedeva la conferma della pronunzia di primo grado;

la Corte d’Appello di Torino, con sentenza dell’8 febbraio 2018, in accoglimento della impugnazione rigettava la domanda proposta da Domador s.r.l. rilevando che proprio la domanda riconvenzionale di adempimento in forma specifica, ai sensi dell’art. 2932 c.c. costituiva la causa giuridica della dazione e, pertanto, escludeva la sussistenza del presupposto della domanda di arricchimento senza causa;

avverso tale decisione propone ricorso per cassazione Domador s.r.l. affidandosi a un unico motivo. Resistono con controricorso E., C. e B.L..

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il ricorso si deduce la violazione dell’art. 2041 c.c., nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. La Corte d’Appello avrebbe errato nel ritenere irrilevante la domanda di risoluzione del contratto preliminare proposta dai B. ai sensi dell’art. 1453 c.c. in quanto sarebbe stata proprio la strumentale richiesta di risoluzione del contratto preliminare proposta e respinta per ben due gradi di giudizio, a consentire l’indebita ritenzione della somma di Euro 400.000 per oltre cinque anni;

preliminarmente va integrata la decisione adottata dal giudice di appello che correttamente ha rigettato la domanda proposta dalla società Domador. Ritiene, invero, il collegio che, rispetto alle domande azionate nel precedente giudizio, dal quale prende l’abbrivio quello attualmente pendente tra le parti, la richiesta di rimborso dei frutti civili maturati sulla somma di Euro 400.000 versata a titolo di acconto, si presta a essere alternativamente qualificata o come domanda di risarcimento danni da attività processuale, o come domanda volta al risarcimento dei danni patiti in ragione della tardiva stipulazione del contratto definitivo;

orbene, sotto entrambi i profili trattasi di domanda la cui azionabilità deve ritenersi preclusa o in applicazione del principio della non azionabilità in via autonoma della richiesta di danni da responsabilità processuale, in ragione del divieto di frazionamento delle domande;

a prescindere da ciò, la censura dedotta ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, per l’omesso esame di un fatto decisivo è inammissibile poichè la ricorrente non individua alcun fatto storico, tale non potendosi certamente considerare la valenza giuridica della domanda ex art. 1453 c.c. e ciò, sia perchè l’art. 360 c.p.c., n. 5, si riferisce a un fatto storico, sia perchè la rilevanza dell’azione di risoluzione è stata espressamente presa in esame dalla Corte d’Appello di Torino;

quanto alla violazione dell’art. 2041 c.c., secondo la ricorrente, l’errore della Corte torinese sarebbe stato quello di non prendere in considerazione la domanda di risoluzione del contratto preliminare, nel momento in cui, in applicazione dell’art. 2041 c.c., ha valutato la sussistenza o meno di una giusta causa per la ritenzione prolungata delle somme;

il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato. Inammissibile perchè la censura non è specifica. La tesi del ricorrente presuppone una diversa azione, che si fonda sull’esame degli effetti del contratto preliminare. Effetti che, da un lato, sono stati presi in esame nel precedente giudizio con riferimento all’azione di risoluzione e che, dall’altro, sono stati già valutati con riferimento alla richiesta di esecuzione in forma specifica ai sensi dell’art. 2932 c.c.;

ma la decisione impugnata fonda la pretesa per il pagamento dei frutti della somma indebitamente trattenuta per oltre cinque anni sul disposto dell’art. 2041 c.c., quale arricchimento senza causa. Il motivo, invece, non si confronta con tale impostazione, che non viene contrastata nei suoi presupposti giuridici;

ne consegue che il ricorso deve essere rigettato; le spese del presente giudizio di cassazione – liquidate nella misura indicata in dispositivo – seguono la soccombenza. Infine, tenuto conto del tenore della decisione, mancando ogni discrezionalità al riguardo (Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) va dichiarato che sussistono i presupposti processuali per il pagamento del doppio contributo se dovuto.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese in favore della controricorrente, liquidandole in Euro 4.100,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.

Sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sesta Sezione Civile-3, il 2 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

 

 

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