Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1385 del 26/01/2010

Cassazione civile sez. trib., 26/01/2010, (ud. 20/10/2009, dep. 26/01/2010), n.1385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. VIRGILIO Biagio – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 16354-2008 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore Generale pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende, ope

legis;

– ricorrente –

contro

ISTITUITO IL BALUARDO SPA, in persona dell’amministratore delegato e

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA DEI MONTI PARIOLI 48, presso lo studio dell’avvocato MARINI

GIUSEPPE, che la rappresenta e difende, giusta delega a margine del

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 83/2 008 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di GENOVA del 6/12/07, depositata il 21/02/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2009 dal Consigliere e Relatore Dott. LUIGI ALESSANDRO SCARANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO

Considerato che è stata depositata in cancelleria relazione del seguente tenore:

“Con sentenza del 21/2/2008 la Commissione Tributaria Regionale della Liguria respingeva il gravame interposto dall’Agenzia delle entrate Genova (OMISSIS) nei confronti della pronunzia della Commissione Tributaria Provinciale di Genova di accoglimento dell’impugnazione spiegata dalla contribuente società Istituto Il Baluardo s.p.a. in relazione ad avviso di diniego di rimborso dell’importo versato a titolo di I.V.A. per l’anno d’imposta 1991.

Avverso la suindicata sentenza del giudice dell’appello l’Agenzia delle entrate propone ora ricorso per cassazione, affidato ad unico motivo con il quale denunzia violazione e falsa applicazione della L. n. 212 del 2000, art. 12, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

Resiste con controricorso la società Istituto Il Baluardo s.p.a..

Il ricorso dovrà essere ritenuto inammissibile, in applicazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, art. 366-bis c.p.c. e art. 375 c.p.c., comma 1, n. 5.

L’art. 366-bis c.p.c. dispone infatti che nei casi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4 l’illustrazione di ciascun motivo deve a pena di inammissibilità concludersi con la formulazione di un quesito di diritto (cfr. Cass., 19/12/2006, n. 27130).

Una formulazione del quesito di diritto idonea alla sua funzione richiede allora che con riferimento ad ogni punto della sentenza investito da motivo di ricorso la parte, dopo avere del medesimo riassunto gli aspetti di fatto rilevanti ed avere indicato il modo in cui il giudice lo ha deciso, esprima la diversa regola di diritto sulla cui base il punto controverso andrebbe viceversa risolto.

Il quesito di diritto deve essere in particolare specifico e riferibile alla fattispecie (v. Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36), risolutivo del punto della controversia – tale non essendo la richiesta di declaratoria di un’astratta affermazione di principio da parte del giudice di legittimità (v. Cass., 3/8/2007, n. 17108) -, e non può con esso invero introdursi un tema nuovo ed estraneo (v.

Cass., 17/7/2007, n. 15949).

E’ altresì necessario che l’enunciazione da parte del ricorrente di un principio di diritto diverso da quello posto a base del provvedimento impugnato sia tale da implicare un ribaltamento della decisione assunta dal giudice di merito, sicchè è inammissibile un motivo di ricorso che si concluda con un quesito non corrispondente al contenuto del motivo stesso (v. Cass., 26/11/2008, n. 28280;

Cass., 12/3/2008, n. 6530).

La mancanza di conferenza del quesito di diritto rispetto al deciso (che si ha allorquando anche in ragione della assoluta genericità della relativa formulazione la risposta allo stesso pur positiva per il richiedente risulta priva di rilevanza nella fattispecie in quanto non consente di risolverla: v. Cass., Sez. Un., 21/6/2007, n. 14385;

Cass., Sez. Un., 5/1/2007, n. 36) è invero assimilabile all’ipotesi di mancanza del quesito, a norma dell’art. 366 bis c.p.c., con conseguente inammissibilità del motivo, in applicazione del principio in tema di motivi non attinenti al decisum, nel senso che la proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al decisum della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4, con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio (v. Cass., Sez. Un., 21/6/2007, n. 14385).

Vale per altro verso, osservare che, come questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare e – anche recentemente – di ribadire, il quesito di diritto di cui all’art. 366 bis c.p.c. deve comprendere l’indicazione sia della regula iuris adottata nel provvedimento impugnato, sia del diverso principio che il ricorrente assume corretto e che si sarebbe dovuto applicare in sostituzione del primo, sicchè la mancanza anche di una sola delle due suddette indicazioni rende il ricorso inammissibile, non potendo considerarsi in particolare sufficiente ed idonea la mera generica richiesta di accertamento della sussistenza della violazione di una norma di legge (da ultimo v. Cass., 28/5/2009, n. 12649).

E’ d’altro canto da escludersi la configurabilità di una formulazione del quesito di diritto implicita nella formulazione del motivo di ricorso, avendo Cass., Sez. Un., 26/3/2007, n. 7258 precisato che una siffatta interpretazione si risolverebbe invero nell’abrogazione tacita della norma.

Orbene, nel caso il quesito di diritto risulta formulato in modo difforme rispetto allo schema sopra delineato, in quanto connotato da genericità e mancanza di riferibilità al caso concreto dedotto all’esame della Corte, e pertanto sfornito di collegamento tale da consentire di individuare la soluzione adottata dalla sentenza impugnata e di precisare i termini della contestazione (cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 19/5/2008, n. 12645; Cass., Sez. Un., 12/5/2008, n. 11650; Cass., Sez. Un., 28/9/2007, n. 20360), sicchè esso non consente di poter circoscrivere la pronuncia nei limiti di un accoglimento o un rigetto del quesito medesimo (cfr., da ultimo, Cass., 23/6/2008, n. 17064, a fortiori in presenza di motivo come nella specie carente di autosufficienza.

Il motivo si palesa pertanto privo dei requisiti a pena di inammissibilità richiesti dai sopra richiamati articoli, nella specie applicantisi nel testo modificato dal D.Lgs. 2 febbraio 2006, n. 40, essendo stata l’impugnata sentenza pubblicata successivamente alla data (2 marzo 2006) di entrata in vigore del medesimo riatteso che la relazione è stata comunicata al P.G. e notificata ai difensori delle parti costituite;

rilevato che la ricorrente non ha presentato memoria, nè vi è stata richiesta di audizione in camera di consiglio;

considerato che il P.G. ha condiviso la relazione;

rilevato che a seguito della discussione sul ricorso tenuta nella camera di consiglio il collegio ha condiviso le osservazioni esposte nella relazione;

ritenuto che il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile;

considerato che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2009.

Depositato in Cancelleria il 26 gennaio 2010

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