Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1385 del 19/01/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 19/01/2017, (ud. 06/12/2016, dep.19/01/2017),  n. 1385

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. MOCCI Mauro – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14246/2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del direttore pro tempore

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope

legis;

– ricorrente –

contro

F.G.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

PARIOLI 43, presso lo studio dell’avvocato CARLO LO VETRO,

rappresentato e difeso, dall’avvocato GIUSEPPE TRASARTI, giusta

procura in calce al ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 7093/37/2014 del 24/11/2014 della Commissione

Tributaria Regionale del LAZIO, depositata il 24/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

06/12/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTA CRUCITTI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

L’Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a tre motivi, nei confronti di F.G.F. avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale del Lazio – in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avvisi di accertamento emessi D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38, per gli anni di imposta 2006 e 2007- aveva confermato, rigettandone l’appello, la sentenza di primo grado favorevole alla contribuente.

In particolare, il Giudice di appello riteneva che il redditometro fosse un mezzo di ricostruzione della posizione fiscale del contribuente con valenza di presunzione semplice comportante l’ammissibilità della più ampia prova contraria del soggetto indagato, traendone la conseguenza che tali principi fossero stati applicati dai primi giudici i quali, considerate le controdeduzioni poste dal contribuente agli esiti redditometrici, avevano ritenute veritiere le dichiarazioni dei redditi presentate per gli anni in questione.

Il contribuente resiste con controricorso.

A seguito di deposito di relazione ex art. 380 bis c.p.c., è stata fissata l’adunanza della Corte in Camera di consiglio, con rituali comunicazioni.

Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Con il primo motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata di nullità per motivazione apparente.

Alla luce, anche del recente arresto delle SS.UU. (cfr.sentenza n. 8053/2014), sussiste tale vizio allorquando la motivazione, pur esistendo graficamente, sia meramente “apparente” ovvero ometta di indicare, gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero indica tali elementi senza una approfondita disamina logica e giuridica, rendendo in tal modo impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (cfr. Cass. n. 9113/12; Cass. n. 4448/2014).

E, nella specie, non sussiste il vizio dedotto avendo il Giudice di appello espresso, sia pure sinteticamente, le ragioni di adesione al ragionamento logico giuridico svolto dal primo Giudice.

2. Sono, invece, fondati il secondo ed il terzo motivo di ricorso (con i quali si deduce la violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, art. 115 c.p.c. e art. 2697 c.c.).

2.1. Il D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, disciplina, fra l’altro, com’è noto, il metodo di accertamento sintetico del reddito e, nel testo vigente ratione temporis (cioè tra la L. n. 413 del 1991, e il D.L. n. 78 del 2010, convertito in L. n. 122 del 2010), prevede, da un lato (comma 4), la possibilità di presumere il reddito complessivo netto sulla base della valenza induttiva di una serie di elementi e circostanze di fatto certi, costituenti indici di capacità contributiva, connessi alla disponibilità di determinati beni o servizi ed alle spese necessarie per il loro utilizzo e mantenimento (in sostanza, un accertamento basato sui presunti consumi); dall’altro (comma 5), contempla le “spese per incrementi patrimoniali”, cioè quelle – di solito elevate – sostenute per l’acquisto di beni destinati ad incrementare durevolmente il patrimonio del contribuente. Resta salva, in ogni caso, ai sensi dell’art. 38 cit., comma 6, la prova contraria, consistente nella dimostrazione documentale della sussistenza e del possesso, da parte del contribuente, di redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d’imposta (con riferimento alla complessiva posizione reddituale dell’intero suo nucleo familiare, costituito dai coniugi conviventi e dai figli, soprattutto minori: Cass. n. 5365 del 2014), o, più in generale, nella prova che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cass. nn. 20588 del 2005, 9539 del 2013).

2.2. Con recente pronuncia poi, questa Corte (Cass. 8995/2014 richiamata dalla successiva Cass. n. 25104/2014) ha così chiarito i confini della prova contraria a carico del contribuente, a fronte di un accertamento induttivo sintetico D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 38: “A norma del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, comma 6, l’accertamento del reddito con metodo sintetico non impedisce al contribuente di dimostrare, attraverso idonea documentazione, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente e costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta, tuttavia la citata disposizione prevede anche che “l’entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione”. La norma chiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte), e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacità contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali ulteriori redditi, escludendo quindi che i suddetti siano stati utilizzati per finalità non considerate al fini dell’accertamento sintetico, quali, ad esempio, un ulteriore investimento finanziario, perchè in tal caso essi non sarebbero ovviamente utili a giustificare le spese e/o il tenore di vita accertato, i quali dovrebbero pertanto ascriversi a redditi non dichiarati. Ne la prova documentale richiesta dalla norma in esame risulta particolarmente onerosa, potendo essere fornita, ad esempio, con l’esibizione degli estratti dei conti correnti bancari facenti capo al contribuente, idonei a dimostrare la “durata” del possesso dei redditi in esame; quindi non il loro semplice “transito” nella disponibilità del contribuente”.

2.3. La sentenza impugnata nella valutazione degli elementi forniti dalla contribuente si è discostata dai superiori principi onde sul punto appare meritevole di censura.

3. Ne consegue, in accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso, rigettato il primo, la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio al Giudice di merito affinchè provveda al riesame adeguandosi ai superiori principi e regoli le spese processuali.

PQM

La Corte, in accoglimento del quarto e del quinto motivo di ricorso, rigettati gli altri, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento delle spese, alla composizione.

Così deciso in Roma, il 6 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 19 gennaio 2017

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