Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13849 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, (ud. 11/12/2019, dep. 06/07/2020), n.13849

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. OLIVIERI Stefano – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. CRICENTI Giuseppe – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 23830/2017 proposto da:

D.R., elettivamente domiciliato in ROMA, CORSO TRIESTE,

199, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO FALZETTI,

rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO FONTANA;

– ricorrente –

contro

ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL

LAVORO, (OMISSIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 583/2017 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

11/12/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO OLIVIERI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE Tommaso, che ha concluso per il rigetto;

udito l’Avvocato RICCARDO FONTANA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Il Tribunale di Rimini, con sentenza in data 19.4.2012 n. 506, ha condannato, per violazione della normativa antinfortunistica sul lavoro, D.R. al risarcimento dei danni patiti da C.A., caduto da una impalcatura mentre stava eseguendo lavori di ristrutturazione edilizia di un immobile, nonchè al pagamento della somma di Euro 306.360,25 oltre interessi legali, a favore di INAIL, intervenuto nel giudizio essendosi surrogato nei diritti del danneggiato in relazione alle somme a questi corrisposte. Il Tribunale ha rigettato, invece, la domanda riconvenzionale del D. volta ad accertare il concorso di colpa del danneggiato e di G. & B. s.n.c. in liquidazione, proprietaria dei ponteggi, la quale, senza riconoscere alcuna propria responsabilità per il danno, aveva stipulato un atto di transazione con il C., in virtù del quale al danneggiato era stata erogata una somma a titolo di indennizzo “per eliminare l’alea del giudizio” ed il danneggiato aveva rinunciato, anche ai sensi dell’art. 1311 c.c., “alla parte di credito corrispondente all’eventuale grado di responsabilità che fosse attribuito alla G. e B., o ai soci e loro eredi”.

La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 6.3.2017 n. 583, rilevato che nelle more era intervenuto, anche tra il D. ed il C., atto di transazione a tacitazione di tutte le pretese vantate dal danneggiato e con rinuncia a proseguire il giudizio: a) dichiarava cessata la materia del contendere tra il danneggiato, da un lato, ed il D. e la società G. & B. dall’altro; b) accoglieva parzialmente l’appello principale del D., riconoscendo un concorso di colpa della società, nella misura del 30%, nella causazione del danno; c) rigettava invece l’appello principale del D. e l’appello incidentale della G. & B. s.n.c. intesi a far valere la inammissibilità dell’intervento volontario dell’INAIL e la prescrizione del credito azionato dell’ente pubblico, e condannava entrambi gli appellanti, nei rapporti interni in proporzione alla rispettiva quota di responsabilità, al pagamento in favore dell’ente pubblico, che aveva esercitato il diritto di surroga ex art. 1916 c.c., degli importi che l’INAIL aveva erogato al danneggiato a titolo di indennizzo assicurativo.

La sentenza di appello, non notificata, è stata ritualmente impugnata per cassazione da D.R. con un unico motivo, illustrato da memoria ex art. 378 c.p.c..

Non hanno svolto difese gli intimati INAIL, C.A. e G. & B. s.n.c. in liquidazione, ai quali il ricorso è stato notificato in via telematica in data 6.10.2017 agli indirizzi PEC dei rispettivi difensori.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 101 e 105 c.p.c., impugnando la statuizione della sentenza di appello che ha ritenuto ammissibile l’intervento spiegato dall’INAIL nel corso del giudizio di primo grado – con “atto di intervento volontario” depositato in data 6.7.2011 e volto ad ottenere la condanna dei convenuti “in via di rivalsa e/o surroga” al pagamento delle somme corrisposte a titolo di prestazioni assistenziali rese al danneggiato -, in quanto sarebbero difettati i presupposti della comunanza di “causa petendi” o di “petitum” con la domanda di risarcimento proposta dal C., atteso che l’ente pubblico agiva per il rimborso di somme erogate in base al distinto rapporto assicurativo obbligatorio intrattenuto con il lavoratore infortunato, che trovava fonte direttamente nella legge, sicchè diverso era il titolo ed anche il “petitum” rispetto alla domanda proposta dal danneggiato.

Il ricorso deve essere dichiarato improcedibile.

Il principio di economica dei mezzi processuali e quello di certezza dei rapporti giuridici come definiti dai giudicati impone alla Corte di cassazione di verificare anche di ufficio, in relazione alla causa sottoposta al suo esame, la esistenza di precedenti sentenze emesse dalla stessa Corte, che precludano l’accesso del ricorso al sindacato di legittimità, in applicazione del principio del “ne bis in idem”, per avere già deciso la medesima controversia.

Ed infatti, nel giudizio di cassazione, l’esistenza del giudicato esterno è, al pari di quella del giudicato interno, rilevabile di ufficio anche quando il giudicato si sia formato successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, e, nel caso in cui consegua ad una sentenza della Corte di cassazione, la cognizione di quest’ultima può avvenire pure mediante quell’attività di istituto (relazioni, massime ufficiali, consultazione CED) che costituisce corredo della ricerca del collegio giudicante, in tal senso deponendo il duplice dovere incombente sulla Corte di prevenire il contrasto tra giudicati, in coerenza con il divieto del “ne bis in idem”, e di conoscere i propri precedenti, nell’adempimento del dovere istituzionale derivante dall’esercizio della funzione nomofilattica di cui all’art. 65 dell’ordinamento giudiziario (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 1564 del 24/01/2007; id. Sez. 5. Sentenza n. 14014 del 15/06/2007; id. Sez. U, Sentenza n. 26482 del 17/12/2007; id. Sez. 3, Sentenza n. 4334 del 23/02/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 20802 del 07/10/2010; id. Sez. 5, Sentenza n. 8614 del 15/04/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 30780 del 30/12/2011; id. Sez. L, Sentenza n. 24740 del 04/12/2015; id. Sez. 1 -, Sentenza n. 18634 del 27/07/2017).

Tanto premesso, dalla consultazione del CED è emerso che la identica controversia avente ad oggetto ricorso per cassazione, inscritto al RG n. 23317/2017 e proposto da ” G.M., B.D., G.A., nella loro qualità di ex soci della società estinta a seguito di cancellazione dal Registro Imprese di Rimini in data 22 gennaio 2013 denominata G. & B. SNC in liquidazione”, avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna in data 6.3.2017 n. 583 e nei confronti di INAIL – resistente -, D.R. e C.A. – intimati -, è stata definita da questa Corte Cass. Sez. 6 – 3, con Ordinanza n. 24509 pubblicata in data 01/10/2019 con la quale è stato rigettato il ricorso volto a contestare la inesistenza per intervenuta transazione – tra la società di persone ed il danneggiato -, nonchè per prescrizione, del diritto fatto valere dall’ente pubblico, intervenuto volontariamente in quel giudizio, essendosi surrogato nelle ragioni del C. in seguito alla erogazione delle prestazioni assicurative.

Il giudicato così formatosi anche nei confronti del D. “copre il dedotto ed il deducibile” e dunque non consente di rimettere in discussione la legittimità della costituzione in giudizio dell’ente assistenziale intervenuto, trattandosi di questione che ha costituito oggetto di accertamento implicito contenuto nella sentenza passata in giudicato.

Non osta alla preclusione del giudicato esterno la tempestività e ritualità del ricorso per cassazione proposto dal D..

Ed infatti la parte cui sia stata notificata l’altrui impugnazione, qualora proponga la propria, avverso la medesima sentenza, separatamente, in via principale, anzichè in via incidentale, deve porre il giudice in grado di conoscere la simultanea pendenza dei due procedimenti, affinchè possa provvedere alla loro riunione, ai sensi dell’art. 335 c.p.c.: in difetto, la mancata riunione delle due impugnazioni, mentre non incide sulla validità della pronuncia relativa alla prima, rende improcedibile la seconda, atteso che, risultando ormai impossibile il “simultaneus processus”, si verifica un impedimento all’esame degli ulteriori gravami, in ragione della decadenza con la quale l’art. 333 c.p.c., sanziona la prescrizione dell’incidentalità delle impugnazioni successive alla prima (cfr. Corte Cass. Sez. U, Sentenza n. 15843 del 07/07/2009; id. Sez. 2, Sentenza n. 9567 del 29/04/2011; id. Sez. 3, Sentenza n. 12038 del 29/05/2014; id. Sez. 6 – L, Ordinanza n. 7096 del 11/04/2016)

In conclusione il ricorso va dichiarato improcedibile.

Non occorre procedere alla regolamentazione delle spese in difetto di difese svolte dagli intimati.

P.Q.M.

dichiara improcedibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, la Corte dà atto che il tenore del dispositivo è tale da giustificare il versamento, se e nella misura dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 11 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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