Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13847 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 13847 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: FORTE FABRIZIO

SENTENZA
ricorso iscritto al n. 32969 del Ruolo Generale degli affari
civili dell’anno 2006, proposto:
DA
ITALCEMENTI s.p.a.,

avente causa da

CEMENTERIE SICILIANE

s.p.a., per atto di fusione per incorporazione per notar G.

Paginoni di Bergamo del 19 dicembre 1996, n. 25480 rep.
7749 racc., in persona del vice presidente legale
rappresentante ing.

Pierfranco Barbani,

elettivamente

domiciliato in Roma, alla Via B. Tortolini n. 34, presso
l’avv. Nicolò Paoletti, che rappresenta e difende la società

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Data pubblicazione: 31/05/2013

con l’avv. Paolo Santinoli di Bergamo per procura in calce
al ricorso.
RICORRENTE
CONTRO
COMUNE DI CATANIA,

in persona del sindaco p.t., autorizzato

settembre 1990, rappresentato ed difeso dall’avv. Paolo
Patané dell’Avvocatura comunale ed elettivamente domiciliato
in Roma al Viale delle Milizie n. 76, presso l’avv. Antonio
Donnangelo, come da procura a margine del controricorso.
CONTRORICORRENTE
NONCHE’
COOPERATIVA SICILIA NUOVA e COOPERATIVA VINCENZO BELLINI,

ciascuna in persona del rispettivo legale rappresentante pro
tempore, non costituite in appello.
INTIMATE
avverso la sentenza della Corte di appello di Catania, n.
971/05 del 13 – 30 settembre 2005. Udita, all’udienza del 9
maggio 2013, la relazione del Cons. dr. Fabrizio Forte.
Uditi l’avv. Nicolò Paletti, per il ricorrente, e il P.M. in
persona del sostituto procuratore generale dr. Aurelio
Golia, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
Svolgimento del processo
La s.p.a. Cementerie Siciliane, proprietaria di una cava per
l’estrazione di argilla e sabbia in Comune di Catania
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a stare in giudizio da delibera della G.M. n. 2811 del 10

dell’estensione di circa mq. 199.000, in N.C.T. a F. 136,
P.le 90, 91, 151, 152, 153, 183 e 228, area a servizio di un
suo stabilimento per la costruzione di leganti idraulici,
con citazione notificata il 18-25 luglio 1986 al detto
comune e alle cooperative assegnatarie delle dette aree,

per essere utilizzate per edilizia economica e popolare con
fasce di verde, zona artigianale, viabilità e servizi.
Deduceva la ricorrente che le stesse aree, in precedenza
erano state oggetto di destinazioni urbanistiche impugnate
al C.G.A. della Sicilia che, con decisione del 13 marzo 1971
n. 46, aveva annullato i piani particolareggiati che le
prevedevano e successivamente, con sentenza del 10 marzo
1983 n. 53, aveva fatto venir meno anche i provvedimenti di
autorizzazione delle occupazioni di tali superfici per
essere illegittimo lo stesso P.E.E.P. in base alla pronuncia
sopra indicata del 1971.
Con la citazione di cui sopra erano convenute in giudizio,
dinanzi al locale Tribunale, il Comune di Catania e le due
cooperative assegnatarie dei suoli “Sicilia Nuova” e
“Vincenzo Bellini”, perché fossero condannati in solido al
risarcimento del danno per la illecita occupazione dei
terreni di cui sopra, acquisiti dal comune con la loro
trasformazione e per il necessario acquisto della nuova cava
“Tinti”, per poter continuare l’attività estrattiva della
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esponeva che queste erano state occupate dall’ente locale

società attrice.
Il tribunale adito, con sentenza n. 2304 del 22 settembre
1994, accoglieva parzialmente la domanda e condannava il
solo Comune di Catania a pagare alla società Cementerie
Siciliane £ 1.487.126.980, a titolo di risarcimento del

rivalutazione alla data della decisione e interessi,
rigettando le altre azioni della stessa attrice.
Sia l’ente locale che la società Cementerie Siciliane
proponevano appello avverso la sentenza di primo grado, il
primo deducendo la errata qualificazione di “edificabile”
riconosciuta alle aree occupate ed eccependo la prescrizione
del diritto azionato, e la seconda denunciando la stima al
ribasso delle aree occupate e il rigetto delle altre domande
di risarcimento per i maggiori costi da essa sopportati per
l’attività estrattiva del materiale ad essa necessario dalla
cava acquistata dalla appellata.
Nel giudizio di appello le cooperative evocate in causa non
si sono costituite e, nelle more della vicenda che precede,
con decreto dell’8 aprile 1987 successivo alla liquidazione
dell’indennità provvisoria di espropriazione, era stata
disposta la espropriazione a favore del Comune di Catania di
mq. 199.238 della società ricorrente.
L’ente locale aveva proposto opposizione alla stima per
l’area di cui sopra alla Corte d’appello di Catania, che ha
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danno per l’occupazione appropriativa del suolo, con

riunito tale giudizio a quello d’appello per il risarcimento
del danno da occupazione illecita, di cui sopra.
Con sentenza non definitiva del 18 marzo 2003, la Corte
d’appello ha rilevato il passaggio in giudicato della
sentenza del Tribunale che aveva qualificato illecita la

maggiore superficie identificata nelle P.le 90, 152 e 183 e,
con sentenza definitiva del 30 settembre 2005 ha condannato
il Comune di Catania a pagare, a titolo risarcitorio, C
35.553,25 con rivalutazione alla attualità dal febbraio
1982, per l’occupazione appropriativa della superficie da
ultimo indicata.
La stessa Corte ha poi deciso l’opposizione alla stima,
determinando l’indennità di occupazione legittima, per ogni
anno di durata di essa, dal febbraio 1975 al febbraio 1982,
negli interessi legali maturati anno per anno sulla somma di
C 32.321,13 corrispondente alla indennità di espropriazione
liquidata ai sensi della legge n. 359 del 1992 in base al
valore venale dell’area al 1982 di C 64.630,36, per ciascun
anno di durata dell’occupazione e in un dodicesimo della
indennità annua per ogni mese e frazione di mese successivi,
ordinando il deposito di tale indennità presso la Cassa
Depositi e prestiti e condannando l’ente locale alle spese
dell’intero giudizio.
Per la cassazione di tale sentenza ricorre con due motivi la
5

occupazione appropriativa di mq. 12.574, nell’ambito della

Italcementi s.p.a., avente causa dalla s.p.a. Cementerie
Siciliane, con atto notificato il 14 novembre 2006 al Comune
di Catania e alle Cooperative Sicilia Nuova e Vincenzo
Bellini e illustrato da memoria, ai sensi dell’art. 378
c.p.c.; le due cooperative non si sono difese in questa sede

con controricorso notificato il 22 – 30 dicembre 2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.1. Il primo motivo del ricorso della s.p.a. Italcementi
deduce la violazione dell’art. 1 del primo Protocollo
addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo,
firmato a Parigi il 20 marzo 1952 e ratificata dalla legge 4
agosto 1985 n. 848 e dei principi sui poteri del giudice
ordinario sui provvedimenti amministrativi in relazione
all’art. 117 Cost., alla Legge 28 agosto 1997 n. 296 e
all’art. 1 della L. 9 gennaio 2006 n. 12 e la omessa
motivazione su tali punti decisivi della controversia.
Afferma la società ricorrente che erroneamente la Corte
d’appello ha dichiarato essersi verificata una occupazione
appropriativa illecita, in violazione della norma della
Convenzione indicata e in contrasto con i principi della
giurisprudenza della C.E.D.U., che nega che l’autore di un
illecito possa avvantaggiarsi di esso, acquisendo con tale
comportamento la proprietà dell’immobile illecitamente
trasformato (il ricorso cita a pag. 9 molte sentenze
6

mentre ha resistito alla impugnazione il Comune di Catania,

C.E.D.U. del 2004 e 2005 che condannano il soggetto che ha
tratto vantaggio dal suo comportamento illecito).
Esclusa l’acquisizione illecita perché in contrasto con la
Convenzione europea dei diritti dell’uomo, la condotta del
comune doveva qualificarsi illecito permanente determinato

comportava la necessaria restituzione delle superfici
occupate al proprietario e il risarcimento del danno da
perdita temporanea del godimento di esse, fino alla
restituzione al titolare o alla loro lecita acquisizione.
La Corte d’appello doveva quindi disapplicare il decreto di
espropriazione non solo in rapporto ai mq. 12.574 per il
giudicato della qualifica “illecita” data a tale occupazione
dal Tribunale ma anche in ordine all’intera area oggetto di
espropriazione, pari a mq.

186.664, per i quali la

ricorrente insiste per la condanna al risarcimento.
1.2. Il secondo motivo di ricorso lamenta violazione dell’
art. 5 bis della legge 8 agosto 1992 n. 359, anche per
omessa e insufficiente motivazione su tale punto decisivo,
dovendosi liquidare il valore venale del bene all’attualità,
data la natura usurpativa della predetta occupazione per la
quale non poteva applicarsi la riduzione del risarcimento
prevista per il caso di occupazione per pubblica utilità.
Entrambi i motivi di ricorso sono chiusi con due quesiti di
diritto, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., da ritenere non
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dalla occupazione e trasformazione delle aree che

necessari per le impugnazioni per cassazione di sentenze,
come

quella

oggetto

di

ricorso,

pubblicate

prima

dell’entrata in vigore del D. Lgs. 2 febbraio 2006 n. 40.
2.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Con l’atto di citazione notificato nel 1986 la s.p.a.

ricorrente Italcementi, aveva dedotto d’aver diritto “per la
definitiva perdita della proprietà dell’immobile, ad una
somma pari al valore venale dello stesso all’epoca
dell’ultimazione delle costruzioni, tenendo conto sia della
destinazione del terreno a cava sia della consistenza del
sottostante giacimento, sia del valore dell’area edificabile
di risulta ai lavori di coltivazione della cava stessa
ultimati, in relazione ai valori di zona per analoghe
utilizzazioni” (pagg. 7 – 8 sentenza impugnata).
La stessa società titolare dell’area occupata e trasformata
con l’appello chiedeva invece che “il valore dell’immobile
fosse determinato in £ 92.500 a mq. e che il Comune di
Catania fosse condannato al pagamento in suo favore di £
1.163.095.000 con adeguata rivalutazione, oltre alla somma
di

877.801.210, anche essa con rivalutazione e interessi,

per ulteriori causali di danno e con vittoria di spese”
Per la prima volta con il ricorso per cassazione la
Italcementi s.p.a. deduce che la acquisizione dell’area a
base delle sue pregresse domande risarcitorie non può
8

Cementerie siciliane, successivamente incorporata dalla

essersi avuta con un atto illecito per i principi vincolanti
anche per il diritto interno enunciati, in materia
espropriativa, dalla Corte europea dei diritti dell’uomo
(così, con le sentenze di cui al ricorso, cfr. pure
C.E.D.U. 13 luglio 2006 su ricorso n. 12894/04 e C.E.D.U. 4

Il mutamento della domanda con il ricorso per cassazione è
certamente precluso e quindi il primo motivo di ricorso non
può che dichiararsi inammissibile.
2.2. Il secondo motivo di ricorso contesta la liquidazione
del risarcimento per mq. 12.575 delle aree occupate, e
presuppone la impugnazione dei criteri di determinazione del
risarcimento del danno, che deve oggi liquidarsi nel valore
di mercato delle aree occupate alla data dell’illecita
trasformazione (1982), da rivalutare all’attualità.
In accoglimento del secondo motivo di ricorso e decidendo
sullo stesso, questa Corte deve determinare il risarcimento
dovuto alla s.p.a. Italcementi nel valore venale delle aree
occupate che al 1982 era di C 64.630,36, da rivalutare
all’attualità con l’indice degli incrementi dei prezzi al
consumo per le famiglie di opera e impiegati 3,383.
Il Comune di Catania dovrà quindi corrispondere, a titolo
risarcitorio, la somma di C 218.644,50 con gli interessi di
legge su di essa devalutata al 1982 e su quelle rivalutate
anno per anno dal 1983, dalla scadenza di ciascuna annualità
9

dicembre 2012 su ricorso n. 70508/01).

fino al saldo.
3. Il Comune controricorrente, per la soccombenza, deve
essere condannato anche a rimborsare alla ricorrente le
spese dell’intero giudizio che si liquidano come in
dispositivo ai sensi del D.M. 8 aprile 2004 n. 127 per i

per il giudizio di cassazione, applicando lo stesso anche
alle prestazioni professionali eseguite nel giudizio di
legittimità nel vigore delle precedenti tariffe non più
applicabili, come chiarito da S.U. 12 ottobre 2012 n. 17405.
P.Q.M.
La Corte rigetta il primo motivo del ricorso e accoglie il
secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo
accolto e, decidendo nel merito la causa ai sensi dell’art.
384 c.p.c., condanna il Comune di Catania a pagare alla
– ricorrente Italcementi s.p.a., a titolo di risarcimento del
danno, la somma di E 218.644,50 con gli interessi come
indicato in motivazione.
Condanna il comune controricorrente a rimborsare alla
ricorrente le spese dell’intero giudizio, che liquida, per
il primo grado, in C 3.500,00 per diritti, E 10.000,00 per
onorari, E 1.200,00 per le spese, per il giudizio di appello
in E 2.300,00 per diritti, E 8.000,00, per onorari ed E
200,00 per esborsi e, per quello di cassazione, in E.
10.000,00, a titolo di compenso, e in E 200,00 per esborsi,
10

giudizi di merito e in base al D.M. 12 luglio 2012 n. 140

oltre alle spese accessorie come per legge.
Così deciso nella camera di consiglio della l” sezione

civile della Corte suprema di Cassazione il 9 maggio 2013.

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