Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13845 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 27/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13845

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MANZON Enrico – Consigliere –

Dott. TRISCARI Giancarlo – rel. Consigliere –

Dott. MUCCI Roberto – Consigliere –

Dott. NOVIK ADET Toni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 2579 del ruolo generale dell’anno 2013

proposto da:

D.N.P., titolare della ditta individuale Eurolegna di

D.N.P., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Loris Tosi e Giuseppe

Marini per procura speciale a margine del ricorso, elettivamente

domiciliato in Roma, via dei Monti Parioli, n. 48, presso lo studio

di quest’ultimo difensore;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso

i cui uffici ha domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, n. 12;

– controricorrente –

Per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria

regionale del Veneto, n. 58/26/2011, depositata il giorno 28

novembre 2011;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27 febbraio

2020 dal Consigliere Giancarlo Triscari.

Fatto

RILEVATO

che:

la sentenza impugnata ha esposto, in punto di fatto, che: l’Agenzia delle entrate aveva emesso nei confronti di D.N.P., titolare della ditta individuale Eurolegna di D.N.P., un avviso di accertamento con il quale, relativamente all’anno di imposta 2005, aveva proceduto al recupero di ricavi non dichiarati a seguito di un’indagine analitico-induttiva con la quale era stata verificata la giacenza delle merci e la non corrispondenza con le successive cessioni, ipotizzando, di conseguenza, ricavi non dichiarati; avverso il suddetto atto impositivo il contribuente aveva proposto ricorso che era stato rigettato dalla Commissione tributaria provinciale di Treviso; avverso la pronuncia del giudice di primo grado il contribuente aveva proposto appello;

la Commissione tributaria regionale del Veneto ha rigettato l’appello, in particolare ha ritenuto che: il contribuente aveva prospettato solo una non corretta determinazione dei maggiori ricavi non dichiarati, implicitamente riconoscendo la legittimità del presupposto impositivo; gli elementi sulla cui base l’amministrazione finanziaria aveva proceduto ai maggiori ricavi erano fondati sulle dichiarazioni che aveva rilasciato in sede di verifica il consulente della società e difensore della stessa in primo grado, sicchè non era fondata la linea difensiva secondo cui non erano state prese in considerazione le variabili che comportavano il calo di peso fisiologico del legname dal momento dell’acquisto a quello della vendita; la diversa indicazione dei maggiori ricavi, compiuta dal contribuente, era basata su valori teorici e opinabili, senza fornire elementi certi di valutazione; i parametri utilizzati dall’amministrazione finanziaria, forniti dallo stesso contribuente, erano stati già utilizzati dal medesimo contribuente per gli anni precedenti in sede di accertamento con adesione;

avverso la suddetta pronuncia il contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi di censura, cui ha resistito l’Agenzia delle entrate depositando controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), per avere reso una motivazione insufficiente, nonostante gli elementi prospettati dal ricorrente ai fini della prova della erroneità e infondatezza dell’accertamento induttivo e senza esporre il percorso logico-argomentativo seguito al fine di motivare in ordine alla non rilevanza dei suddetti elementi;

il motivo è infondato;

va osservato che il giudice del gravame ha fondato la decisione di legittimità della pretesa facendo riferimento, in primo luogo, alle dichiarazioni rese dal consulente del contribuente in sede di verifica ed ha quindi precisato che, sotto tale profilo, non era fondata l’argomento difensivo della mancata considerazione delle diverse variabili che comportavano il calo di peso fisiologico del legname, quale umidità, scarto, tipologia, ecc.;

ha quindi evidenziato, a rafforzamento del valore presuntivo di tale dichiarazione, che i parametri indicati dal consulente, e presi a riferimento dall’amministrazione finanziaria, erano gli stessi già tenuti presenti per le annualità precedenti dallo stesso contribuente in sede di accertamento con adesione, ove era stata definita la posizione nei confronti del fisco;

in sostanza, il giudice del gravame ha tenuto conto del valore presuntivo delle dichiarazioni rese dal consulente ed ha ulteriormente valutato la rilevanza delle stesse facendo riferimento allo stesso comportamento del contribuente il quale, anche per gli anni precedenti a quello in contestazione, aveva utilizzato i medesimi parametri di riferimento;

infine, il giudice del gravame ha tenuto conto dei diversi elementi di valutazione prospettati dal contribuente ed ha ritenuto che gli stessi non erano certi ai fini della determinazione dell’effettiva quantità di merce venduta in nero, contenendo valori del tutto teorici ed opinabili;

il percorso logico argomentativo, dunque, si struttura secondo una intrinseca considerazione degli elementi di prova presuntiva posti all’attenzione del giudicante e con una valutazione di merito non sindacabile in questa sede, si è attribuita maggiore rilevanza probatoria a quelli dedotti dall’amministrazione finanziaria, in quanto consistenti in elementi ritenuti rilevanti poichè provenienti dal consulente della medesima parte e corrispondenti agli stessi parametri valutativi dalla stessa seguiti per le annualità precedenti, rispetto a quelli forniti dal contribuente, ritenuti teorici e opinabili; in questo ambito di valutazione, la motivazione risulta avere esposto in modo sufficiente il percorso logico argomentativo mediante cui ha ritenuto di dovere basare la considerazione finale della legittimità della pretesa;

non ammissibile, inoltre, è la ragione di censura relativa all’improprio utilizzo dell’unità di misura, cioè del chilo convertito in quintali, piuttosto che del “metro stero”;

invero, la ragione di censura in esame è stata prospettata senza rispetto del principio di specificità, in quanto parte ricorrente si limita ad affermare che la quantità e, quindi, il peso del legno contenuto in un metro stero, ovvero nel volume complessivo di un metro cubo di pezzi, dipende da molteplici fattori, quali forma e dimensione dei pezzi, modalità di accatastamento, umidità relativa e così via. Oltre a ciò, naturalmente ogni tipologia di legname ha un proprio peso specifico (…), senza, tuttavia, precisare in modo chiaro e specifico quanto tale eventuale diversa ricostruzione avrebbe potuto incidere per ciascuna delle singole operazioni di acquisto di merce, limitandosi a sostenere “l’arbitrarietà” della ricostruzione, senza alcuna specificazione apprezzabile in ordine al profilo centrale della necessità di ridurre la percentuale dei quantitativi di legna valorizzati dall’amministrazione finanziaria e ritenuta corretta dal giudice del gravame;

tale circostanza assume particolare rilievo, in quanto il giudice del gravame ha evidenziato la mancanza di elementi certi circa la diversa ricostruzione compiuta dal contribuente, consistenti nella mera prospettazione di valori teorici e opinabili, ponendo in luce, sotto tale profilo, l’assoluta genericità della diversa ricostruzione compiuta;

del tutto generica, inoltre, si configura la possibile diversificazione della natura del legname ai fini della quantificazione del peso specifico ovvero dell’unità di misura applicata (esposto solo esemplificativamente con riferimento a talune fatture) prospettandosi la questione solo in astratto, senza alcun riferimento a concreti elementi specifici e, anche in questo caso, senza alcuna indicazione specifica e puntuale dei parametri certi sulla cui base si sarebbe dovuto procedere ad una riduzione nella misura percentuale prospettata;

nè può essere seguita la linea difensiva secondo cui non si sarebbe tenuto conto della riduzione del calo di peso nonchè degli scarti di lavorazione e, in particolare, non sarebbero state prese in considerazione le argomentazioni difensive del contribuente;

si è già chiarito che il giudice del gravame ha specificamente esaminato la questione del calo di peso fisiologico del legno e degli scarti di lavorazione ed ha dato valore probatorio alle dichiarazioni rese dal consulente del contribuente nonchè allo stesso comportamento del contribuente con riferimento alle annualità precedenti;

la questione relativa alla corretta interpretazione della dichiarazione resa dal consulente sul punto, ovvero al valore minino considerato dai verbalizzanti, inferiore a quello concordato in sede di accertamento con adesione, attiene al momento meramente valutativo della decisione del giudice del gravame, non censurabile in questa sede;

infine, con riferimento alla questione della vendita “a bancale”, prospettata dal ricorrente, la stessa è priva di autosufficienza, non essendo stato specificato che già in sede di primo grado, nonchè nel successivo giudizio di secondo grado, la stessa era stata prospettata, in particolare se e in che misura poteva addivenirsi, sulla base di elementi concreti da porre all’attenzione del giudicante, una diversa determinazione dei redditi non dichiarati;

ed è sotto tale profilo che assume rilievo la considerazione espressa dal giudice del gravame, secondo cui, nell’ambito della complessiva valutazione del diverso conteggio prospettato, doveva pervenirsi alla considerazione che si trattava, comunque, di conteggi teorici ed opinabili;

con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), per violazione dell’art. 2697 c.c., nonchè degli artt. 2727 e 2729 c.c., in materia di onere di prova e di valutazione delle prove presuntive;

il motivo è infondato;

parte ricorrente fa discendere la violazione delle previsioni normative in esame dalla mancata esposizione delle ragioni dedotte dalla ricorrente ai fini della erroneità del calcolo dei maggiori ricavi, finendo per avallare una ricostruzione presuntiva non provata, in quanto fondata su presunzioni prive dei requisiti della gravità, precisione e concordanza;

si è già avuto modo di precisare, in sede di esame del primo motivo di ricorso, sulle base di quali considerazioni il giudice del gravame ha delineato il percorso argomentativo seguito al fine di valutare la sussistenza di elementi presuntivi idonei a fondare la valutazione di legittimità della pretesa nonchè la non rilevanza della prospettazione contraria del ricorrente;

sotto tale profilo, non sussiste alcuna violazione delle regole di riparto dell’onere di prova nonchè dei principi in materia di presunzioni;

in conclusione, i motivi di ricorso sono infondati, con conseguente rigetto e condanna della ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio.

PQM

La Corte:

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese di lite del presente giudizio che si liquidano in complessive Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della quinta sezione civile, il 27 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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