Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13843 del 07/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 07/07/2016), n.13843
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
Dott. ABETE Luigi – Consigliere –
Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 28141/2014 proposto da:
L.R., L.G., elettivamente domiciliati in
ROMA, VIA PISINO, 155 FABBRICATO 6 SCALA E INT 9, presso lo studio
dell’avvocato ANNALISA DI MAULA, rappresentati e difesi
dall’avvocato MARIA CARMELA MIRARCHI, giusta procura speciale in
calce al ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, (OMISSIS);
– intimato –
avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di SALERNO, depositato del
3/7/2014 il 08/09/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’11/04/2016 dal Consigliere Dott. Relatore ELISA PICARONI.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con ricorso in opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-
ter, L.G. e R. chiedevano alla Corte d’appello di Salerno di riformare il decreto con il quale il Consigliere delegato aveva rigettato la domanda – proposta in data 18 febbraio 2013, in qualità di eredi di D.M. – di condanna del Ministero della giustizia per la durata irragionevole del processo svolto dinanzi al Tribunale di Catanzaro dal 27 luglio 1977 al 7 settembre 2011, avente ad oggetto petizione di eredità e divisione;
che la Corte d’appello, con decreto in data 8 settembre 2014, accoglieva parzialmente l’opposizione, riconoscendo ai sigg.
L., in qualità di eredi di D.M., il danno non patrimoniale per il periodo dalla introduzione del giudizio presupposto (27 luglio 1977) fino alla data del decesso della dante causa (21 agosto 2005), e liquidava l’importo di Euro 6 mila a favore di ciascun ricorrente (Euro 500,00 per ogni anno di ritardo), mentre rigettava la richiesta di danno patrimoniale per carenza di prova;
che per la cassazione del decreto L.G. e R. hanno proposto ricorso sulla base di due motivi;
che l’intimato Ministero della giustizia non ha svolto difese;
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo è dedotta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2, comma 1, art. 2-bis, comma 2, 1226, art. 2056 c.c., art. 6, par. 1, artt. 13 e 41 della Convenzione EDU, e si contesta la quantificazione dell’indennizzo in 500,00 Euro per anno di ritardo, a fronte del parametro fissato dalla Corte EDU in Euro 750,00 per i primi tre anni di ritardo e di Euro 1.000,00 per i successivi;
che la doglianza è infondata;
che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è consentito al giudice dell’equa riparazione modulare la quantificazione dell’indennizzo in considerazione della peculiarità del Caso e scendere al di sotto dell’importo di 750,00 euro (ex plurimis, Cass., sez. 1, sentenza n. 14753 del 2010);
che, più specificamente, la determinazione dell’indennizzo in Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, considerata congrua per i giudizi amministrativi protrattisi oltre dieci anni, costituisce parametro utilizzabile anche nei giudizi diversi, avuto riguardo alle peculiarità della singola fattispecie (Cass., sez. 6-2, sentenza n. 16311 del 2014), apprezzate dal giudice dell’ equa riparazione, come nel caso in esame;
che con il secondo motivo è dedotta violazione della L. n. 89 del 2011, art. 2-bis, comma 1, art. 6 della Convenzione EDU e si contesta l’erroneità della determinazione della durata del giudizio presupposto, che la Corte d’appello ha indicato in ventisette annianzichè in ventotto anni;
che la doglianza è fondata, posto che il giudizio presupposto è stato introdotto nel 1977 e la dante causa dei ricorrenti, parte di quel processo, è deceduta nel 2005;
che pertanto deve essere riconosciuto un anno in più di irragionevole durata a favore dei ricorrenti, che agiscono in qualità di eredi;
che il decreto impugnato deve essere cassato sul punto, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di merito, si deve riconoscere a ciascuno dei ricorrenti, a titolo di equo indennizzo, l’importo di Euro 6.250,00, così maggiorato l’importo liquidato dalla Corte d’appello;
che, ferma la liquidazione delle spese di lite del giudizio di merito, le spese del presente giudizio sono compensate per la metà, in ragione della parziale soccombenza, e poste a carico del Ministero della giustizia per la rimanente metà, nella misura indicata in dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il secondo motivo, rigetta il primo motivo, cassa il decreto impugnato in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della giustizia al pagamento dell’importo di Euro 6.250,00 in favore di ciascuno dei ricorrenti;
conferma la statuizione sulle spese del giudizio di merito, dichiara compensate per la metà le spese del presente giudizio, e condanna il Ministero della giustizia a rifondere ai ricorrenti la rimanente metà, liquidata in complessivi Euro 750,00, oltre spese generali e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016