Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13842 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 07/07/2016), n.13842

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28109/2014 proposto da:

S.G., elettivamente domiciliato presso la CORTE DI

CASSAZIONE, PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentato e difeso dall’Avvocato

VITO PASSALACQUA, giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

e contro

MINISTERO ECONOMIA FINANZE, (OMISSIS), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende, ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 423/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA

del 06/03/2014, depositato il 28/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorso in opposizione della L. n. 89 del 2001, ex art. 5-

ter, S.G. chiedeva alla Corte d’appello di Caltanissetta di riformare il decreto con il quale il Consigliere delegato aveva rigettato la domanda, proposta il 4 marzo 2013, di condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per la irragionevole durata del giudizio contabile, svolto dinanzi alla Corte dei conti – sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana dal l aprile 2005 al 26 gennaio 2012, avente ad oggetto la rideterminazione del trattamento pensionistico, con riconoscimento della maggiorazione prevista dalla L. n. 121 del 1981, art. 43, comma 3;

che la Corte d’appello, con Decreto del 28 marzo 2014, ha rigettato l’opposizione a spese compensate, confermando il decreto opposto, sul rilievo della temerarietà del giudizio presupposto, in quanto il diritto alle maggiorazioni ivi richieste era stato escluso dalla giurisprudenza contabile consolidata, anche a Sezioni riunite (sentenza n. 9 del 2006) antecedente alla introduzione di quel giudizio;

che per la cassazione del Decreto S.G. ha proposto ricorso sulla base di un motivo;

che l’intimato Ministero si è costituito ai soli fini della partecipazione all’udienza.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico complesso motivo di ricorso è dedotta violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., art. 2697 c.c., della L. n. 89 del 2001, art. 2;

che il ricorrente contesta, nell’ordine: a) l’extrapetizione, per avere la Corte d’appello rilevato d’ufficio la temerarietà del giudizio presupposto; b) l’assenza di prova della temerarietà del giudizio presupposto, il cui onere incombeva sul convenuto Ministero;

c) la mancanza di consapevolezza della infondatezza della pretesa, tenuto conto delle oscillazioni della giurisprudenza contabile fino al 2010; d) l’irrilevanza comunque dell’esistenza di un orientamento contrario, ai fini della valutazione della temerarietà della lite, in mancanza di una norma che imponga la regola tipica degli ordinamenti di common law, dello stare decisis;

che la doglianza è fondata;

che della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, lett. a), prevede che non è riconosciuto alcun indennizzo “a favore della parte che ha agito o resistito in giudizio consapevole della infondatezza originaria o sopravvenuta delle proprie domande o difese, anche fuori dai casi di cui all’art. 96 c.p.c.”;

che questa Corte ha già affermato che l’elenco dei casi di esclusione dell’indennizzo di cui della L. n. 89 del 2001, art. 2, comma 2-quinquies, non è tassativo, e che pertanto l’indennizzo può essere negato a chi abbia agito o resistito temerariamente nel giudizio presupposto, anche se in questo non sia stata emessa la condanna per responsabilità aggravata (ex plurimis, Cass., sez. 6-2, sentenza n. 21131 del 2015);

che la disposizione in esame, applicabile ai giudizi introdotti dopo l’11 settembre 2012, attribuisce al giudice dell’equa riparazione il potere di valutare d’ufficio – in assenza di uno specifico accertamento effettuato dal giudice del giudizio presupposto – il comportamento processuale delle parti, ai fini di un più stringente controllo sul diritto all’equo indennizzo per irragionevole durata;

che tale potere officioso non può essere esercitato nel caso in cui il giudizio presupposto sia stato definito con pronuncia di compensazione delle spese di lite, che implicitamente esclude l’abuso del processo;

che, nel caso di specie, il giudizio presupposto risulta definito con rigetto della domanda e compensazione delle spese di lite (pag. 3 del ricorso);

che pertanto il decreto deve essere cassato, con rinvio alla stessa Corte d’appello, che provvederà a riesaminare la domanda di equo indennizzo, e a liquidare le spese del presente giudizio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’appello di Caltanissetta, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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