Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13841 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 13841 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: BERNABAI RENATO

Data pubblicazione: 31/05/2013

SENTENZA

sul ricorso 5588-2007 proposto da:
PICCINI

SERENA

(C.F.

PCCSRN43C66G478Y),

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANAPO 20,
presso l’avvocato RIZZO CARLA, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato MOLINARI GIAMPIERO,
giusta procura a margine del ricorso;
– ricorrente –

2013
606

contro

FALLIMENTO GRIFOPLAST DI GUELPA E C. S.A.S. E DEL
SOCIO ILLIMITATAMENTE RESPONSABILE GUELPA GIANCARLO,

1

in persona del Curatore avv.

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA D. CHELINI 5,
presso l’avvocato VERONI FABIO, rappresentato e
difeso dall’avvocato DI MASSA VINICIO, giusta
procura a margine del controricorso;

controricorrente-

avverso la sentenza n. 407/2006 della CORTE
D’APPELLO di PERUGIA, depositata il 04/10/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 11/04/2013 dal Consigliere Dott. RENATO
BERNABAI;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato GIAMPIERO
MOLINARI che ha chiesto l’accoglimento del ricorso;
udito, per il controricorrente, l’Avvocato VINICIO
GAETANO DI MASSA che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ROSARIO GIOVANNI RUSSO che ha
concluso per la manifesta fondatezza dei motivi

.

CARLO PACELLI,

primo e terzo del ricorso; assorbimento del secondo.

2

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato 1’8 ottobre 1992 il fallimento
GRIFOPLAST DI GUELPA e c. s.a.s. conveniva dinanzi al Tribunale di
Perugia il Sig. Aldo Piccini per ottenere la revoca di una datio in
solutum di dipinti e arredi di pregio antiquario ad estinzione di un
illimitatamente responsabile, sig. Giancarlo Guelpa.
Costituitosi ritualmente, il Piccini chiedeva il rigetto della
domanda, disconoscendo la sottoscrizione di una lettera, prodotta
ex adverso, con la descrizione dei beni mobili consegnati.
Nel corso dell’istruttoria era assunta prova testimoniale ed
espletata consulenza tecnica d’ufficio per l’accertamento del valore
dei beni, sulla base di documentazione fotografica. Dopo
l’interruzione del processo, per morte del convenuto, e la
successiva riassunzione nei confronti dell’erede, signora Serena
Piccini, il Tribunale di Perugia con sentenza 21 febbraio 2002
accoglieva la domanda e condannava quest’ultima alla restituzione
degli arredi, o in difetto al pagamento della somma di lire 52
milioni, oltre rivalutazione ed interessi.
Il successivo gravame era rigettato dalla Corte d’appello di
Perugia con sentenza 4 ottobre 2006.
La corte territoriale motivava
– che gli elementi indiziari ) valutati s correttamente dal
tribunale, apparivano univocamente significativi dell’avvenuta datio
in solutum, nel periodo sospetto, a fronte di un debito di circa 60
milioni di lire;

1

debito di circa 60 milioni di lire vantato verso il socio

- che tale conclusione era sorretta altresì dalla prova diretta
costituita dalle deposizioni della sorella dell’originario convenuto e
., della stessa signora Serena Piccini, escussa come teste prima di
succedere nella posizione processuale del defunto padre, ex art.
110 cod. proc. civile;

venuto meno, in grado d’appello, in cui la Piccini aveva contestato,
piuttosto, la data, entro il periodo sospetto, della prestazione in
luogo del pagamento: data, che peraltro poteva essere desunta
dalla deposizione della cugina del fallito, sulla cui attendibilità non
vi era ragione di dubitare, stante la ricaduta dell’eventuale successo
dell’azione revocatoria a vantaggio del fallimento;
– che inoltre il Piccini era un collezionista di arredi antiquari e
non si era insinuato al passivo del fallimento per il credito di lire 60
milioni vantato;

.

-che la documentazione fotografica, con la stima precedente
alla consegna, eseguita da un antiquario confortava la stima del
valore dei quadri e dei mobili operata dal consulente tecnico
d’ufficio.
Avverso la sentenza, notificata il 22 dicembre 2006, la signora
Piccini proponeva ricorso per cassazione articolato in tre motivi e
notificato 1’8 febbraio 2007.
Deduceva
1) la violazione degli articoli 67 legge fallimentare, 2727 e
2729 cod. civ. nella ritenuta sussistenza dei presupposti dell’azione
revocatoria;
P.

2

– che l’iniziale diniego dell’effettiva consegna dei beni era

2) la violazione dell’art. 1277 cod. civ. e dell’art. 112 cod.
proc. civile, nel cumulo della rivalutazione della somma liquidata e
,

degli interessi;
3) la carenza di motivazione nella determinazione del valore
dei beni, oggetto della domanda.
controricorso.
Entrambe le parti depositavano memoria illustrativa ex art.
378 cod. proc. civile.
All’udienza del 11 aprile 2013 il Procuratore generale e i
difensori precisavano le rispettive conclusioni come da verbale, in
epigrafe riportate.

MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo è inammissibile per inadeguatezza del quesito
di diritto, del tutto generico e disancorato dalla fattispecie concreta
in esame (“Accerti la corte e dichiari se, nel caso in esame, siano
presenti o meno i requisiti per l’applicazione dell’art. 67, secondo
comma, legge fallimentare, ed in particolare se dagli atti e delle
risultanze di causa emerga con certezza la “datio” dei beni ed il
momento in cui la stessa si sarebbe verificata; accerti e dichiari
l’esistenza, o meno, dei presupposti indispensabili per l’applicazione
degli articoli 2727-2729 cod. civs.).
Anche il secondo motivo, con cui si censura il riconoscimento
degli interessi legali sulla somma rivalutata ) appare inammissibile
IM

per novità, non risultando sollevato in grado d’appello. Nella
sentenza impugnata sono trascritte le conclusioni della

13iccintt )volte
3

La curatela del fallimento Grifoplast resisteva con

ad ottenere l’integrale riforma della decisione di primo grado per
infondatezza di tutte le pretese avanzate dalla curatela. Anche nella
narratio successiva non si fa menzione della specifica doglianza,
riferendosi che la parte ha sollevato un unico motivo di gravame
con cui si negava la significatività degli elementi indiziari e
di fotografie.
Nella parte motiva, infine, la corte rigetta la configurazione
dell’obbligazione restitutoria come debito di valuta: questione,
diversa dalla decorrenza degli interessi sulla somma rivalutata,
sollevata in questa sede.
Incombeva, quindi, sulla ricorrente,nel rispetto del principio di
autosufficienza, dimostrare la rituale enunciazione della specifica
censura nell’atto d’appello, ignorata dalla corte territoriale.
Il terzo motivo è, pure, inammissibile.
La corte territoriale ha dato adeguato conto delle ragioni a
sostegno della stima dei beni, in conformità con le conclusioni
peritali, sulla base di fotografie e di una precedente valutazione da
parte di un antiquario. Si tratta di un impianto argomentativo
immune da vizi logici, che fa leva su elementi necessariamente
presuntivi, data la mancanza dei beni stessi; che, peraltro, non può
certo considerarsi preclusiva dell’accertamento in punto quantum
debeatur. Nel complesso, la censura si risolve in un diverso
apprezzamento delle risultanze istruttorie) volto a prospettarne una
difforme valutazione di meritox che non può trovare ingresso in
sede di legittimità.
Il ricorso dev’essere dunque dichiarato inammissibile, con la
conseguente condanna alla rifusione delle spese di giudizio,

4

l’attendibilità della stima dei quadri degli eredi, operata sulla base

liquidate come in dispositivo, sulla base del valore della causa e del
numero e complessità delle questioni svolte.

P.Q.M.
– Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente alla

4.200,00, di cui C 4.000,00 per compenso, oltre gli accessori di
legge.

Roma, 11 Aprile 2013

rifusione delle spese processuali, liquidate in complessivi C

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