Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13840 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2021, (ud. 12/02/2021, dep. 20/05/2021), n.13840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Presidente –

Dott. TRISCARI Giancarlo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. CHIESI Gian Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5230-2015 proposto da:

B.L., (C.F. (OMISSIS)), rapp. e dif., in virtù di procura

speciale in calce al ricorso, dall’Avv. ANTONIO AMMENDOLA,

unitamente al quale è dom.to ope legis in ROMA, presso la

CANCELLERIA della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore

p.t., dom.to in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI, n. 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 6632/33/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 01/07/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

12/2/2021 dal Consigliere Dott. GIAN ANDREA CHIESI.

 

Fatto

OSSERVATO

che l’AGENZIA DELLE ENTRATE provvide alla rideterminazione dei ricavi conseguiti nell’anno di imposta 2007 da B.L., esercente attività di impiantistica, con ascrizione allo stesso di un maggior reddito di impresa e la conseguente di ripresa di maggiori imposte, sanzioni ed interessi;

che il contribuente impugnò l’avviso di accertamento per l’effetto notificatogli innanzi alla C.T.P. di Napoli che, con sentenza 33/31/13 accolse parzialmente ricorso;

tale decisione fu appellata, rispettivamente in via principale ed incidentale, dal B. e dall’AGENZIA DELLE ENTRATE innanzi alla C.T.R. della Campania che, con sentenza n. 6632/33/2014, depositata l’1.7.2014, rigettò entrambi i gravami osservando per quanto in questa sede ancora interessa – da un alto, come le riprese dell’Ufficio trovassero fondamento nell’antieconomicità della gestione del contribuente (il quale non aveva adeguatamente giustificato la propria condotta) e, dall’altro, come fosse tuttavia congrua la riduzione, operata dalla C.T.P. nell’aliquota del 50%, dei maggiori ricavi da ascrivere al contribuente, “considerato che l’attività del contribuente ha risentito in modo consistente degli effetti della crisi che ha investito il settore edilizio di cui l’impiantistica costituisce un’importante componente” (cfr. p. 4 della motivazione, terzo cpv.);

che avverso tale sentenza la B.L. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi. E’ rimasta intimata l’AGENZIA DELLE ENTRATE.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo la difesa del B. Si duole della “violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d, anche in relazione all’art. 2967 c.c., violazione o falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5” (cfr. ricorso, p. 4), per non avere la C.T.R. “assolutamente considerato la violazione del preventivo contraddittorio tra le parti, omettendo la sua motivazione su un fatto determinante ai fini della decisione, recependo così, acriticamente, tutte le deduzioni dell’Ufficio” (cfr. p. 11);

che il motivo è, sotto molteplici profili, inammissibile;

che va anzitutto chiarito che il motivo inammissibilmente ed inestricabilmente sovrappone una (sia pur non esplicitata in rubrica) violazione di legge (con riferimento agli artt. 39 e 2697 cit.), ad un vizio motivazionale (esplicitato in rubrica ma non esposto nel corpo della censura), cui aggiunge, in calce all’esposizione della doglianza, un ulteriore vizio, sub specie di error in procedendo, conseguente ad un’omissione di pronunzia sulla questione concernente la dedotta “violazione del preventivo contraddittorio tra le parti”: sennonchè, l’articolazione in un singolo motivo di più profili di doglianza costituisce ragione d’inammissibilità quando non è possibile ricondurre tali diversi profili a specifici motivi di impugnazione, dovendo le doglianze, anche se cumulate, essere formulate in modo tale da consentire un loro esame separato, come se fossero articolate in motivi diversi, senza rimettere al giudice il compito di isolare le singole censure teoricamente proponibili, al fine di ricondurle a uno dei mezzi d’impugnazione consentiti, prima di decidere su di esse (Cass., Sez. 2, 23.10.2018, n. 26790, Rv. 651379-01);

che, per altro verso, da qualunque angolo prospettico lo si voglia guardare (e, dunque, sotto uno qualunque dei profili di censura avanzati), il motivo è carente di specificità (cfr. art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), anche sotto altro profilo, giacchè la questione ivi prospettata (Le. “la violazione del preventivo contraddittorio tra le parti”) non emerge dalla motivazione della sentenza impugnata: sennonchè, è consolidato il principio per cui, qualora una questione giuridica – implicante, come nella specie, un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. 6-5, 13.12.2019, n. 32804, Rv. 656036-01);

che con il secondo motivo parte ricorrente lamenta (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – pur non richiamando la norma in rubrica) la violazione o falsa applicazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, commi 1 e 3, anche in relazione all’art. 2697 c.c., per non avere la C.T.R. dichiarato l’illegittimità dell’avviso di accertamento, nonostante la mancata allegazione della delega sulla cui base l’atto medesimo fu sottoscritto;

che il motivo è inammissibile;

che, analogamente a quanto già osservato relativamente al primo motivo di ricorso, si è in presenza di una doglianza concernente una questione non emergente dal testo della motivazione della pronunzia impugnata: sicchè, non diversamente da quanto osservato poc’anzi, il mezzo di gravame si appalesa carente di specificità (cfr. l’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), per non avere parte ricorrente indicato e trascritto in ricorso se, come e quando la questione fu proposta nei precedenti gradi di merito, così precludendo al Collegio di valutarne l’eventuale novità;

Ritenuto, in conclusione, che il ricorso vada rigettato, nulla dovendosi disporre in relazione alle spese del presente giudizio di legittimità, essendo l’AGENZIA DELLE ENTRATE rimasta intimata e non avendo svolto attività difensiva.

PQM

Rigetta il ricorso. Nulla in relazione alle spese del giudizio di legittimità.

Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte di B.L., dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Civile Tributaria, il 12 febbraio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

 

 

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