Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13838 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 11/04/2016, dep. 07/07/2016), n.13838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 25950/2014 proposto da:

I.P., M.P., C.R.,

L.P.M., CO.ER., S.G., CH.

P., CA.GI., P.P.L., IO.

C., G.G., ME.GI., P.

F., PE.AN., B.A., SP.

S., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA ACQUEDOTTO PAOLO

22, presso lo studio dell’avvocato BIAGIO MARINELLI, rappresentati

e difesi dall’avvocato ANNA RITA MOSCIONI, giusta procura speciale

ad limet in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona

del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 508/2014 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

10/03/2014, depositato il 18/03/2014;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’11/04/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI.

Fatto

RITENUTO IN FATTO

che, con ricorsi in parte diretti e in parte in riassunzione alla Corte d’appello di Perugia, M.P. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe, tutti sottufficiali delle Forze armate, chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per la irragionevole durata del giudizio amministrativo –

avente ad oggetto il riconoscimento di differenze economiche a titolo di arretrato – svolto dinanzi al TAR del Lazio, introdotto con ricorso dell’aprile 1994 definito con sentenza di rigetto in data 28 dicembre 2009, nel corso del quale i ricorrenti avevano depositato istanza di prelievo nel 1994;

che la Corte d’appello, con decreto del 18 marzo 2014, riconosceva il diritto all’indennizzo per il periodo di anni due e mesi tre di ritardo – ritenendo che l’ordinanza della Corte costituzionale n. 331 del 1999 avesse definitivamente escluso la possibilità di accoglimento della domanda dei ricorrenti, sicchè l’ulteriore periodo di durata del giudizio presupposto non aveva potuto produrre alcun patema d’animo – e liquidava Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, in ragione della serialità del giudizio presupposto e della esiguità della pretesa;

che per la cassazione del Decreto M.P. e gli altri hanno proposto ricorso sulla base di un motivo;

che l’intimato Ministero resiste con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;

che con l’unico motivo è dedotta violazione della L. n. 89 del 2001, art. 2, commi 1 e 3, in relazione all’art. 6, par. 1, della Convenzione EDU, nonchè vizio di motivazione, e si contestano le ragioni in base alle quali la Corte d’appello ha contenuto il periodo di irragionevole durata del giudizio presupposto in due anni e tre mesi;

che, secondo i ricorrenti, non era pertinente il richiamo all’ordinanza della Corte costituzionale n. 331 del 1999, che aveva ad oggetto le disposizioni in materia di autorizzazione di spesa per la perequazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma del carabinieri e della Guardia di Finanza ai trattamenti economici riservati al personale delle corrispondenti categorie delle Forze di Polizia;

che, inoltre, era priva di motivazione la liquidazione dell’indennizzo in Euro 500,00 per ciascun anno di ritardo, e cioè in misura inferiore al parametro giurisprudenziale comunitario e nazionale;

che le doglianze sono infondate;

che, quanto alla esclusione dall’indennizzo del periodo successivo al 1999, la decisione della Corte d’appello di Perugia risulta immune da censure, come ripetutamente affermato da questa Corte, in giudizi di analogo tenore (ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza n. 19478 del 2014);

che, infatti, la Corte d’appello ha richiamato la sentenza conclusiva del giudizio presupposto, nella quale il Tar del Lazio aveva evidenziato che la domanda dei ricorrenti era basata sulla prospettazione della illegittimità costituzionale della disciplina applicabile al caso, e che tale prospettazione era stata disattesa da parte del giudice delle leggi, con l’ordinanza n. 331 del 1999;

che, a fronte della valutazione espressa dal Tar a conclusione del giudizio presupposto, la contestazione dei ricorrenti circa la non pertinenza della questione decisa dalla Corte costituzionale con l’ordinanza n. 331 del 1999 rispetto alla domanda proposta nel giudizio presupposto – donde la non configurabilità della sopravvenuta consapevolezza della infondatezza della domanda – è priva di autosufficienza in quanto non risulta trascritto, nell’odierno ricorso, il contenuto della domanda proposta dinanzi al Tar, e quindi non è possibile verificare la plausibilità della ricostruzione effettuata dal Tar;

che, quanto alla determinazione dell’indennizzo in Euro 500,00 per ogni anno di ritardo, si richiama la giurisprudenza di questa Corte che da tempo ha individuato nell’importo sopra indicato il parametro di liquidazione dell’indennizzo dovuto per irragionevole durata dei giudizi amministrativi, tanto più nel caso di pretese azionate collettivamente (ex plurimis, Cass., sez. 6-1, sentenza n. 17883 del 2013; sez. 6-2, sentenza n. 16311 del 2014);

che al rigetto del ricorso segue la condanna dei ricorrenti alle spese del presente giudizio;

che, risultando dagli atti del giudizio che il procedimento in esame è considerato esente dal pagamento del contributo unificato, non si deve far luogo alla dichiarazione di cui del T.U. approvato con D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi Euro 500,00, oltre spese prenotate e prenotande a debito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 11 aprile 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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