Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13838 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 13/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. TINARELLI FUOCHI Giuseppe – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA Maria Giuli – Consigliere –

Dott. CASTORINA Rosaria Mar – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24066-2013 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

L’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

TECNOIDRO DI P.C. E F.R.L. SNC,

P.C., F.R.L.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 41/2013 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 04/03/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/02/2020 dal Consigliere Dott. ROSARIA MARIA CASTORINA.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza n. 41/35/2013, depositata in data 4.3.2013 la Commissione tributaria regionale della Lombardia rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate nei confronti della ditta “Tecno Idro s.n.c. di P.C. e F.R.” esercente l’attività di impiantistica idraulica e dei due soci avverso la sentenza n. 174/13/2010 della Commissione tributaria provinciale di Varese che aveva accolto i ricorsi riuniti proposti dai contribuenti avverso tre avvisi di accertamento con i quali l’Ufficio aveva rettificato il reddito di impresa ai fini IRAP e IVA e i redditi di partecipazione dei soci ai fini IRPEF con relative sanzioni ed interessi.

L’ufficio ricostruiva il maggior reddito attraverso il procedimento analitico induttivo di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d), per le gravi incongruenze tra i ricavi dichiarati e quelli desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio delle specifiche attività svolte.

La CTR, per quanto di interesse, osservava che i rilievi effettuati nel corso della verifica contabile non fossero di tale gravità da inficiare nel complesso le scritture della s.n.c., anche in considerazione della presentazione dello studio di settore con risultati coerenti e congrui per l’attività tipica della snc in causa.

Avverso la sentenza della CTR, l’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Parte contribuente non ha spiegato difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, denunzia violazione del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett d), in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3); censura la sentenza impugnata per aver erroneamente affermato la carenza dei presupposti per procedere ad accertamento analitico-induttivo D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 39, comma 1, lett. d), ed aver ritenuto inidonea la documentazione extracontabile posta a fondamento dell’accertamento.

2. Con il secondo motivo si deduce insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per avere la CTR affermato l’irrilevanza delle irregolarità in presenza di una situazione di coerenza e congruità con gli studi di settore.

Le censure sono suscettibili di trattazione congiunta. Esse sono fondate.

Nella sentenza impugnata si legge che “la rettifica dei redditi va effettuata sulla scorta dell’esame analitico delle scritture, derogabile solo in presenza di irregolarità (risultanti dai verbali di ispezione), gravi, numerose e ripetute, tali da rendere del tutto inattendibili nel loro complesso le scritture contabili della società”.

La CTR ha dunque ritenuto che l’amministrazione, per la rettifica dei redditi deve ricorrere all’accertamento analitico, potendo operare con l’accertamento induttivo solo in presenza di irregolarità (risultanti dai verbali di ispezione), gravi, numerose e ripetute, tali da rendere del tutto inattendibili nel loro complesso le scritture contabili della società.

Tuttavia, rientra nel potere dell’amministrazione finanziaria, nell’ambito della previsione di legge, di scegliere il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, parte contribuente, in assenza di peculiarità pregiudizievoli, non ha titolo a dolersi della scelta operata (Cass., n. 8333 del 25 maggio 2012).

Con l’accertamento analitico-induttivo l’Ufficio finanziario procede alla rettifica di componenti reddituali, ancorchè di rilevante importo, ai sensi del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 39, comma 1, lett. d) (come in materia di IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54) pure in presenza di contabilità formalmente tenuta, giacchè la disposizione presuppone, appunto, scritture regolarmente tenute e, tuttavia, contestabili in forza di valutazioni condotte sulla base di presunzioni gravi, precise e concordanti che facciano seriamente dubitare della completezza e fedeltà della contabilità esaminata; sicchè essa possa essere considerata, nel suo complesso, inattendibile (Cass. n. 28728 del 2017; Cass. n. 10581 del 2015; Cass. n. 20060 del 2014; Cass. n. 5731 del 2012; Cass. n 26341 del 2009), con conseguente spostamento dell’onere della prova a carico del contribuente (Cass. n. 28713 del 2017; Cass. n. 16119 del 2017; Cass. n. 26036 del 2015; n. 7871 del 2012).

Nella specie la CTR dopo aver dato atto della ricostruzione dettagliata effettuata dall’ufficio con riferimento alle modalità

lavorative e ai ricarichi presuntiva mente sostenuti, ha successivamente affermato che le irregolarità si sostanziavano nella emissione di alcune fatture con generica descrizione delle operazioni a fini IVA e nella mancata rilevazione delle rimanenze sui lavori in corso d’opera, alla data del 31.12.2004, contabilizzate invece come ricavi imputabili allo stesso esercizio, con ciò di fatto affermando l’inattendibilità della contabilità.

La CTR ha fondato la propria decisione sulla mera circostanza che i contribuenti avevano dichiarato ricavi coerenti con quelli desumibili dagli studi di settore, circostanza questa, per essa sola, non sufficiente a far ritenere assolto l’onere della prova a carico dei contribuenti.

La procedura di accertamento fiscale sulla base dei parametri o degli studi di settore costituisce un sistema unitario che non si colloca all’interno della procedura di accertamento di cui al D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, ma l’affianca, essendo indipendente dall’analisi dei risultati delle scritture contabili (Cass., sez.un., 26635, 26636, 26637 e 26638/09). Nulla esclude, per conseguenza, che, in sede di accertamento analitico-induttivo, l’amministrazione si possa basare anche solo su alcuni elementi ritenuti sintomatici per la ricostruzione del reddito del contribuente, pur tratti dagli studi di settore, senza essere tenuta a verificare tutti i dati richiesti per lo studio (Cass. 27 luglio 2011, n. 16430Cass. 15323/2015).

Quel che rileva è il peso da attribuire agli elementi prescelti e la loro idoneità ad assurgere al rango di presunzioni gravi, precise e concordanti.

Il ricorso deve essere, pertanto, accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza e rinvia alla CTR della Lombardia in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 13 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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