Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13835 del 07/07/2016
Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 08/03/2016, dep. 07/07/2016), n.13835
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE 2
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PETITTI Stefano – Presidente –
Dott. MANNA Felice – Consigliere –
Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Consigliere –
Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –
Dott. PICARONI Elisa – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 22666/2014 proposto da:
G.A., Q.G., P.U., S.
G., C.R., P.G., elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE FERRARI 4, presso lo studio
dell’avvocato SALVATORE CORONAS, che li rappresenta e difende
unitamente all’avvocato UMBERTO CORONAS giuste procure in calce al
ricorso;
– ricorrenti –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, (OMISSIS), in persona
del Ministro pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo
rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso il decreto n. 322/2014 della CORTE D’APPELLO di CALTANISSETTA
18/02/2014, depositato il 07/03/2014;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza
dell’08/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ELISA PICARONI;
udito l’Avvocato Squeglia Andrea (delega avvocato Coronas)
difensore dei ricorrenti che si riporta al ricorso.
Fatto
RITENUTO IN FATTO
che, con ricorso alla Corte d’appello di Caltanissetta, C. R., G.A., P.U., P.G., Q.G. e S.G. chiedevano la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze per la non ragionevole durata del giudizio pensionistico introdotto, unitamente ad altri soggetti, con ricorso del 21 ottobre 2004 dinanzi alla Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione siciliana, e concluso con sentenza di rigetto in data 29 marzo 2012;
che la Corte d’appello, con decreto del 7 marzo 2014, riconosceva il diritto all’indennizzo per un periodo pari ad anni 4 e mesi 5, e liquidava Euro 350,00 per ogni anno di ritardo, per complessivi Euro 1.585,80, oltre interessi legali;
che la quantificazione dell’indennizzo era motivata con riferimento all’oggetto della pretesa azionata nel giudizio presupposto, e cioè alla perequazione del trattamento pensionistico con l’inclusione di “voci non previste dalla legge ed escluse dalla costante giurisprudenza, consolidatasi in corso di causa”;
che per la cassazione del Decreto C.R. e le altre persone indicate in epigrafe hanno proposto ricorso sulla base di tre motivi;
che l’intimato Ministero resiste con controricorso.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il Collegio ha deliberato l’adozione di una motivazione in forma semplificata;
che con il primo motivo è dedotta violazione o falsa applicazione della L. n. 89 del 2001, art. 2 e art. 6, par. 1, della Convenzione EDU, nonchè dei principi giurisprudenziali convenzionali e nazionali in tema di quantificazione del danno da irragionevole durata del processo, e si contesta l’assenza di giustificazione alla deroga al minimo indicato in Euro 750,00 dal previgente testo della L. n. 89 del 2001, art. 2, applicabile ratione temporis, tenuto conto che la giurisprudenza contabile si era espressa fino al 2008 in senso favorevole alla tesi dei ricorrenti;
che con il secondo motivo è dedotto vizio di motivazione sub specie di omesso esame di fatti decisivi, in particolare della stessa sentenza conclusiva del giudizio presupposto – che aveva richiamato, tra l’altro, la decisione delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 9 del 2011 – dalla quale emergeva che la questione sottostante la domanda dei ricorrenti era stata a lungo dibattuta;
che con il terzo motivo è dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c. e si contesta l’omessa pronuncia sulla domanda di equa riparazione per l’ipotesi che si reputi impossibile individuare i destinatari della pronuncia della Corte d’appello, atteso che nel dispositivo la condanna del Ministero dell’economia e delle finanze è pronunciata in favore della “ricorrente”, senza altra indicazione, mentre i nomi dei ricorrenti sono riportati soltanto nell’epigrafe del decreto;
che le doglianze sono complessivamente fondate;
che risulta priva di motivazione la liquidazione ai ricorrenti dell’indennizzo per irragionevole durata del giudizio pensionistico in misura inferiore allo standard minimo di Euro 500,00 per anno (ex plurimis, Cass., sez. 2, sentenza n. 12937 del 2012);
che, infatti, l’unica ragione esplicitata dalla Corte d’appello a giustificazione del riconoscimento dell’importo di Euro 350,00 per ogni anno di ritardo – e cioè la prognosi sfavorevole all’accoglimento della pretesa perequazione pensionistica, attesa la costante giurisprudenza – è sostanzialmente contraddetta dalla successiva affermazione, secondo cui la giurisprudenza contraria alla tesi dei ricorrenti si era consolidata in corso di causa;
che non sussiste l’omessa pronuncia dedotta in via subordinata con il terzo motivo di ricorso, in riferimento alla mancata indicazione dei ricorrenti nel dispositivo del decreto impugnato, poichè la portata precettiva del provvedimento giudiziale va individuata tenendo conto non solo del dispositivo, ma anche della motivazione (ex plurimis, Cass., sez. 1, sentenza n. 19074 del 2015);
che in conclusione il decreto impugnato è cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, si riconosce a favore di ciascuno dei ricorrenti, a titolo di equa riparazione, l’importo di Euro 2.200,00, oltre interessi legali dalla domanda;
che rimane ferma la liquidazione delle spese contenuta nel decreto, mentre le spese del presente giudizio sono liquidate, a carico del Ministero soccombente, come da dispositivo.
PQM
La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, liquida a favore di ciascuno dei ricorrenti l’importo di Euro 2.200,00, oltre interessi legali dalla domanda; condanna il Ministero della giustizia al pagamento delle spese, che liquida per il giudizio di merito in complessivi Euro 750,00, oltre I.V.A. e C.P.A. e per il presente giudizio in Euro 700,00, oltre accessori di legge, con distrazione a favore dei procuratori.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sezione Civile – 2 della Corte Suprema di Cassazione, il 8 marzo 2016.
Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016