Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13832 del 09/06/2010

Cassazione civile sez. III, 09/06/2010, (ud. 23/03/2010, dep. 09/06/2010), n.13832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. FINOCCHIARO Mario – Consigliere –

Dott. CHIARINI M. Margherita – rel. Consigliere –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. AMBROSIO Annamaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 4096-2006 proposto da:

AGEA AGENZIA PER LE EROGAZIONI IN AGRICOLTURA (OMISSIS) in

persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA

GENERALE DELLO STATO, da cui è difesa per legge;

– ricorrente –

contro

C.G. (OMISSIS), D.L.D.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.

ZANARDELLI 20, presso lo studio dell’avvocato ALBISINNI LUIGI,

rappresentati e difesi dall’avvocato TRAVAGLINO LUIGI giusta delega a

margine del controricorso;

E.M. (OMISSIS), D.A.

(OMISSIS), D.V. (OMISSIS),

D’.FR. (OMISSIS), D’.LI.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA G.B. VICO

22, presso lo studio dell’avvocato BELLACOSA PANCRAZIO, che 1;

rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 3607/2005 della CORTE D’APPELLO di ROMA, 1^

SEZIONE CIVILE, emessa il 12/4/2005, depositata il 05/09/2005, R.G.N.

1668-1669-2051/2001;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/03/2010 dal Consigliere Dott. MARIA MARGHERITA CHIARINI;

udito l’Avvocato ALESSANDRO MADDOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARINELLI Vincenzo che ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del maggio 1989 il Ministro dell’Agricoltura e delle Foreste ingiungeva a D.B. ai sensi del R.D. n. 639 del 1910, art. 2 di pagare L. 2.960.292.485, oltre accessori poichè la società F.lli D’Angolo aveva incassato detta somma a titolo di aiuto comunitario per la campagna 1979/1980 di trasformazione pomodori e derivati con atti, fraudolenti, come da accertamenti in sede penale, con la complicità del D. avendo fatto apparire false forniture di pomodori da trasformare, mentre l’estinzione per amnistia dei reati di truffa e di falso, di cui era imputato anche il D., non precludeva il diritto dell’Aima al recupero, a titolo risarcitorio, della somma versata a carico di tutti i responsabili.

L’ingiunto eccepiva la prescrizione del credito essendo decorso il termine quinquennale di cui all’art. 2947 c.c. alla data della notifica dell’ingiunzione, illegittima perchè il credito non era liquido avendo natura risarcitoria e comunque non provato.

L’Aima in via riconvenzionale chiedeva la condanna del D. al pagamento della somma ingiunta.

Al processo erano riunite le opposizioni di D’.Fr. e L., in proprio, alle ingiunzioni nei loro confronti, basate sugli stessi motivi del D., e di C.G. e D.L.D. che non eccepivano la prescrizione, ma la loro carenza di legittimazione, non avendo percepito il contributo, e di prova del concorso nei reati che avevano determinato l’indebita erogazione del contributo.

Il Tribunale, qualificata l’azione come ripetizione di indebito, soggetta alla prescrizione decennale, rigettava le opposizioni.

Con sentenza del 5 settembre 2005 la Corte di appello di Roma riformava la sentenza di primo grado sulle seguenti considerazioni:

1) era fondata l’eccezione di prescrizione, formulata dagli eredi del D. e dai D’., perchè il de cuius D. e i D’. non avevano ricevuto nessun contributo comunitario a titolo personale, essendo destinataria di esso la società F.lli D’Angolo è quindi l’Aima non poteva richiedere a costoro l’indebito, ed infatti la somma era stata richiesta a titolo risarcitorio, quali concorrenti nei reati di falso e truffa con la società; 2) i predetti reati erano stati derubricati nel delitto previsto dalla L. n. 898 del 1986, art. 2 per avere la società D’Angolo, mediante dati e notizie falsi, conseguito indebitamente aiuti comunitari, e tale reato era stato dichiarato estinto per amnistia, con sentenza del 5 settembre 1988, ai sensi del D.P.R. 744/1981, pubblicato sulla G.U. del 19 dicembre 1981; quindi, a decorrere da detta data, il termine quinquennale era scaduto il 19 dicembre 1986 e perciò la notifica dell’ingiunzione il 22 maggio 1989 era tardiva; 3) anche l’opposizione di C. e D.L. era fondata perchè l’Aima aveva agito per responsabilità da fatto illecito e quindi l’azione non poteva esser qualificata di indebito oggettivo, peraltro proponibile soltanto nei confronti della s.n.c. D’Angolo; 4) dagli atti penali non emergeva il ruolo di C. e D.L. e quindi la loro responsabilità a titolo risarcitorio non era stata provata dall’Aima.

Ricorre per cassazione l’Agea cui resistono E.M., A. e D.V. e C.G. e D.L. D. che hanno altresì depositato memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.- Con il primo motivo la ricorrente deduce: “Art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2947 c.c., commi 1 e 3 e dell’art. 183 c.p., comma 1, anche in combinato disposto con l’art. 640 c.p., comma 2, n. 1 e art. 157 c.p., n. 3 – falsa applicazione dell’art. 2 c.p., comma 3. Violazione dell’art. 11 disp. gen. e dell’art. 24 Cost.. Omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia”.

L’imputazione originariamente formulata nei confronti di D. B., Fr. e D’.Li. era di truffa aggravata continuata prescrivibile nel termine di dieci anni a decorrere dal 1979 e pertanto la derubricazione nel delitto di cui alla L. n. 898 del 1986, in applicazione dell’art. 2 c.p., eccezionale applicazione del principio dell’irretroattività, era irrilevante oltre l’ambito penale e perciò il termine prescrizionale era quello originario non avendo il legislatore disposto l’immediata applicabilità di termini prescrizionali minori a fatti illeciti anteriori all’emanazione della predetta legge.

Il motivo è fondato.

Deve infatti ribadirsi che ai fini dell’applicazione dell’art. 2947 c.c., comma 3, il principio ex art. 183 c.p., comma 1 secondo cui ove il fatto illecito generatore del danno sia considerato dalla legge come reato, la prescrizione dell’azione civile risarcitoria decorre, in caso di estinzione del reato per amnistia, dal giorno di emanazione del provvedimento di clemenza e non da quello della pronuncia giudiziale meramente dichiarativa di applicazione del beneficio, trova deroga nell’ipotesi in cui l’applicazione del provvedimento di clemenza consegua ad una derubricazione della originaria imputazione. Nella suddetta ipotesi infatti poichè solo dal momento in cui la sentenza è divenuta irrevocabile può ritenersi dichiarata, con effetto definitivo, l’estinzione, è da tale data che decorre il termine di prescrizione ai sensi dell’art. 2947 c.c., comma 3. perchè il danneggiato solo da tale momento è tenuto ad osservare la prescrizione conseguente al nuovo titolo di reato, avendo sino a quella data fatto affidamento sulla conservazione dell’azione civile negli stessi termini utili per l’esercizio della pretesa punitiva dello stato contro il responsabile e perciò, su una diversa situazione che gli assicurava la salvaguardia del proprio diritto.

2.- Con il secondo motivo deduce: “Art. 360 c.p.c., n. 5. Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in ordine a un punto decisivo della controversia”.

In relazione all’opposizione di C. e D.L. la Corte di merito ha omesso di valutare i capi di imputazione nei loro confronti formulati secondo i quali con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con artifici e raggiri, facevano emettere alla ditta F.lli. D’Angolo autofatture e bolle di accompagnamento e consegna, false, contenenti quantitativi di pomodori e pesche superiori al reale, e pagando con assegni fittizi che erano indebitamente negoziati con firma falsa, e così inducendo in errore il Presidente dell’associazione produttori, che attestava falsamente l’avvenuto pagamento dei pomodori a prezzo non inferiore a quello previsto dai regolamenti C.E.E., ed i funzionari dell’AIMA che corrispondevano sulla base di detta documentazione gli aiuti CEE, così procurandosi un ingiusto profitto con danno per il fondo agricolo europeo; fatti commessi fino al (OMISSIS). In relazione ad essi la Corte ha altresì omesso di valutare che la sentenza di Santa Maria Capua Vetere, nel dichiarare la propria incompetenza, ha evidenziato che gli imputati avevano ammesso di aver conferito all’industria conserviera a nome di alcun produttori che avevano stipulato regolari contratti, pomodori acquistati da altri produttori che non avevano concluso alcun contratto ovvero di aver conferito, a nome di agricoltori che avevano conferito un prodotto inferiore a quello contrattato, pomodori consegnati da altri produttori che avevano prodotto un maggior quantitativo, ammettendo di aver apposto firme false dei beneficiari degli assegni versando gli importi sui c/c personali. L’omesso esame di tale documento, prova del fatto costitutivo posto a fondamento della domanda dell’Agea, costituisce punto decisivo, mentre la diversità tra la somma ingiunta e quella indicata dai periti non incide sull’an della pretesa risarcitoria.

Il motivo è fondato.

Le ammissioni rese da una parte in sede penale, pur non potendosi considerare alla stregua di una confessione, con piena efficacia probatoria a norma dell’art. 2733 cod. civ., costituiscono tuttavia elementi indiziari al fine del convincimento sulla verità dei fatti ammessi.

Pertanto la motivazione della sentenza impugnata che afferma un assoluto vuoto probatorio nei confronti di C. e D.L., senza valutare se, le risposte agli interrogatori dai medesimi rese ed innanzi richiamate possono configurare prova presuntiva, costituisce omessa motivazione su punto decisivo della controversia che pertanto deve esser esaminato.

3.- Concludendo il ricorso va accolto, la sentenza impugnata va cassata e la causa rinviata per nuovo esame in relazione alle ragioni di fondatezza delle censure. Il giudice di rinvio provvedere altresì a liquidare le spese, anche del giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di Roma, latra Sezione.

Così deciso in Roma, il 23 marzo 2010.

Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010

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