Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13831 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. trib., 23/06/2011, (ud. 03/05/2011, dep. 23/06/2011), n.13831

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LUPI Fernando – Presidente –

Dott. PERSICO Mariaida – rel. Consigliere –

Dott. DIDOMENICO Vincenzo – Consigliere –

Dott. IACOBELLIS Marcello – Consigliere –

Dott. DI BLASI Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso proposto da:

BIG SIZE SRL (OMISSIS) già TRIAD SRL in persona del Presidente

del Consiglio di Amministrazione, elettivamente domiciliato in ROMA,

PIAZZA DELLA LIBERTA’ 20, presso lo studio dell’avvocato MARIA

LAVIENSI, rappresentata e difesa dall’avvocato ALBE’ GIORGIO, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ROMA (OMISSIS) in persona del Sindaco pro-tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso

l’AVVOCATURA COMUNALE, rappresentato e difeso dagli avvocati RAIMONDO

ANGELA e FEDERICA GUGLIELMI (dell’Avvocatura Comunale), giusta delega

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 54/2008 della Commissione Tributaria Regionale

di ROMA del 20.3.08, depositata il 10/06/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

03/05/2011 dal Consigliere Relatore Dott. MARIAIDA PERSICO.

E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. PIETRO

GAETA.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

Vista la relazione, il ricorso e tutti gli altri atti di causa;

rilevato che la società Big Size s.r.l. (già Triad s.r.l.) propone ricorso per cassazione, fondato su tre motivi, avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 54/10/08, depositata il 10 giugno 2008, con la quale veniva rigettato l’appello da essa proposto e dichiarati legittimi i n. 12 avvisi di accertamento emessi dal Comune di Roma per imposta sulla pubblicità per l’anno 2002; che il giudice a quo motivava assumendo che l’avviso era stato emesso a fronte dell’installazione di un impianto pubblicitario privo della dichiarazione e dell’autorizzazione prescritta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, come accertato dai competenti organi della Polizia Municipale, e che pertanto il pagamento effettuato non inficiava la legittimità dell’accertamento;

che il Comune ha controdedotto;

che la relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata agli avvocati delle parti;

che è stata depositata memoria da parte della ricorrente, con la quale la stessa confuta la inammissibilità del ricorso e sottolinea, quanto al primo motivo, la conferenza dello stesso e la non necessità, ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c., di un distinto quesito essendo denunciato un vizio di motivazione; quanto al secondo motivo, l’autosufficienza dello stesso; e, quanto al terzo, l’implicita ammissibilità del medesimo;

che il Collegio, a seguito della discussione in camera di consiglio, condivide i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione.

1. In particolare con riferimento al primo motivo con il quale la società contribuente denuncia vizio di motivazione sulla qualificazione giuridica dei pagamenti effettuati dalla società – ai fini dell’accertamento della legittimità degli avvisi di accertamento impugnati ritiene che la censura è inammissibile sia in quanto viene denunziato come vizio di motivazione non l’accertamento di un fatto materiale – cioè l’avvenuto pagamento -, ma una qualificazione giuridica di esso, così ponendo una questione di diritto senza formulare il relativo quesito di diritto con violazione del disposto di cui all’art. 366 bis c.p.c., sia per la sua inconferenza rispetto alla ratio decidendi della sentenza impugnata:

quest’ultima, infatti, ha motivato la ritenuta legittimità dell’avviso di accertamento impugnato sulla mancanza dell’autorizzazione prescritta dal D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 8, peraltro pacifica e mai contestata, dato rispetto al quale il giudice a quo si limita ad aggiungere che “eventuali pagamenti effettuati, ove imputabili effettivamente agli impianti abusivi sanzionati, non inficiano le legittimità dell’accertamento”.

1.1 In particolare si specifica che il vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, è praticabile solo in ordine agli accertamenti di fatto e non anche alle statuizioni giuridichc le quali, comunque motivate dal giudice di merito, debbono essere sindacate in sede di legittimità solo con riferimento alla correttezza o meno dell’interpretazione della legge di cui esse sono espressione applicativa. Pertanto nelle ipotesi in cui, come nel caso di specie, viene prospettato un vizio motivazionale in diritto lo stesso deve ritenersi irrilevante in quanto tale o inammissibile, se inteso come denuncia di un vizio in diritto, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c.. Ancora si osserva che la inconferenza della doglianza è strettamente conseguente alla ratio decidendi dell’impugnata sentenza che la censura mira ad attaccare: ne consegue che se, come nel caso di specie, la ratio decidendi poggia su fondamenta diverse – quali la mancanza di autorizzazione dell’impianto pubblicitario – deve ritenersi inconferente l’eccezione che affronta un aspetto diverso, citato incidenter tantum dal giudicante che asserisce “eventuali pagamenti effettuati … non inficiano la legittimità dell’accertamento”;

2. che, in riferimento al secondo motivo del ricorso, accompagnato da idoneo quesito di diritto, con il quale la contribuente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 112 c.p.c., ritiene che la censura è inammissibile per violazione del principio di autosufficienza non essendo stato consentito a questo Collegio la immediata e diretta verifica della fondatezza dell’eccezione proposta. La ricorrente infatti, nell’assoluto silenzio sul punto della sentenza impugnata, ha l’onere di riportare testualmente i termini esatti della censura che ora addebita alla Corte di merito di avere trascurato, in modo da consentire al giudice la immediata e diretta verifica della ritualità e fondatezza dell’eccezione di legittimità svolta. Se è vero, infatti, che la Corte di Cassazione, allorquando sia denunciato un errore in procedendo, quale è indubbiamente il vizio di ultra o extrapetizione, è anche giudice del fatto ed ha il potere e dovere di esaminare direttamente gli atti di causa, tuttavia, per il sorgere di tale potere – dovere è necessario, non essendo il predetto vizio rilevabile di ufficio, che la parte ricorrente indichi gli elementi individuanti e caratterizzanti il fatto processuale di cui si chiede il riesame, e, quindi, che il corrispondente motivo sia ammissibile e contenga (per il principio di autosufficienza del ricorso) tutte le precisazioni ed i riferimenti necessari ad individuare la dedotta violazione processuale (ex plurimis: Cass. 9275 del 2005);

3. che, in riferimento al terzo motivo, accompagnato da idoneo quesito di diritto, con il quale viene denunciata la violazione del D.Lgs. n. 472 del 2007, art. 12, il Collegio rileva che la censura è manifestamente fondato. Il giudice dell’appello, infatti, ha confermato la legittimità dei n. dodici avvisi di accertamento impugnati e, conseguentemente delle sanzioni irrogate per ognuno di essi, ma, in violazione del disposto dell’art. 12 citato, non ha provveduto alla rideterminazione della sanzione unica da infliggersi secondo il calcolo previsto dal D.Lgs. n. 472 del 2007, art. 12.

4. che, pertanto, il ricorso va dichiarato inammissibile con riferimento ai primi due motivi e va accolto con riferimento al terzo;

che, in tali limiti, va cassata la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della C.T.R. del Lazio che applicherà il principio di diritto sopra indicato e provvederà anche sulle spese.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo ed il secondo motivo del ricorso; accoglie lo stesso, con riferimento al terzo motivo per manifesta fondatezza; in tali limiti cassa la sentenza impugnata con rinvio, anche per le spese di giudizio, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, il 3 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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