Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13829 del 31/05/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 13829 Anno 2013
Presidente: DE RENZIS ALESSANDRO
Relatore: BLASUTTO DANIELA

SENTENZA

sul ricorso 18199-2010 proposto da:
ANTICONA ALVARADO SILVIA MARGOT, ANTICONA ALVARADO
ALBERTO RAFAEL NCTLRT7OL22Z611V, elettivamente
domiciliati in ROMA, VIA CIPRO 77, presso lo studio
dell’avvocato RUSSILLO GERARDO, che li rappresenta e
difende, giusta delega in atti;
– ricorrenti –

2013
1458

contro

CRUZ REYES XAVIER GONZALO, elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DI S. COSTANZA 27, presso lo studio
dell’avvocato MONTEMARANO ARMANDO, che 1o rappresenta

Data pubblicazione: 31/05/2013

e difende, giusta delega in atti;

controri corrente

avverso la sentenza n. 8752/2009 della CORTE
D’APPELLO di ROMA, depositata il 24/05/2010 R.G.N.
5389/2007;

udienza del 22/04/2013 dal Consigliere Dott. DANIELA
BLASUTTO;
udito l’Avvocato MENETTI FERDINANDO per delega
MONTEMARANO ARMANDO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIULIO ROMANO che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

udita la relazione della causa svolta nella pubblica

í

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza del 12 novembre 2009 la Corte di appello di
Roma, riformando la sentenza di primo grado, in accoglimento
riconosceva che l’appellante aveva prestato lavoro
subordinato alle dipendenze di Anticona Alvarado Alberto
Rafael e di Anticona Silvia Margot dal 14 ottobre 2001 al 18
luglio 2002 continuativamente nelle giornate di giovedì e
domenica per prestazioni lavorative rese presso l’agenzia di
servizi gestita dagli appellati, i quali venivano condannati
al pagamento della somma di e 4.973,06 a titolo di differenze
paga, indennità feriale, tredicesima mensilità e trattamento
di fine rapporto.
Osservava la Corte di appello che l’istruttoria svolta in
primo grado consentiva di pervenire a conclusioni opposte a
quelle tratte dal Tribunale, in quanto i testi di parte
ricorrente, della cui attendibilità non vi era motivo di
dubitare, avevano asseverato la costante presenza del
ricorrente nei locali dell’agenzia nelle giornate di giovedì
e domenica e lo svolgimento delle mansioni allegate, mentre i
testi indicati da parte resistente, non avendo confermato di
avere frequentato l’agenzia specificamente nei giorni
rilevanti per il giudizio, avevano fornito una versione non
incompatibile con la prima. Concludeva che vi era la prova di
diversi indici sintomatici della natura subordinata del
rapporto di lavoro, quali la continuità della collaborazione,
la remunerazione in cifra fissa con cadenza mensile,
l’osservanza di un orario predeterminato di lavoro per due
giorni alla settimana durante l’intero arco di apertura
dell’esercizio, da valutarsi unitamente alla semplicità e

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Udienza 22 aprile 2013
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dell’appello proposto da Cruz Reyes Xavier Gonzalo,

ripetitività delle mansioni espletate dal lavoratore,
dovendosi altresì valorizzare il dato socialmente tipico
ricavabile dalla natura dei compiti assegnati, unitamente ai
suddetti criteri distintivi sussidiari. Richiamava
al potere datoriale che caratterizza la subordinazione è
implicitamente e necessariamente presupposto sia
dall’accertato inserimento del lavoratore nella realtà
organizzativa aziendale, sia dall’espletamento di mansioni
semplici e ripetitive svolte con continuità e nel rispetto di
un orario di lavoro.
Per la cassazione di tale sentenza propongono ora ricorso
Anticona Alvarado Alberto Rafael e Anticona Silvia Margot
sulla base di un unico motivo, articolato in due censure.
Resiste con controricorso Cruz Reyes Xavier Gonzalo.
Parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa ex
art. 378 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo i ricorrenti, censurando la sentenza per
violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod. civ., in
relazione all’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., nonché per vizio
di motivazione, in relazione all’art. 360 n. 5 cod. proc.
civ., denunciano che non era stata acquisita la prova
dell’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo
(organizzativo e disciplinare) dei convenuti, poiché i testi
nulla avevano riferito al riguardo, essendosi limitati a
confermare la presenza del ricorrente presso l’agenzia di
servizi gestita dai convenuti. Inoltre, le deposizioni
valorizzate dal giudice di appello erano generiche e
contraddittorie e dunque neppure gli indici sintomatici

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l’orientamento interpretativo secondo cui l’assoggettamento

sussidiari

potevano

ritenersi

validamente

dimostrati.

L’argomentazione vertente sul carattere semplice delle
mansioni, per potere essere valorizzata ai fini della
dimostrazione della subordinazione c.d. attenuata, dovrebbe
istruzioni di carattere generale fornite una volta per tutte
all’inizio del rapporto e della permanente disponibilità del
lavoratore ad eseguirle, ma nel caso di specie neppure di
tali circostanze era stata fornita la prova in giudizio.
Le censure non hanno fondamento.
Ai fini della qualificazione del rapporto di lavoro come
autonomo o subordinato, è censurabile in sede di legittimità
soltanto la determinazione dei criteri generali ed astratti
da applicare al caso concreto, mentre costituisce
accertamento di fatto, come tale incensurabile in detta sede,
se sorretto da motivazione adeguata ed immune da vizi logici
e giuridici, la valutazione delle risultanze processuali che
hanno indotto il giudice del merito ad includere il rapporto
controverso nell’uno o nell’altro schema contrattuale

(ex

plurimis, da ultimo, Cass. ord. n.9808 del 2011).
Ciò premesso, il motivo vertente sul vizio di motivazione
è inammissibile, poiché oggetto della censura non sono i
passaggi logici della sentenza, ossia l’apprezzamento che
delle prove abbia fatto il giudice di appello, ma
direttamente le fonti della prova, assumendosi la
contraddittorietà e/o genericità delle deposizioni
testimoniali valorizzate in sentenza.
E’ principio ripetutamente affermato da questa Corte che il
ricorso per cassazione con il quale si facciano valere vizi
di motivazione della sentenza, impugnata a norma dell’art.
360 cod. proc. civ., n. 5, deve contenere – in ossequio al

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essere accompagnata dalla dimostrazione dell’esistenza di

disposto dell’art. 366 cod. proc. civ., n. 4 che per ogni
tipo di motivo pone il requisito della specificità
sanzionandone il difetto – la precisa indicazione di carenze
o lacune nelle argomentazioni sulle quali si basano la
specificazione d’illogicità, consistenti nell’attribuire agli
elementi di giudizio considerati un significato fuori dal
senso comune, od ancora la mancanza di coerenza fra le varie
ragioni esposte, quindi l’assoluta incompatibilità razionale
degli argomenti e l’insanabile contrasto degli stessi. Ond’è
che risulta inidoneo allo scopo il far valere la non
rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice
del merito all’opinione che di essi abbia la parte ed, in
particolare, il prospettare un soggettivo preteso migliore e
più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti,
atteso che tali aspetti del giudizio, interni all’ambito
della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova
e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero
convincimento del giudice e non ai possibili vizi dell’uiter”
formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della
norma in esame. Diversamente, si risolverebbe il motivo di
ricorso per cassazione ex art. 360 cod. proc. civ., n. 5, in
un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni
effettuate ed, in base ad esse, delle conclusioni raggiunte
dal giudice del merito, cui, per le medesime considerazioni,
neppure può imputarsi d’aver omesso l’esplicita confutazione
delle tesi non accolte e/o la particolareggiata disamina
degli elementi di giudizio ritenuti non significativi,
giacché ne’ l’una ne’ l’altra gli sono richieste, mentre
soddisfa l’esigenza di adeguata motivazione che il raggiunto
convincimento risulti da un esame logico e coerente di

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decisione o il capo di essa censurato, ovvero la

quelle, tra le prospettazioni delle parti e le emergenze
istruttorie, che siano state ritenute di per sé sole idonee e
sufficienti a giustificarlo (in tali termini, cfr. Cass. 23
maggio 2007 n. 12052).
evidenziato profili di omissione, insufficienza o
contraddittorietà della motivazione nei termini consentiti in
sede di legittimità. Le censure tendono ad ottenere una
diretta rivisitazione dell’esito della prova testimoniale,
della quale vengono trascritte le deposizioni, sollecitando
un riesame del relativo contenuto da parte di questa Corte,
muovendo dal presupposto – insuscettibile di rilievo in sede
di legittimità – di una inappagante valutazione delle
relative risultanze da parte del giudice di merito.
Quanto

alla

dedotta

inosservanza

delle

regole

qualificatorie elaborate dalla giurisprudenza di questa Corte
nell’analisi e nella specificazione del contenuto della
clausola generale di cui all’art. 2094 c.c., il ricorso è
infondato, avendo la Corte di appello fatto corretta
interpretazione e applicazione di tali regole.
L’elemento che contraddistingue il rapporto di lavoro
subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il
vincolo di soggezione personale del lavoratore al potere
organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro,
con conseguente limitazione della sua autonomia ed
inserimento nell’organizzazione aziendale, mentre altri
elementi, quali l’assenza di rischio, la continuità della
prestazione, l’osservanza di un orario e la forma della
retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non
decisiva, possono costituire indici rivelatori della
subordinazione, idonei anche a prevalere sull’eventuale

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Nella specie, non risulta che le doglianze abbiano

volontà contraria manifestata dalle parti, ove incompatibili
con l’assetto previsto dalle stesse (Cass. n. 5645 del 2009).
In particolare, ove l’assoggettamento del lavoratore alle
direttive altrui non sia agevolmente apprezzabile a causa
criteri complementari e sussidiari – come quelli della
collaborazione, della continuità delle prestazioni,
dell’osservanza di un orario predeterminato, del versamento a
cadenze fisse di una retribuzione prestabilita, del
coordinamento dell’attività lavorativa all’assetto
organizzativo dato dal datore di lavoro, dell’assenza in capo
al lavoratore di una sia pur minima struttura imprenditoriale
– che, privi ciascuno di valore decisivo, possono essere
valutati globalmente come indizi probatori della
subordinazione (v. Cass. n. 9256 del 2009).
Il lavoro subordinato alle dipendenze di un’impresa si
caratterizza proprio per l’inserimento stabile del lavoratore
nell’organizzazione produttiva e per il conseguente
assoggettamento al potere gerarchico dell’imprenditore (art.
2086 e 2094 cod. civ.), che assume il rischio economico
della gestione ed organizza il lavoro altrui. Ove l’attività
lavorativa sia intrinsecamente conformata alle esigenze
produttive dell’azienda ed altresì integrata nel ciclo
produttivo, deve ritenersi sussistente il requisito
fondamentale della subordinazione, posto che non tutte la
attività lavorative richiedono direttive continue o controlli
costanti della parte datoriale, la quale ben può esercitare
il proprio potere gerarchico – a seconda dei casi e della
particolare natura della prestazione – anziché mediante
ordini dettagliati e continui o tramite un’ingerenza costante
(effettivamente non sempre necessaria in ragione della natura

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della peculiarità delle mansioni, occorre fare riferimento a

delle mansioni, da valutare di volta in volta) mediante la
predisposizione delle modalità organizzative attraverso le
quali la prestazione deve essere resa e viene ad integrarsi
nell’organizzazione complessiva dell’impresa, per il
Secondo la ricostruzione fattuale operata dal giudice di
merito, incensurabile in questa sede per le ragioni già
dette, la natura subordinata del rapporto di lavoro era
desumibile da indici di prova indiretta, quali il carattere
continuativo della prestazione lavorativa, resa con
regolarità nei giorni di giovedì e domenica nel periodo
dedotto in giudizio; l’osservanza di un orario prestabilito e
la presenza costante del prestatore nei locali aziendali; il
carattere definito, vincolato e ripetitivo delle mansioni,
costituite dalla ricezione e preparazione dei pacchi da
spedire e dall’incasso del corrispettivo dalla clientela; la
retribuzione corrisposta in cifra fissa con cadenza mensile,
tutti elementi comprovanti una programmazione del lavoro
organizzato dalla parte datoriale per soddisfare gli scopi
produttivi dell’impresa.
Le modalità attraverso le quali la prestazione
lavorativa era stata resa rivelavano in modo univoco
l’inserimento stabile dell’attuale resistente
nell’organizzazione produttiva aziendale, l’assenza di
rischio economico e di una autonomia gestionale del
lavoratore. Trattasi di elementi sintomatici della
subordinazione, atti ad integrare la prova indiretta del
vincolo di assoggettamento al potere organizzativo datoriale,
pur in assenza della specifica dimostrazione delle istruzioni
impartite per lo svolgimento delle mansioni affidate,
peraltro di natura semplice e ripetitiva, rese in conformità

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soddisfacimento dei fini produttivi della stessa.

all’organizzazione del servizio programmato dagli attuali
ricorrenti.
Il ricorso va quindi rigettato con onere delle spese a
carico di parte ricorrente

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La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti in solido
al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida
in euro 1.500,00 per compensi ed euro 50,00 per esborsi, da
distrarsi in favore del procuratore antistatario.
Così deciso in Roma, il 22 aprile 2013
Il Consigliere est.

Il Presidente

P.Q.M.

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