Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13828 del 09/06/2010
Cassazione civile sez. III, 09/06/2010, (ud. 17/03/2010, dep. 09/06/2010), n.13828
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FILADORO Camillo – Presidente –
Dott. AMENDOLA Adelaide – Consigliere –
Dott. TRAVAGLINO Giacomo – rel. Consigliere –
Dott. LANZILLO Raffaella – Consigliere –
Dott. D’AMICO Paolo – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 10170-2006 proposto da:
SOC. ITALBAG SRL, (OMISSIS), in persona del Presidente e Leg.
Rappr. p.t. Sig. T.N., elettivamente domiciliata in ROMA,
presso CANCELLERIA CORTE DI CASSAZIONE rappresentata e difesa
dall’Avvocato BRUNO GIUSEPPE, con studio in 65129 PESCARA, Via Alento
127, giusta delega a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
COMUNE DI ELICE, (OMISSIS), in persona del Sindaco pro tempore,
dott. G.C. n. 2 elettivamente domiciliato in ROMA, VIA
PRINCIPESSA CLOTILDE 2, presso lo studio dell’avvocato PAOLANTONIO
NINO, rappresentato e difeso dall’avvocato DI SILVESTRE UGO giusta
delega a margine del controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 906/2005 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA,
Sezione Civile, emessa il 21/06/2005, depositata il 12/10/2005;
R.G.N. 130/2003.
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del
17/03/2010 dal Consigliere Dott. GIACOMO TRAVAGLINO;
udito l’Avvocato Giuseppe BRUNO;
udito l’Avvocato Ugo DI SILVESTRE;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
FUCCI Costantino che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Fatto
IN FATTO
La Italbag s.r.l. convenne in giudizio dinanzi al tribunale di Pescara il comune di Elice, chiedendo il risarcimento dei danni subiti a seguito di un’ordinanza di sospensione dei lavori emessa dall’ente territoriale dopo che l’ente stesso aveva autorizzato un intervento edilizio (realizzazione di un capannone industriale) su un appezzamento di terreno all’uopo acquistato dall’attrice.
Il giudice di primo grado (al quale la società aveva rappresentato la duplice circostanza dell’esclusione di una condotta penalmente rilevante in capo ad essa nel giudizio penale instaurato ai sensi della L. n. 47 del 1985 e della declaratoria di illegittimità del provvedimento di sospensione in sede di giudizio amministrativo) respinse la domanda.
L’impugnazione proposta dalla Italbag fu rigettata dalla corte di appello dell’Aquila.
La sentenza è stata impugnata dall’appellante con ricorso per cassazione sorretto da un unico, complesso motivo illustrato da memoria.
Resiste con controricorso il comune di Elice.
Diritto
IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Con il primo e unico motivo, si denuncia il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su di un punto decisivo della controversia.
Il motivo è privo di pregio.
Benchè suggestivamente articolato, esso si infrange, difatti, sul corretto impianto motivazionale adottato dal giudice d’appello nella parte in cui ha ritenuto – in conformità con una consolidata giurisprudenza di questa corte regolatrice – che il thema decidendum della controversia risarcitoria andasse circoscritto all’esame non della legittimità dell’azione amministrativa (pacificamente impredicabile nel caso di specie), bensì della sua liceità, sub specie della astratta configurabilità, in capo alla P.A., di una condotta colpevole dacchè tenuta in violazione delle regole di correttezza, imparzialità e buona amministrazione cui l’esercizio del munus publicum è istituzionalmente demandato, e che il giudice ordinario può valutare qual limite esterno alla discrezionalità dell’amministrazione (Cass. ss. uu. 500/1999; 1369/2000 e, per la giurisprudenza amministrativa, Cons. Stato 5412/2000).
L’ampia, articolata e condivisibile motivazione adottata dal giudice territoriale per escludere, nella specie, la configurabilità, in capo all’ente territoriale, dell’elemento soggettivo idoneo ad integrare l’illecito lamentato dal ricorrente, alla luce dell’obbiettivamente controverso dipanarsi delle vicende processuali di cui ancor oggi si discorre (svoltesi tanto in sede penale quanto amministrativa), si sottrae, in quanto strutturata secondo valutazioni e accertamenti in fatto, ad ogni censura di legittimità da parte di questa corte, non senza osservare, ancora, come la configurabilità dell’elemento soggettivo della colpa idoneo ad integrare e completare la fattispecie normativa di cui all’art. 2043 c.c. non possa essere legittimamente predicata con riferimento alla sola condotta del funzionario agente (sub specie dei noti parametri della negligenza e dell’imperizia), ma vada viceversa ricondotta alla P.A. intesa come apparato nella sua complessiva struttura organizzativa e decisionale, onde il tradizionale concetto di colpa soggettiva si estende ed evolve, con riferimento alla responsabilità da illecito aquiliano di un ente pubblico, verso una più ampia nozione funzionale a comprendere l’intero svolgimento dell’attività provvedi mentale ad esso imputabile nel suo complesso.
Avendo la corte abruzzese fatto buon governo di tali principi, senza incorrere in errori logico-giuridici, il ricorso deve essere rigettato.
La disciplina delle spese – che possono per motivi di equità essere in questa sede compensate – segue come da dispositivo.
P.Q.M.
La corte rigetta il ricorso e compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 marzo 2010.
Depositato in Cancelleria il 9 giugno 2010