Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13826 del 31/05/2013
Civile Sent. Sez. L Num. 13826 Anno 2013
Presidente: ROSELLI FEDERICO
Relatore: MANCINO ROSSANA
SENTENZA
sul ricorso 692-2011 proposto da:
– I.N.P.S.
SOCIALE
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
80078750587,
persona
in
rappresentante pro tempore,
del
legale
elettivamente domiciliato
in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’Avvocatura
Centrale dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli
2013
1245
avvocati MAURO RICCI, PREDEN SERGIO, PULLI CLEMENTINA,
PATTERI ANTONELLA, giusta delega in atti;
– ricorrente contro
t
PIRAZZINI
VANNI
PRZVNN49S09H199D,
elettivamente
Data pubblicazione: 31/05/2013
domiciliato in ROMA, VIA AJACCIO N.
14,
presso lo
studio dell’avvocato STEFANO QUEIROLO, rappresentato e
difeso dall’avvocato MENGOZZI LORELLA, giusta delega in
atti;
– controrlcorrente
1073/2009 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 22/09/2010 R.G.N. 100/2004;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del
09/04/2013
dal Consigliere Dott. ROSSANA
MANCINO;
udito l’Avvocato PREDEN SERGIO;
udito l’Avvocato MENGOZZI LORELLA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO t che ha concluso per
il rigetto del ricorso.
avverso la sentenza n.
–
r.g.n. 692/2011 INPS c/Pirazzini Vanni
ud 9 aprile 2013
i
La Corte di Appello di Bologna, con sentenza del 22 settembre 2010,
respingeva il gravame svolto dall’INPS avverso la sentenza di primo
grado che aveva accolto la domanda proposta da Pirazzini Vanni per
l’accertamento del diritto alla maggiorazione contributiva per le
prestazioni pensionistiche – ex art. 13, comma 8, L. n. 257 del 1992 e
successive modifiche – per il periodo lavorativo svolto presso l’ANICEnichem di Ravenna, con esposizione all’amianto per oltre un
decennio e comunque sino al 31.12.1994.
2. Per la Corte territoriale, in adesione alle conclusioni del consulente
officiato nel giudizio di appello, era risultato accertato il superamento
del livello massimo di concentrazione di amianto nell’ambiente ove il
Pirazzini aveva lavorato, per almeno 11 anni continuativi e
complessivamente per 14 anni e sei mesi. In particolare la Corte di
merito riteneva l’indagine svolta dall’ausiliare immune da censure
d’ordine logico giacché approfondita, rigorosa e coltivata
nell’approfondimento teorico ed empirico, tenuto conto delle
mansioni assolte dal lavoratore, di addetto allo svolgimento di attività
manutentiva di impianti a contatto con l’amianto in forma diretta
(utilizzo di materiali e strumenti di lavoro) e indiretta (notevoli
quantità di amianto nell’aria circostanze e dispersione di polveri nocive
nell’ambiente, nel corso delle operazioni di pulizia dei locali).
3. L’INPS ricorre per cassazione con un articolato motivo, illustrato con
memoria ex art. 378 c.p.c. Pirazzini Vanni resiste con controricorso.
Motivi della decisione
4. Con l’unico motivo di ricorso l’INPS censura l’impugnata sentenza
per violazione dell’art. 13, comma 8, legge n. 257 del 1992 e per
insufficiente motivazione sul fatto controverso e decisivo per il
Rossana Mancino est.
r.g.n. 692/2011 INPS c/Pirazzini Vanni
Svolgimento del processo
5. Osserva il Collegio che le esposte doglianze, nei termini in cui sono
svolte, non rivelano in modo chiaro il contenuto della critica alla
sentenza impugnata.
6. Nella censura svolta dall’INPS è contenuta una critica alla valutazione
delle risultanze processuali ma il mezzo d’impugnazione non si
conforma comunque alla regola dell’autosufficienza del ricorso per
cassazione.
z Invero per il principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, il
ricorrente che, in sede di legittimità, denunci il difetto di motivazione
sulla valutazione di un documento o di risultanze probatorie o
processuali, ha l’onere di indicare specificamente le circostanze
oggetto della prova o il contenuto del documento trascurato od
erroneamente interpretato dal giudice di merito, provvedendo alla
loro trascrizione, al fine di consentire al giudice di legittimità il
controllo della decisività dei fatti da provare e, quindi, delle prove
stesse, che la Corte di legittimità deve essere in grado di compiere
sulla base delle deduzioni contenute nell’atto, alle cui lacune non è
consentito sopperire con indagini integrative (v., ex multis, Cass.
17915/2010).
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Rossana Mancino est.
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giudizio. Assume l’erroneità della statuizione impugnata per avere la
Corte di merito ritenuto raggiunta la prova dell’esposizione qualificata
all’amianto in adesione alle conclusioni del consulente officiato in
giudizio, laddove il predetto ausiliare aveva, invece, definito solo
discretamente probabile l’effettiva sussistenza dell’esposizione
superiore alla soglia di legge e, all’esito dei chiarimenti ai quali era stato
sollecitato, aveva definito tale stima non indicativa di un’assoluta o
anche solo elevata certezza. In definitiva l’ente previdenziale ritiene
l’accertamento nei termini anzidetti ostativo all’accoglimento della
domanda, per non essere risultato provato il raggiungimento dell’
“elevato grado di probabilità di esposizione all’amianto”, condizione
indispensabile per il preteso beneficio secondo l’orientamento
giurisprudenziale di legittimità.
9. Infine, il giudice del merito non è tenuto ad esporre in modo puntuale
le ragioni della propria adesione alle conclusioni del consulente tecnico
d’ufficio, potendo limitarsi ad un mero richiamo ad esse, soltanto nel
caso in cui non siano mosse alla consulenza precise censure alle quali,
pertanto, è tenuto a rispondere per non incorrere nel vizio di
motivazione. Tale vizio è però denunciabile, in sede di legittimità, solo
attraverso un’indicazione specifica delle censure non esaminate dal
medesimo giudice (e non già tramite una critica diretta della
consulenza stessa), censure che, a loro volta, devono essere
integralmente trascritte nel ricorso per cassazione al fine di consentire,
su di esse, la valutazione di decisività (v., ex multis, Cass. 18688/2007).
10. Ebbene, le doglianze mosse, nella specie, alla sentenza impugnata non
indicano affatto in quale misura la Corte territoriale avrebbe deviato
dai canoni interpretativi nella valutazione dell’elaborato tecnico che, ad
avviso, dell’INPS, avrebbe dovuto condurre al rigetto della domanda
proposta.
11. In definitiva il ricorso va rigettato.
12. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
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Rossana Mancino est.
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8. In particolare, la parte che addebita alla consulenza tecnica d’ufficio
lacune di accertamento o errori di valutazione oppure si duole di
erronei apprezzamenti contenuti in essa o, come nella specie, nella
sentenza che l’ha recepita, ha l’onere di trascrivere integralmente nel
ricorso per cassazione almeno i passaggi salienti e non condivisi e di
riportare, poi, il contenuto specifico delle critiche ad essi sollevate, al
fine di evidenziare gli errori commessi dal giudice del merito nel
limitarsi a recepirla e nel trascurare completamente le critiche
formulate in ordine agli accertamenti ed alle conclusioni del consulente
d’ufficio. Le critiche mosse alla consulenza ed alla sentenza devono,
pertanto, possedere un grado di specificità tale da consentire alla Corte
di legittimità di apprezzarne la decisività direttamente in base al ricorso
(v., ex multis, Cass. 4201/2010).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese,
liquidate in euro 50,00 per esborsi, oltre curo 2.000,00 per compensi
professionali, oltre accessori di legge
Così deciso in Roma, il 9 aprile 2013.