Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13826 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 20/05/2021), n.13826

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24381/2014 R.G. proposto da:

S.A., rappresentato e difeso dall’Avv. Sanino Mario,

dall’Avv. Garettini Guido e dall’Avv. Bonaccio Giovanni, con

domicilio eletto in Roma, piazzale Clodio, n. 56, presso lo studio

del terzo;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– controricorrente –

e contro

Equitalia Centro s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Sammarco

Pieremilio, con domicilio eletto in Roma, via Muzio Clementi, n. 48,

presso lo studio dello stesso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia-Romagna n. 449/20/2014 depositata il 5 marzo 2014.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2021 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

Equitalia Centro s.p.a notificò ad S.A. una cartella di pagamento che trovava il proprio fondamento in un precedente avviso di accertamento, relativo a IRPEF per l’anno 2006;

sulla premessa di avere avuto conoscenza di tali due atti solo a seguito della notificazione di due atti di pignoramento di crediti verso terzi, S.A. impugnò sia la cartella di pagamento sia il presupposto avviso di accertamento davanti alla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia (hinc anche: “CTP”), che rigettò il ricorso del contribuente;

avverso tale pronuncia, lo stesso S.A. propose appello alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia-Romagna (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò;

in particolare, la CTR: a) anzitutto, rigettò il motivo con il quale l’appellante aveva censurato la sentenza di primo grado per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 24 – per non avere la CTP rinviato l’udienza nonostante il difensore del S. avesse dichiarato che, a seguito del deposito, da parte sia di Equitalia Centro s.p.a. sia dell’Agenzia delle entrate, di documenti relativi alla notificazione, rispettivamente, della cartella di pagamento e dell’avviso di accertamento, intendeva proporre motivi aggiunti – con la motivazione che, premesso che “il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24 (…) prevede l’integrazione dei motivi di ricorso a causa del deposito, ad opera di una delle parti, di documenti non conosciuti dalle altre parti” e che, “preso atto di quanto disposto dalla norma citata, il Collegio ritiene che ove nel corso del giudizio vengano depositati documenti non conosciuti da tutte le parti in causa, possa essere disposto il rinvio del processo al fine di consentire la generale presa d’atto della documentazione prodotta, così da consentire l’approntamento di eventuali atti difensivi”, “Miei caso di specie, però, non sono stati prodotti dall’Agenzia delle entrate documenti nuovi non conosciuti dalla controparte, ma relate attestanti la regolare notifica del provvedimento che il contribuente afferma di non avere ricevuto. Si tratta, cioè, di elementi secondari dai quali può essere desunta l’esistenza del fatto principale, cioè, nel caso di specie, la regolare notifica del provvedimento impugnato. Quindi, correttamente, la Commissione provinciale ha ritenuto di non concedere il differimento dell’udienza chiesto dal ricorrente. Va tenuto presente, peraltro, che la documentazione di cui si tratta risulta essere stata prodotta dall’Agenzia delle entrate non nel corso della pubblica udienza in data 13/6/2013, ma in allegato alla costituzione in giudizio avvenuta il 30/5/2013. Esisteva, quindi, il tempo per proporre, prima dell’udienza, eventuali ulteriori memorie difensive, anche tenuto conto del tipo di documentazione prodotta, certamente non particolarmente complessa, utile solo a dimostrare l’avvenuta regolare notifica dell’avviso di accertamento. Ciò considerato, il Collegio ritiene che la decisione dei primi Giudici, per questa parte, sia esente da censure e, quindi, che non esistano le condizioni per rimettere la causa alla Commissione provinciale”; b) in secondo luogo, rigettò il motivo relativo alla (in)validità della notificazione dell’avviso di accertamento, con la motivazione che esso “risulta essere stato notificato all’unico domicilio eletto dal contribuente, quindi è da ritenersi valida nel rispetto di quanto disposto dall’art. 140 c.p.c.. Nè ha rilievo quanto affermato dal ricorrente in merito alla possibilità per l’Ufficio di venire a conoscenza di un diverso domicilio, tenuto conto che in caso di cambio di domicilio, è preciso onere del contribuente notificare la variazione al competente Ufficio delle imposte e, in assenza di specifica comunicazione in tale senso, non può che valutarsi legittima la notificazione eseguita presso l’unico domicilio eletto”; c) in terzo luogo, rigettò il motivo relativo alla (in)validità della notificazione della cartella di pagamento, con la motivazione che “nelle controdeduzioni dedotte da Equitalia si legge che la cartella di cui si tratta è stata notificata ai sensi del combinato disposto del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 49, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e dell’art. 140 c.p.c.. In particolare, Equitalia evidenzia che a seguito della riscontrata irreperibilità relativa del contribuente, si è proceduto alla affissione/pubblicazione per un giorno all’Albo comunale e all’invio del relativo avviso di deposito a mezzo raccomandata A.R. A sostegno di quanto affermato produce: relata di notifica, avviso di deposito alla casa comunale, certificato di pubblicazione, certificato di residenza del contribuente, ricevuta di raccomandata AR di avviso di deposito con relativa ricevuta di ritorno e con timbro di compiuta giacenza. Preso atto di ciò, tenuto conto di quanto deciso dalla Corte costituzionale con sentenza 258/2012 (.4, il collegio osserva che tra gli adempimenti precisati dall’art. 140 c.p.c., è previsto che venga affisso avviso del deposito alla casa comunale alla porta dell’abitazione del destinatario. Di tale adempimento, però, non vi è traccia negli atti processuali, nè la sua esecuzione è stata affermata da Equitalia, nè indicata nella relata di notifica prodotta in primo grado. Ebbene, il venire meno di uno degli adempimenti previsti ai sensi della norma citata, nella specie l’affissione alla porta dell’appartamento della comunicazione di deposito presso l’Albo comunale, determina irregolarità e non inesistenza dell’atto, irregolarità che può essere sanata con la proposizione del ricorso e con l’esercizio del diritto di difesa, circostanze verificatesi nel caso di specie. Tale orientamento è in linea con i principi resi manifesti dalla Corte di cassazione. In particolare, i Giudici di legittimità, con sentenza 4760/09 hanno affermato che la notificazione costituisce condizione integrativa dell’efficacia del provvedimento, ma non è requisito di giuridica esistenza e perfezionamento dell’atto, ne consegue che l’inesistenza della notificazione non determina in via automatica l’inesistenza dell’atto, quando ne risulti inequivocabilmente la piena conoscenza da parte del contribuente, condizione esistente nel caso di specie, avendo il medesimo proposto ricorso ed esercitato il diritto di difesa con argomentazioni dettagliate. Con altra sentenza a SS.UU.-19854/04- la suprema Corte ha affermato che non può essere sostenuta la nullità della notifica, sia pure in presenza di imperfezioni nel procedimento, qualora dalla proposizione del ricorso è provata la conoscenza dell’atto impositivo”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 5 marzo 2014 e non notificata, ricorre per cassazione S.A., che affida il proprio ricorso – notificato il 10/18 ottobre 2014 – a quattro motivi;

Equitalia Centro s.p.a. e l’Agenzia delle entrate resistono con controricorso;

S.A. ha depositato una memoria.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

preliminarmente, devono essere esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate da Equitalia Centro s.p.a. nel proprio controricorso;

con la prima, Equitalia Centro s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso proposto contro di essa perchè notificato, in violazione dell’art. 330 c.p.c., comma 1, “direttamente ad Equitalia Centro S.p.A., agente della riscossione per la provincia di Reggio Emilia in persona del legale rappresentante pro tempore e non al difensore presso il quale Equitalia Centro S.p.A. aveva eletto il proprio domicilio nei precedenti gradi di giudizio, ovvero presso lo studio dell’allora patrocinatore Avv. C.F., in (OMISSIS)”, atteso che “la disposizione di cui all’art. 330 c.p.c., comma 1, statuisce che se la parte ha eletto domicilio l’impugnazione deve essere notificata nel luogo indicato”;

l’eccezione – pur muovendo dall’esatta premessa dell’applicabilità della disciplina dell’art. 330 c.p.c. alla notificazione del ricorso per cassazione avverso le sentenze delle commissioni tributarie regionali (Cass., S.U, 20/07/2016, n. 14916) – non può, tuttavia, essere accolta;

infatti, poichè “Ma notifica del ricorso per cassazione alla parte personalmente e non al suo procuratore non determina l’inesistenza, ma la nullità della notificazione, sanabile ex art. 291 c.p.c., comma 1, con la sua rinnovazione, oppure con l’intervenuta costituzione della parte destinataria, a mezzo del controricorso, secondo la regola generale dettata dall’art. 156 c.p.c., comma 2, applicabile anche al giudizio di legittimità” (Cass., 17/10/2017, n. 24450; nello stesso senso, Cass., 27/09/2011, n. 19702), l’eccepita nullità della notificazione del ricorso risulterebbe comunque sanata dalla costituzione di Equitalia Centro s.p.a. a mezzo del suo controricorso;

con la seconda eccezione, Equitalia Centro s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 348-ter c.p.c., comma 5;

l’eccezione non è fondata in quanto tale invocata disposizione prevede che la cosiddetta “doppia conforme” non sia censurabile con il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c., comma 1, mentre i quattro motivi di ricorso sono stati proposti ai sensi o del n. 4) (primo motivo) o del n. 3) (secondo, terzo e quarto motivo) dell’art. 360 c.p.c., comma 1;

con la terza eccezione, Equitalia Centro s.p.a. ha eccepito l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 360-bis c.p.c. (comma 1, n. 1), perchè la sentenza impugnata avrebbe deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Corte e l’esame dei motivi non offrirebbe elementi per confermare o mutare l’orientamento della stessa;

l’eccezione non può essere accolta, essendo formulata in modo del tutto generico, senza neppure indicare, per ciascun motivo, quale sia la giurisprudenza di questa Corte in conformità alla quale la sentenza impugnata avrebbe deciso le questioni di diritto;

con il primo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b), per non avere la CTR rimesso la causa alla CTP nonostante l'”irregolare costituzione del contraddittorio” nel giudizio di primo grado, in particolare, per non avere la CTP rinviato l’udienza nonostante il proprio difensore, all’udienza di discussione del ricorso del 13 giugno 2013, avesse dichiarato che, a seguito del deposito, il 7 maggio 2013, da parte di Equitalia Centro s.p.a., di documenti non conosciuti relativi alla notificazione degli atti impugnati, intendeva proporre motivi aggiunti;

con il secondo motivo, il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 60, e dell’art. 140 c.p.c., per avere la CTR affermato la validità della notificazione dell’impugnato prodromico avviso di accertamento in quanto eseguita “nel rispetto di quanto disposto dall’art. 140 c.p.c.”, nonostante dalla relazione di notificazione dello stesso avviso, prodotta dalle controparti, “non si evince(sse) con assoluta certezza (…) se l’affissione dell’avviso di deposito (fosse) avvenuta effettivamente sulla porta dell’appartamento del Dott. S.A. e non sulla porta dello stabile condominiale o sul cancello d’ingresso dell’area cortiliva” e “non v(enisse) indicato il numero dell’interno”, con la conseguente nullità della medesima notificazione, “data l’assoluta incertezza circa l’affissione sulla porta di abitazione dell’avviso di deposito”;

con il terzo motivo (indicato nel ricorso con il numero 2 ed esposto alle pagine da 10 a 12 dello stesso ricorso), il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione del combinato disposto del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, dell’art. 139 c.p.c. e della L. 27 luglio 2000, n. 212, art. 6, nonchè la falsa applicazione dell’art. 140 c.p.c., per avere la CTR affermato la validità della notificazione dell’impugnato prodromico avviso di accertamento, effettuata in applicazione di quest’ultimo art. 140, nonostante l’Agenzia delle entrate conoscesse (o, comunque, avrebbe potuto conoscere con l’ordinaria diligenza) che egli non viveva nel luogo di residenza, risultante dall’anagrafe del Comune di Reggio Emilia, dove fu eseguita la notificazione ai sensi dell’art. 140 c.p.c. – come confermato dalle circostanze che: 1) “l’Anagrafe del Comune di Reggio Emilia attesta nella certificazione anagrafica del Dott. S., che l’effettiva dimora abituale è in corso di accertamento”; 2) l'”Ufficio, (…), per mezzo del funzionario Dott. A.P., in data 18/05/2011 ha invitato via e-mail il ricorrente a ritirare una comunicazione che lo riguardava direttamente in ufficio”; 3) “il 25/05/2011, lo stesso funzionario ha ricontattato il Dott. S. per confermare lo spostamento dell’appuntamento”; 4) “il giorno 16/06/2011, il Dott. S. si è presentato presso l’Ufficio ed ha depositato della documentazione” – vivendo, piuttosto, in Cutro (KR), con la conseguenza che la notificazione dell’avviso di accertamento avrebbe dovuto essere eseguita “utilizza(ndo) il procedimento di cui all’art. 139 c.p.c.” e non quello dell’art. 140 dello stesso codice;

con il quarto motivo (indicato nel ricorso con il numero 3 ed esposto alle pagine da 13 a 14 dello stesso ricorso), il ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, artt. 26 e 49, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e dell’art. 140 c.p.c., per avere la CTR affermato la validità della notificazione dell’impugnata cartella di pagamento per la ragione che “il venire meno di uno degli adempimenti previsti ai sensi della norma citata, nella specie l’affissione alla porta dell’appartamento della comunicazione di deposito presso l’Albo comunale, determina irregolarità e non inesistenza dell’atto, irregolarità che può essere sanata con la proposizione del ricorso e con l’esercizio del diritto di difesa, circostanze verificatesi nel caso di specie”, atteso che, “nel caso di specie, non è stata impugnata dal contribuente la cartella di pagamento, ma l’atto di pignoramento presso terzi, sostenendone la giuridica inesistenza per mancata notificazione degli atti presupposti”, con le conseguenze che “ci si trova innanzi ad una falsa applicazione del combinato disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 49, D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, e art. 140 c.p.c., riguardo ad una fattispecie differente rispetto a quella prospettata dalla CTR”;

il primo motivo non è fondato, nei termini che seguono;

come già chiarito da questa Corte, l’ipotesi di regressione del processo dallo stadio di appello al primo giudice prevista dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 59, comma 1, lett. b) (a norma della quale “fila commissione tributaria regionale rimette la causa alla commissione provinciale che ha emesso la sentenza impugnata (..) quando riconosce che nel giudizio di primo grado il contraddittorio non è stato regolarmente costituito o integrato”) si verifica, tassativamente, solo quando il processo non si sia efficacemente svolto, per non avervi partecipato, o per non essere stati messi in grado di parteciparvi, tutti i legittimi contraddittori (Cass., 30/06/2006, n. 18824, 19/03/2008, n. 7342);

il lamentato vizio del procedimento di primo grado – consistente nel diniego del rinvio dell’udienza per consentire l’integrazione dei motivi di ricorso (D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 24) – non rientra, perciò, evidentemente, tra quelli tassativamente previsti dall’invocata lett. b) quali presupposti della regressione del processo;

si deve altresì considerare che l’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), nel consentire la denuncia di vizi di attività del giudice che comportino la nullità della sentenza o del procedimento, non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in dipendenza del denunciato error in procedendo (Cass., 20/02/2006, n. 2948, 17/03/2008, n. 7108, 24/07/2018, n. 19579);

nel caso di specie, i motivi aggiunti sono stati esposti nel ricorso in appello (come risulta anche dallo stralcio trascritto a pag. 6 del ricorso per cassazione) e sono stati esaminati dalla CTR, sicchè il thema decidendum è stato effettivamente esteso agli stessi motivi;

la sentenza impugnata che, a fronte del lamentato vizio della decisione di primo grado di violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 24, ha trattenuto la causa, decidendo nel merito sui motivi aggiunti, risulta, pertanto, conforme a diritto;

il secondo motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza;

questa Corte ha affermato il principio secondo cui, in tema di ricorso per cassazione, ove sia contestata la rituale notifica degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, “per il rispetto del principio di autosufficienza, è necessaria la trascrizione integrale delle relate e degli atti relativi al procedimento notifica torio, al fine di consentire la verifica della fondatezza della doglianza in base alla sola lettura del ricorso, senza necessità di accedere a fonti esterne allo stesso” (Cass., 30/11/2018, n. 31038; in senso analogo, tra le tante, Cass., 28/02/2017, n. 5185, 05/11/2019, n. 28483, 13/11/2019, n. 29404);

poichè il ricorrente non ha adempiuto tali oneri di trascrizione, nè, altrimenti, ha provveduto ad allegare al ricorso gli atti del procedimento di notificazione (ai sensi dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 4), il motivo deve essere dichiarato inammissibile;

giova, comunque, richiamare il principio, affermato da Cass., 14/07/2005, n. 14817, secondo cui, con riguardo alla notificazione effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., “nel caso in cui siano state omesse le modalità di affissione dell’avviso, non consegue la nullità della notificazione ove si sia provveduto al rituale adempimento della terza formalità costituita dalla notizia dell’avvenuto deposito con raccomandata con ricevuta di ritorno” (formalità che, nella specie, il ricorrente non ha escluso essere stata compiuta);

il terzo motivo non è fondato;

nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato il principio che la disciplina delle notificazioni degli atti tributari si basa sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicare all’amministrazione finanziaria il proprio domicilio fiscale e di tenere tale amministrazione costantemente informata delle eventuali variazioni, con la conseguenza che il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’ufficio che procede a eseguire le notificazioni comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto (eventualmente nella forma semplificata di cui alla lett. e del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60, comma 1), non potendosi addossare all’amministrazione l’onere di ricercare il contribuente fuori del domicilio stesso (tra le tante, Cass., 20/01/2011, n. 1206, 28/11/2014, n. 25272, 28/12/2016, n. 27129);

col ritenere la ritualità della notificazione dell’avviso di accertamento nell’ultimo domicilio fiscale indicato dal contribuente, in assenza di comunicazioni di variazione da parte sua, la sentenza impugnata è pienamente conforme a tale principio di diritto;

il quarto motivo è inammissibile;

con tale motivo, è denunciato un vizio di falsa applicazione di legge (“(l)’erroneità e la falsa applicazione di legge da parte della CTR delle norme sopra richiamate che in questa sede si censura, consiste nella loro applicazione (…J ad una fattispecie fattuale del tutto differente”);

peraltro, dall’esame dell’argomentazione del motivo emerge che, con esso, il ricorrente in realtà non contesta la riconduzione della fattispecie concreta, come ricostruita e valutata dalla CTR, alla fattispecie astratta degli invocati del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 26 e 49, del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 60 e art. 140 c.p.c., ma, piuttosto, la ricostruzione o la valutazione della fattispecie concreta di causa operata dalla stessa Commissione – deducendo, in particolare, che, “nel caso di specie, non è stata impugnata dal contribuente la cartella di pagamento, ma l’atto di pignoramento presso terzi”, “fattispecie differente rispetto a quella prospettata dalla CTR” – censura che è estranea al vizio di falsa applicazione di legge e che avrebbe potuto, eventualmente, essere sollevata soltanto in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5);

in conclusione, il ricorso deve essere rigettato;

le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., comma 1, e sono liquidate come indicato in dispositivo.

PQM

rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 8.000,00, oltre alle spese prenotate a debito, in favore dell’Agenzia delle entrate, e in Euro 8.000,00, oltre agli accessori di legge e alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, in favore di Equitalia Centro s.p.a.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, – comma inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 – si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del suddetto art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

 

 

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