Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13825 del 20/05/2021

Cassazione civile sez. trib., 20/05/2021, (ud. 29/01/2021, dep. 20/05/2021), n.13825

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

Dott. NICASTRO Giuseppe – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 10693/2014 R.G. proposto da:

Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso

l’Avvocatura generale dello Stato, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

G.M., assistita nel giudizio di merito dal Dott.

Scannaliato Filippo, con studio in San Cipirello (PA), via Granisci,

n. 13;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della

Sicilia n. 25/25/13 depositata il 1 marzo 2013.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 gennaio

2021 dal Consigliere Nicastro Giuseppe.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

l’Agenzia delle entrate notificò a G.M., imprenditrice agricola, un avviso di accertamento con il quale recuperò a tassazione l’IRAP e l’IVA dovute, per l’anno d’imposta 2002, in relazione alla cessione di diritti di reimpianto dei vigneti, di cui all’art. 4 del regolamento 17 maggio 1999, n. 1493/1999/CE (Regolamento del Consiglio relativo all’organizzazione comune del mercato vitivinicolo);

l’avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione tributaria provinciale di Palermo, che accolse il ricorso della contribuente;

avverso tale pronuncia, l’Agenzia delle entrate propose appello alla Commissione tributaria regionale dellaLgampani (hinc anche: “CTR”), che lo rigettò;

dopo avere distinto, nell’ambito dei redditi dei terreni, tra redditi dominicali e redditi agrari e avere richiamato la disciplina dettata al riguardo dal Testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917), la CTR motivò in particolare che, “(c)on riferimento al caso che ci occupa, in ottemperanza a precise disposizioni comunitarie (Regolamento Consiglio CEE 16/03/1987 num. 822), è stato effettuato un sistema di contingentamento produttivo in base al quale la possibilità di operare nei settori produttivi in esame era riservata ai soli soggetti che già in passato e nei limiti assegnati, avevano impiantato vigneti per la produzione di vino. I nuovi impianti per la produzione di vino erano vietati, fatte salve le disposizioni del regolamento che prevedevano la possibilità di attribuire diritti di reimpianto per i produttori che avevano estirpato una superficie piantata a vite. Con queste disposizioni i diritti di reimpianto vengono a configurarsi come un diritto a produrre di competenza esclusiva del proprietario del terreno, titolare del reddito dominicale, mentre non ha alcuna attinenza con le caratteristiche del reddito agrario indicate sopra. Il trasferimento a titolo oneroso, definitivo o temporaneo, di posizioni giuridiche funzionale all’esercizio dell’attività esercitata va, quindi, inserito nel reddito dominicale e non nel reddito agrario. Come necessaria conseguenza si ha che, ai fini del reddito, le somme percepite non generano plusvalenze autonomamente tassabili ma costituiscono elementi reddituali assorbiti dal sistema di valutazione catastale proprio del reddito dominicale. Il diritto di reimpianto è, quindi, da considerare rientrante nel reddito dominicale e non in quello agrario e pertanto la vendita è soggetta alla sola imposta di registro. Alla luce delle considerazioni esposte, va rigettato l’appello dello ufficio”;

avverso tale sentenza della CTR, depositata il 1 marzo 2013 e non notificata, ricorre per cassazione l’Agenzia delle entrate, che affida il proprio ricorso – notificato il 17 aprile 2014 – a due motivi;

G.M. non ha svolto attività difensiva.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

preliminarmente, va affermata la regolarità della notificazione del ricorso;

in particolare, premesso che, nella ricevuta di ritorno della raccomandata indirizzata a G.M. nella sua residenza, è attestato l’avvenuto decesso di essa, il ricorso è stato comunque regolarmente notificato, il 17 aprile 2014, alla parte deceduta presso il suo procuratore per il precedente grado di giudizio;

a tale proposito, va anzitutto riaffermato il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui l’impugnazione proposta come nella specie – “oltre l’anno solare dalla pubblicazione della sentenza, ma ancora ammessa per effetto della sospensione feriale dei termini, deve ritenersi proposta nel termine fissato dall’art. 327 c.p.c. e, pertanto, deve essere notificata nei luoghi indicati dall’art. 330 c.p.c., comma 1 e non personalmente alla parte, come invece previsto dal 3 comma di detta norma per il diverso caso di impugnazione oltre il suddetto termine” (Cass., S.U., 09/11/2011, n. 23299, Cass., 12/04/2013, n. 8935, 18/02/2014, n. 3794; nello stesso senso, precedentemente, Cass., S.U., 20/12/1993, n. 12593);

ciò ribadito, si deve in secondo luogo rammentare che, con la sentenza 04/07/2014, n. 15295, le Sezioni Unite di questa Corte – sulla premessa che “(/)’incidenza sul processo degli eventi previsti dall’art. 299 c.p.c., (morte o perdita di capacità della parte) è disciplinata, in ipotesi di costituzione in giudizio a mezzo di difensore, dalla regola dell’ultrattività del mandato alla lite, in ragione della quale, nel caso in cui l’evento non sia dichiarato o notificato nei modi e nei tempi di cui all’art. 300 c.p.c., il difensore continua a rappresentare la parte come se l’evento non si sia verificato, risultando così stabilizzata la posizione giuridica della parte rappresentata (rispetto alle altre parti ed al giudice) nella fase attiva del rapporto processuale e nelle successive fasi di quiescenza e riattivazione del rapporto a seguito della proposizione dell’impugnazione. Tale posizione giuridica è suscettibile di modificazione nell’ipotesi in cui, nella successiva fase d’impugnazione, si costituiscano gli eredi della parte defunta o il rappresentante legale della parte divenuta incapace, oppure se il procuratore di tale parte, originariamente munito di procura alla lite valida anche per gli ulteriori gradi del processo, dichiari in udienza o notifichi alle altri parti l’evento verificatosi, o se, rimasta la medesima parte contumace, l’evento sia documentato dall’altra parte (…), o notificato o certificato dall’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 300 c.p.c., comma 4” – hanno affermato, tra gli altri, il conseguente principio di diritto secondo cui “è ammissibile l’atto di impugnazione notificato, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., comma 1, presso il procuratore, alla parte deceduta o divenuta incapace, pur se la parte notificante abbia avuto diversamente conoscenza dell’evento” (nello stesso senso, successivamente, tra le tante, Cass., 17/12/2014, n. 26495, 09/05/2018, n. 11072, 22/08/2018, n. 20964);

pertanto, in applicazione di tali principi, il ricorso, essendo stato notificato alla (pur deceduta) G.M. presso il suo procuratore per il precedente grado di giudizio, è ammissibile e deve, perciò, essere esaminato nel merito;

con il primo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione e/o falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 103 e del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, artt. 3 e 4, per avere la CTR, con l’annullare l’avviso di accertamento, escluso che la cessione di diritti di reimpianto dei vigneti – in quanto costituenti beni immateriali strumentali per l’esercizio dell’attività agricola – generi proventi soggetti a IRAP e sia imponibile ai fini dell’IVA;

con il secondo motivo, la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), la nullità della sentenza e/o del procedimento per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in quanto la CTR: a) “non si pronunzia sulla natura, o meno, di cessione del diritto di credito, eccepita da controparte relativamente alla vendita del diritto di reimpianto dei vigneti sin dal ricorso introduttivo”; b) “non argomenta peraltro compiutamente il rigetto dell’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria”, atteso che, premesso che “(i) Giudici di secondo grado ritengono che i diritti di reimpianto facciano parte del reddito dominicale; di conseguenza, la cessione di tali diritti non costituisce plusvalenza autonomamente tassabile, e la suddetta cessione sconta solo l’imposta di registro e non anche l’IVA”, “(l)a decisione ricollega dunque la fattispecie nell’ambito dei concetti di reddito agrario e reddito dominicale, senza oltretutto motivare esaurientemente”;

il primo motivo è fondato, nei termini che seguono;

nell’ambito della disciplina dell’organizzazione comune del mercato vitivinicolo, il regolamento n. 1493/1999/CE, applicabile ratione temporis, nel vietare l’impianto di vigneti con varietà classificate come uve da vino fino al 31 luglio 2010, lo consentì tuttavia, in deroga al divieto, nel caso in cui, tra gli altri, lo stesso impianto fosse eseguito in forza del diritto di reimpianto (art. 2, par. 1), il quale era assegnato ai produttori che avessero o estirpato una superficie piantata a vite o che si fossero impegnati a farlo prima della fine della terza campagna successiva a quella in cui la superficie era stata coltivata (art. 4, par. 2);

lo stesso art. 4 del regolamento prevedeva anche la possibilità che, in presenza di determinate condizioni, i diritti di reimpianto, anzichè essere esercitati nell’azienda per la quale erano stati assegnati (par. 3), fossero trasferiti a un’altra azienda all’interno dello stesso Stato membro (par. 4), anche, evidentemente, a titolo oneroso;

il produttore che violasse il divieto di impianto previsto dall’art. 2, par. 1, del regolamento o le disposizioni relative ai diritti di nuovo impianto, di reimpianto o di nuovo impianto prelevato da una riserva dettate dagli articoli, rispettivamente, 3, 4 e 5 del regolamento, era soggetto alla sanzione amministrativa di cui al D.Lgs. 10 agosto 2000, n. 260, art. 2, comma 2, il quale prevedeva anche l’obbligo del trasgressore di estirpare le viti entro il termine fissato dall’autorità regionale;

si deve altresì rammentare che, a norma dell’art. 2135 c.c., “(è) imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse” (comma 1) e che per tali prime tre attività si intendono quelle “dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine” (comma 2);

da quanto precede emerge che i diritti di reimpianto dei vigneti rappresentano dei diritti a coltivare (viti) e, quindi, a produrre (uva da vino), e, pertanto, il carattere strumentale degli stessi diritti rispetto all’esercizio (legittimo) dell’attività agricola (in particolare, di cura e sviluppo del ciclo biologico della vite);

sulla scorta di tale considerazione, si deve ritenere che i diritti di reimpianto dei vigneti costituiscano dei beni immateriali strumentali per l’esercizio dell’attività agricola;

ne consegue – ai sensi dell’art. 6, par. 1, della direttiva 17 maggio 1977, n. 77/388/CEE (Sesta direttiva), applicabile ratione temporis (secondo cui: “(sii considera “prestazioni di servizi” ogni operazione che non costituisce cessione di un bene ai sensi dell’art. 5. Tale operazione può consistere tra l’altro: – in una cessione di beni immateriali, siano o no rappresentati da un titolo”) – che la cessione di diritti di reimpianto dei vigneti, in quanto cessione di beni immateriali strumentali, effettuata nell’esercizio dell’attività agricola, costituisce prestazione di servizi ed è, perciò, un’operazione imponibile ai fini dell’IVA (in tale senso, con riguardo alla fattispecie della cessione di quote di produzione del tabacco, Cass., 02/04/2014, n. 7606, 20/01/2016, n. 1019, 05/03/2020, n. 6240, 05/03/2020, n. 6241);

è altresì utile precisare che, in relazione alle cessioni di diritti di reimpianto dei vigneti, non assume rilievo il regime impositivo speciale per i produttori agricoli previsto dal D.P.R. n. 633 del 1972, art. 34, atteso che tale regime riguarda le “cessioni di prodotti agricoli (…) compresi nella prima parte dell’allegata tabella A)” (comma 1) e non, quindi, le prestazioni di servizi consistenti nella cessione di beni immateriali (in tale senso, sempre con riguardo alla cessione di quote di produzione del tabacco, Cass., n. 7606 del 2014, n. 1019 del 2016);

passando alla questione se le cessioni di diritti di reimpianto dei vigneti possano generare proventi soggetti all’IRAP, va rammentato che: a) il D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 3, comma 1, lett. d), stabiliva, nel testo applicabile ratione temporis (anteriore alla sostituzione della predetta lett. d) a opera del D.L. 3 ottobre 2006, n. 262, art. 2, comma 32, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 novembre 2006, n. 286), che sono soggetti all’IRAP “i produttori agricoli titolari di reddito agrario di cui all’art. 29 (ora 32) del predetto testo unico (delle imposte sui redditi), esclusi quelli con volume di affari annuo non superiore a cinque o a quindici milioni di lire esonerati dagli adempimenti agli effetti dell’imposta sul valore aggiunto ai sensi del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, art. 34, comma 6, come sostituito dal D.Lgs. 2 settembre 1997, n. 313, art. 5, comma 1, semprechè non abbiano rinunciato all’esonero a norma dell’ultimo periodo del citato art. 34, comma 6 “; b) il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 9, comma 1, primo periodo, dello stesso – articolo rubricato, nel testo applicabile ratione temporis, “Determinazione del valore della produzione netta dei soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. d)” – stabiliva, sempre nel testo applicabile ratione temporis (anteriore alle modificazioni apportate al predetto art. 9 dalla L. 28 dicembre 2015, n. 208, art. 1, comma 70, lett. c), che, “(p)er i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. d), (…) la base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei corrispettivi e l’ammontare degli acquisti destinati alla produzione”;

da tali disposizioni consegue che, sussistendo la soggettività passiva dell’imposta (ai sensi del D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 3, comma 1, lett. d, citata ), i corrispettivi della cessione di diritti di reimpianto dei vigneti – soggetti, come si è visto, a registrazione ai fini dell’IVA – concorrevano, a norma del primo periodo dello stesso decreto, art. 9, comma 1, alla determinazione della base imponibile dell’IRAP;

giova infine precisare che il D.Lgs. n. 446 del 1997, art. 45, comma 1, (articolo rubricato: “Disposizioni transitorie”), prevedeva un’aliquota agevolata “(p)er i soggetti che operano nel settore agricolo”, precisamente, nel testo applicabile ratione temporis, “nella misura dell’1,9 per cento”;

da tutto ciò discende la complessiva fondatezza del motivo;

l’esame del secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo motivo;

in conclusione, il primo motivo deve essere accolto, assorbito il secondo, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto e la causa deve essere rinviata alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, affinchè riesamini la vicenda processuale in conformità agli enucleati principi di diritto e provveda, altresì, a regolare le spese del presente giudizio di cassazione.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 29 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 20 maggio 2021

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