Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13824 del 31/05/2017
Cassazione civile, sez. VI, 31/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.31/05/2017), n. 13824
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. CURZIO Pietro – Presidente –
Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –
Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –
Dott. GHINOY Paola – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 13033-2014 proposto da:
B.N., in proprio e quale titolare del IL PANIFICIO DI NERVI
DI B.N. elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TIRSO 90,
presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI PATRIZI, che lo rappresenta
e difende unitamente all’avvocato CARLO PAOLESSI;
– ricorrente –
contro
C.G.;
– intimata –
avverso la sentenza n. 585/2013 della CORTE D’APPELLO di GENOVA,
depositata il 22/11/2013;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non
partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO.
Fatto
RILEVATO
che:
1. la Corte d’appello di Genova, in accoglimento del gravame svolto dall’attuale intimata e in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha condannato l’attuale ricorrente al pagamento della somma di Euro 17.253,49 (per retribuzione relativa al mese di luglio 2011 e per TFR) in luogo della maggior somma rivendicata dalla lavoratrice con il ricorso per decreto ingiuntivo;
2. riteneva la Corte territoriale – a fronte della prospettazione di aver continuato ad effettuare pagamenti in contanti nel periodo successivo al licenziamento e sino al saldo – non assolto, dal datore di lavoro, nel periodo successivo al licenziamento, l’onere della prova dell’avvenuto pagamento sulla base della mera sottoscrizione delle buste paga da parte della lavoratrice, senza ulteriori indicazioni, non potendo a tali sottoscrizioni attribuirsi il valore di quietanza;
3. ricorre avverso tale sentenza B.N., con ricorso affidato a tre motivi, con i quali deduce violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., per avere la Corte ritenuto non credibile che, pur dopo l’impugnativa del licenziamento, il datore di lavoro non avesse fatto firmare quietanza alla lavoratrice in occasione della consegna degli ulteriori acconti; violazione dell’art. 115 c.p.c., per avere la Corte territoriale disatteso le risultanze processuali in ordine alla perpetuazione della prassi di pagamento in contanti e sottoscrizione al saldo; violazione dell’art. 116 c.p.c., per omesso esame di un fatto decisivo per non avere tenuto conto della condotta, mendace e inattendibile, della lavoratrice nel corso dell’interrogatorio libero;
4. l’intimata non ha resistito;
5. il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata.
Diritto
CONSIDERATO
che:
6. in tema di valutazione delle risultanze probatorie in base al principio del libero convincimento del giudice, la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. è apprezzabile, in sede di ricorso per cassazione, nei limiti del vizio di motivazione di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e può rilevare solo nei limiti in cui l’apprezzamento delle prove – liberamente valutabili dal giudice di merito, costituendo giudizio di fatto – si sia tradotto in un iter formativo di convincimento affetto da vizi logici o giuridici, restando altrimenti insindacabile;
7. l’art. 116 c.p.c., comma 1, consacra il principio del libero convincimento del giudice, al cui prudente apprezzamento salvo alcune specifiche ipotesi di prova legale – è pertanto rimessa la valutazione globale delle risultanze processuali, essendo egli peraltro tenuto ad indicare gli elementi sui quali si fonda il suo convincimento nonchè l’ iter seguito per addivenire alle raggiunte conclusioni, ben potendo al riguardo disattendere taluni elementi ritenuti incompatibili con la decisione adottata; e tale apprezzamento è insindacabile in cassazione in presenza di congrua motivazione, immune da vizi logici e giuridici (vedi fra le altre, in motivazione, Cass. 15 gennaio 2014 n.687);
8. il ricorso si dilunga nell’opporre al motivato apprezzamento della Corte territoriale proprie difformi valutazioni delle prove, ma tale modus operandi non è idoneo a segnalare un vizio di motivazione ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 (neanche nella prospettiva del testo, applicabile ratione temporis, novellato dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54 convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134, come interpretato da Cass. Sez. U. n. 8053 del 2014);
9. in ogni caso i vizi argomentativi deducibili con il ricorso per cassazione già prima della riforma non potevano consistere in apprezzamenti di fatto difformi da quelli propugnati da una delle parti, perchè a norma dell’art. 116 c.p.c. rientra nel potere discrezionale – come tale insindacabile – del giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, apprezzare all’uopo le prove, controllarne l’attendibilità, l’affidabilità e la concludenza e scegliere, tra le varie risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee e rilevanti, con l’unico limite di supportare con congrua e logica motivazione l’accertamento eseguito (v., ex aliis, Cass. n. 2090/04; Cass. S.U. n. 5802/98);
10. il ricorso va dichiarato inammissibile;
11. nulla spese per non avere la parte intimata svolto attività difensiva;
12. la circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi) e di provvedere in conformità.
PQM
La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla spese. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.
Motivazione semplificata.
Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.
Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017