Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13824 del 22/05/2019

Cassazione civile sez. II, 22/05/2019, (ud. 12/02/2019, dep. 22/05/2019), n.13824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. BELLINI Ubaldo – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

(ai sensi dell’art. 375 c.p.c., comma 5 e art. 380-bis.1 c.p.c.)

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 19695/15) proposto da:

ACMA SERVICE S.R.L., (C.F.: (OMISSIS)), in persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in forza di

procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. Bruno Guaraldi ed

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Deborah

Fortinelli, in Roma, Piazzale Clodio, n. 22;

f- ricorrente –

contro

SOLVAY SPECIALTY POLYMERS ITALY S.P.A., (C.F.: (OMISSIS)), in persona

del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, in

virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti

Izzi Giovanni e Perron Cabus Andrea e Antonio Conte, elettivamente

domiciliata presso lo studio dell’avv. Antonio Conte, in Roma, v. C.

Poma, n. 4;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Bologna n. 1212/2014,

depositata il 13 maggio 2014 (non notificata).

Fatto

RILEVATO IN FATTO

Con sentenza n. 97 del 2012 il Tribunale di Parma – sez. dist. di Fidenza rigettava la domanda della s.r.l. ACMA SERVICE con la quale aveva chiesto il pagamento nei confronti della s.p.a. SOLVAY dell’importo di Euro 53.789,00, quale residua somma asserita come dovuta in virtù di contratto di consulenza tra loro intercorso e stipulato dal 1 maggio 1995 e fino al 30 aprile 1996 e poi prorogato sino al 31 aprile 1998. A sostegno della reiezione della suddetta domanda l’adito giudice di primo grado rilevava la fondatezza dell’eccezione di prescrizione formulata dalla convenuta sul presupposto che, nel caso di specie, trovava applicazione il termine quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4, tenuto conto della periodicità dei pagamenti che dovevano essere adempiuti e del carattere continuativo della prestazione resa dalla medesima società convenuta. Decidendo sull’appello proposto dalla soccombente attrice e nella costituzione dell’appellata (che proponeva, a sua volta, appello incidentale), la Corte di appello di Bologna, con sentenza n. 1212/2014 emessa ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c., rigettava il gravame incidentale e dichiarava assorbito quello incidentale, con conseguente condanna dell’ACMA SERVICE s.r.l. alla rifusione delle spese del grado.

A fondamento dell’adottata pronuncia la Corte emiliana confermava il percorso logico-giuridico del primo giudice in ordine all’applicabilità della ritenuta prescrizione quinquennale, in virtù della natura di rapporto di durata riconducibile a quello dedotto in giudizio e riferito ad una prestazione continuativa di assistenza (nella elaborazione di offerte, di valutazione tecnica generale sugli impianti di produzione, ecc.) che era suscettibile di adempimento solo con il decorso del tempo e, quindi, giustificava pagamenti periodici misurati ad anno e con rateazione mensile.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Avverso la suddetta sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione la s.r.l. ACMA Service, riferito a due motivi, al quale ha resistito con controricorso l’intimata s.p.a. SOLVAY Specialty Polimers.

I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell’art. 380-bis.1. c.p.c..

1. Con la prima censura la ricorrente ha dedotto – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 183,101,112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 2938 c.c., nonchè la violazione dell’art. 111 Cost., avuto riguardo alle modalità con cui, in primo grado, la s.p.a. Solvay aveva eccepito la prescrizione del suo diritto di credito.

2. Con il secondo (subordinato) motivo la ricorrente ha prospettato – in virtù dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 – la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2948 c.c., n. 4, con riferimento alla ritenuta operatività della prescrizione quinquennale malgrado, nella fattispecie, non venisse in rilevo l’elemento della periodicità dell’adempimento del pagamento non costituendo elemento necessario dell’obbligazione dedotta.

3. Ritiene il collegio che il primo motivo è infondato alla stregua del principio (condiviso motivatamente dal giudice di appello) espresso dalla giurisprudenza di questa Corte assolutamente prevalente (v., ad es., Cass. n. 2312/1995, Cass. n. 5959/1996 e, da ultimo, Cass. n. 16486/2017), al quale si intende dare continuità, alla cui stregua – ai fini della legittimità della proposizione della relativa eccezione – non è necessaria la specificazione del tipo legale e della durata della prescrizione estintiva, la cui identificazione spetta al giudice secondo le varie ipotesi previste dalla legge, in base al principio “iura novit curia”.

Deve, infatti, essere rimarcato che l’accertamento in ordine alla ritualità della formulazione dell’eccezione di prescrizione costituisce oggetto di una indagine di fatto riservata al giudice del merito, non soggetto a sindacato di legittimità, tranne che – nel vigente nuovo regime processuale applicabile “ratione temporis” nella fattispecie (a seguito dell’intervenuta modificazione del testo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5 e tenuto conto che l’impugnata sentenza è stata pubblicata successivamente all’11 settembre 2012) – per omesso esame dell’inerente circostanza qualora ne risulti la sua decisività ed abbia costituito oggetto di discussione tra le parti.

Sulla base di tale premessa, il giudice, in tale operazione ermeneutica, deve tener conto, ai sensi degli artt. 1362 c.c. e segg., della volontà della parte in relazione al diritto fatto valere per il quale viene eccepita la prescrizione, valorizzando i seguenti criteri: nell’ipotesi di eccezione sollevata in termini generici, deve ritenersi eccepita non già la prescrizione presuntiva bensì la prescrizione estintiva; per la ritualità della proposizione dell’eccezione stessa non è necessaria nè l’adozione di formule rituali, nè l’indicazione della disposizione di legge invocata, occorrendo, essenzialmente, che la parte manifesti chiaramente l’intenzione di avvalersi della prescrizione con riferimento all’oggetto del contendere.

Orbene, nel caso di specie, la Corte felsinea ha dato atto di aver accertato che la prescrizione era stata eccepita dalla Solvay s.p.a. fin dalla prima risposta e che, ancorchè non fosse stata specificata (ma essendo indiscusso che non si fosse fatto riferimento ad un tipo di prescrizione presuntiva), era ad essa devoluto il potere di qualificarla e di individuare il regime normativo concretamente applicabile sulla scorta delle difese complessivamente adottate dalle parti e, specificamente, del tipo di diritto di credito di cui si era chiesta la tutela in rapporto alla natura e alla tempistica delle prestazioni sulla scorta del contratto concluso tra le parti stesse.

Non può, perciò, avere decisivo rilievo in senso contrario l’orientamento giurisprudenziale riportato dalla ricorrente nella depositata memoria difensiva ex art. 380-bis.1. c.p.c. (che, nella sua essenza, non smentisce quello tenuto presente dalla Corte di appello), posto che il giudice di secondo grado ha, previa constatazione della intervenuta formulazione dell’eccezione di prescrizione già nella comparsa e di risposta in primo grado, adeguatamente e logicamente ritenuto, sul piano giuridico, che essa fosse stata prospettata in modo sufficientemente specifico avuto riguardo alla tipologia del contratto dedotto in controversia e che si fosse inteso fare riferimento a quella ordinaria di tipo estintivo, in difetto della precisazione della possibile operatività di quella presuntiva, rimanendo, perciò, ad esso poi devoluta la concreta individuazione dello specifico termine di prescrizione applicabile in relazione al diritto fatto valere in giudizio. Ed invero la Corte emiliana ha attestato che l’eccezione era stata inequivocabilmente proposta dalla odierna società controricorrente e che, pertanto, non avrebbe potuto ritenersi violato il principio del contraddittorio per effetto della circostanza che il giudice di primo grado (con statuizione confermata in appello) l’aveva qualificata deducendola dai documenti prodotti in giudizio dalle parti (e, in particolare, dall’originaria convenuta, poi appellata) anche a tale scopo, senza trascurare il dato che l’odierna ricorrente si era effettivamente difesa sul punto (così implicitamente dimostrando di aver percepito che l’eccezione fosse stata proposta in modo sufficientemente adeguato).

4. Ad avviso del collegio è privo di fondamento giuridico anche il secondo motivo del ricorso.

Infatti, la Corte bolognese ha, in modo adeguatamente motivato e valorizzando le modalità di svolgimento del controverso rapporto contrattuale riferite ad una prestazione continuativa di assistenza relativa, in concreto, ad un contratto di durata (in cui i pagamenti avvenivano previa fatturazione mensile), ritenuto correttamente che la prescrizione applicabile nel caso di specie era quella quinquennale prevista dall’art. 2948 c.c., n. 4) e non quella ordinaria decennale. In tal senso, il giudice di appello ha confermato la sentenza del giudice di prime cure secondo la quale l’obbligazione debitoria atteneva al pagamento di un prezzo che avrebbe dovuto essere assorto periodicamente per effetto del carattere continuativo della controprestazione consistente nell’assistenza tecnica da parte della creditrice (implicante l’elaborazione di offerte, predisposizione di progetti, assistenza generale sugli impianti di produzione, attività di supporto per la valutazione di linee si sviluppo e di controllo, e così via), la quale comportava, quindi, che l’obbligazione debitoria doveva essere adempiuta quantomeno con cadenza annuale, donde l’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale di cui al citato art. 2948 c.c., n. 4). A tal proposito il giudice di appello ha ricostruito la natura della prestazione assunta dall’Acma Service s.r.l. anche sulla scorta delle risultanze dei documenti prodotti in giudizio, da cui, per l’appunto, era desumibile che la stessa si sarebbe dovuta svolgere temporalmente in modo continuativo e che tale carattere era evincibile anche dalla pattuita modalità di determinazione del prezzo “a forfait” per anno e previa fatturazione mensile.

Da ciò la Corte territoriale ne ha fatto legittimamente discendere la conseguenza (confermando – come detto – anche su questo punto la decisione di primo grado) che il diritto della ricorrente relativo al pagamento – come dedotto in giudizio – del residuo del prezzo relativo al contratto di consulenza intercorso tra le parti risultato concluso il 1 maggio 1995 e con durata fino al 30 aprile 1996 per poi essere prorogato sino al 31 aprile 1998, si era prescritto in virtù dell’applicabilità della norma appena richiamata e che, quindi, l’atto interruttivo sopravvenuto l’11 dicembre 2006 si sarebbe dovuto considerare tardivo, essendo la prescrizione ormai maturata.

In sintesi, la Corte di appello di Bologna ha, nella fattispecie, legittimamente ritenuto che era applicabile prescrizione quinquennale di cui all’art. 2948 c.c., n. 4), siccome essa opera con riguardo a tutti pagamenti che devono essere eseguiti periodicamente ad un anno o in termini più brevi che si riferiscono ad obbligazioni periodiche o di durata, caratterizzate dalla pluralità e dalla periodicità delle prestazioni, aventi un titolo unico ma ripetute nel tempo (cfr., ad es., Cass. n. 23670/2006 e, da ultimo, Cass. n. 30546/2017).

5. In definitiva, alla stregua delle ragioni complessivamente esposte, il ricorso deve essere integralmente rigettato, con la conseguente condanna della soccombente ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate nella misura di cui in dispositivo.

Ricorrono, infine, le condizioni per dare atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre contributo forfettario nella misura del 15% ed accessori come per legge.

Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, del raddoppio del contributo unificato ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile, il 12 febbraio 2019.

Depositato in Cancelleria il 22 maggio 2019

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