Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13824 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 13/06/2016, dep. 07/07/2016), n.13824

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAGONESI Vittorio – Presidente –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

S.A., elettivamente domiciliato in Roma, alla via

Celimontana n. 38, presso l’avv. PAOLO PANARITI, dal quale è

rappresentato e difeso in virtù di procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO e PREFETTURA Dl TREVISO;

– intimati –

avverso l’ordinanza del Giudice di pace di Treviso n. 39/15,

depositata il 10 febbraio 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

13 giugno 2016 dal Consigliere Dott. Guido Mercolino.

Fatto

FATTO E DIRITTO

E stata depositata in cancelleria la seguente relazione, in applicazione dell’art. 380-bis c.p.c.:

“1. – Con l’ordinanza di cui in epigrafe, il Giudice di pace di Treviso ha rigettato l’opposizione proposta da S.A. avverso il decreto di espulsione emesso il 12 gennaio 2015 dal Prefetto di Treviso.

2. – Avverso la predetta ordinanza lo S. ha proposto ricorso per cassazione, articolato in quattro motivi. Gl’intimati non hanno svolto attività difensiva.

3. – A sostegno dell’impugnazione, il ricorrente ha dedotto:

a) la violazione dell’art. 111 Cost., censurando l’ordinanza impugnata per omessa o insufficiente motivazione, nella parte in cui ha ritenuto che l’espulsione costituisse un allo dovuto, a seguito del mancato rinnovo del permesso di soggiorno, senza pronunciarsi in ordine alla legittimità del provvedimento, sottoscritto da un soggetto privo di poteri, tradotto in lingua albanese, anzichè in lingua kosovara, e consegnato ad esso ricorrente in copia autenticata da un soggetto non abilitato:

b.) l’illegittimità e l’illogicità dell’ordinanza impugnata, nella parte in cui ha escluso la nullità del decreto di espulsione per mancata traduzione nella lingua madre di esso ricorrente, senza considerare che il provvedimento non recava l’indicazione delle modalità con cui era stata accertata la conoscenza della lingua italiana da parte del destinatario, non dava atto della conoscenza di una lingua europea da parte dello stesso, non disponeva la traduzione in lingua kosovara e non spiegava le ragioni per cui non era stato possibile provvedere alla traduzione:

c) la nullità e lillogicità dell’ordinanza impugnata, per aver omesso di rilevare l’irregolarità del decreto di espulsione, non sottoscritto dal Prefetto o dal Viceprefetto vicario, unico possibile destinatario della delega del potere di firma, bensì da un dirigente della Prefettura qualificatosi come viceprefetto ma non investito delle relative attribuzioni;

d) la nullità dell’ordinanza impugnata, per aver omesso di rilevare l’inesistenza del decreto di espulsione, in quanto consegnato in copia fotostatica autenticata da un soggetto privo di potere, recante un timbro a data anteriore a quella del provvedimento e privo dell’indicazione del luogo dove si trovava depositato l’originale dell’atto.

4. – Il primo motivo è inammissibile nella parte riguardante la sottoscrizione del decreto di espulsione e l’autenticazione della relativa copia da parte di soggetti non legittimati, avendo ad oggetto cause d’invalidità che non risultano esaminate nell’ordinanza impugnata, e non possono quindi essere fatte valere in questa sede, presupponendo un’indagine di fatto volta ad individuare il soggetto che ha sottoscritto il provvedimento e quello che ne ha autenticato la copia e non essendo stato precisato se e dove le relative questioni siano state sollevate nella precedente fase processuale.

4.1. – Nella parte riguardante la causa giustificatrice dell’espulsione e la legittimità della traduzione del decreto in lingua albanese, il motivo è invece infondato, avendo il Giudice di pace motivato puntualmente la propria decisione, in virtù della duplice osservazione che a seguito di un controllo il ricorrente era risultato sprovvisto del permesso di soggiorno e della carta di soggiorno, quest’ultima revocata dal Questore per pericolosità sociale, e che l’albanese costituisce la lingua ufficiale del Kosovo, Paese di origine del ricorrente, il quale, d’altronde, risultava presumibilmente in grado di comprendere l’italiano, avendo, frequentato in Italia la scuola primaria e secondaria.

Il rilievo conferito all’obbligatorietà del provvedimento di espulsione, a fronte della accertata irregolarità del soggiorno nel territorio nazionale si pone perfettamente in linea con l’orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità, secondo cui il carattere vincolato del provvedimento circoscrive il controllo del giudice in sede di opposizione al riscontro

dell’esistenza dei requisiti fattuali necessari per la sua emissione, restando invece escluso ogni sindacato in ordine alla legittimità degli atti amministrativi che ne costituiscono il presupposto, e segnatamente dei provvedimenti del questore che abbiano rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno o ne abbiano negato il rinnovo, la cui valutazione spetta al Giudice amministrativo, trattandosi di provvedimenti a carattere discrezionale (cfr. Cass., Sez. 6, 13 luglio 2015. n. 14610: 4 settembre 2013, n. 20331: 11 luglio 2006, n. 15752). Nel dare atto dell’intervenuta revoca della carta di soggiorno, il Giudice di pace ha d’altronde precisato che tale provvedimento era stato impugnato dinanzi al Tribunale amministrativo regionale del Veneto, il quale aveva rigettato il ricorso dello S., in virtù dell’accertata pericolosità sociale dello stesso, resosi responsabile di gravi e ripetuti reali, si da non potersi dubitare della sussistenza dei presupposti per il ritiro del titolo di soggiorno.

5. – Quanto invece alla mancata traduzione del decreto in lingua kosovara, che costituisce oggetto anche del secondo motivo d’impugnazione, correttamente l’ordinanza impugnata ha affermato la legittimità della comunicazione del provvedimento nella sola lingua albanese, che costituisce l’idioma ufficiale del Paese di origine del ricorrente, trovando applicazione il principio, più volte ribadito da questa Corte, secondo cui la traduzione del decreto di espulsione nella lingua ufficiale del Paese al quale appartiene lo straniero deve considerarsi di per sè sufficiente a soddisfare il requisito prescritto dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 13, comma 7, in termini di presunzione legale di conoscenza, non assumendo alcun rilievo l’eventualità che il destinatario del provvedimento possa, magari a cagione del suo analfabetismo, non essere in grado d’intendere neanche l’idioma che il suo Paese ha adottato come lingua ufficiale, in quanto dalla predetta disposizione non si desume in alcun modo la necessità che l’atto sia comunicato anche mediante traduzione nel dialetto comprensibile all’interessato (cfr. Sez. 1, 20 ottobre 2008, n. 25513, 18 novembre 2004, n. 21783; 13 aprile 2004, n. 6993).

Restano pertanto superate le ulteriori censure concernenti le modalità di accertamento della conoscenza della lingua italiana da parte del ricorrente e la necessità dell’attestazione della conoscenza di un’altra lingua europea, nonchè dell’impossibilità di tradurre il decreto in una lingua a lui conosciuta, trattandosi di questioni affrontate in via meramente marginale dall’ordinanza impugnata, in quanto destinale ad assumere rilievo soltanto nell’ipotesi, nella specie non verificatasi, in cui il decreto non fasce stato comunicato nella lingua presuntivamente conosciuta dal destinatario.

6. – Il terzo motivo è inammissibile, risolvendosi nella riproposizione della questione relativa alla sottoscrizione del decreto di espulsione, già dichiarata inammissibile, in quanto sollevata per la prima volta in questa sede.

7. – Per analoghe ragioni, è inammissibile il quarto motivo, con il quale il ricorrente ripropone la questione riguardante l’autenticazione della copia del decreto di espulsione. Pur richiamando l’orientamento della giurisprudenza di legittimità, che afferma la nullità del decreto di espulsione nel caso in cui la copia consegnata all’interessato sia priva dell’attestazione di conformità all’originale, il Giudice di pace ha infatti escluso l’invalidità del provvedimento impugnato, rilevando che lo stesso era sfato notificato completo di tutti i requisiti formali richiesti.

Nel riproporre la questione in questa sede, il ricorrente non censura la predetta affermazione, ma fa valere profili d’invalidità diversi, costituiti in particolare dalla provenienza dell’autenticazione da un funzionario della Questura anzichè della Prefettura, dall’apposizione di una data anteriore a quella del decreto e dalla mancata indicazione del luogo dove è depositato l’originale, in tal modo proponendo questioni che implicano indagini di fatto, senza precisare se e dove le stesse siano state sollevate nella precederne fase processuale”.

Il collegio, esaminato il ricorso, la relazione e gli scritti difensivi in atti, ha condiviso gli argomenti svolti nella relazione e la soluzione da essa proposta.

Il ricorso va pertanto rigettato, senza che occorra provvedere al regolamento delle spese processuali, avuto riguardo al mancato svolgimento di attività difensiva da parte degli intimati.

Trattandosi di procedimento esente dal contributo unificato, non trova applicazione D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-

quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sesta Sezione Civile, il 13 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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