Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13823 del 23/06/2011

Cassazione civile sez. I, 23/06/2011, (ud. 05/05/2011, dep. 23/06/2011), n.13823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VITRONE Ugo – rel. Presidente –

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Consigliere –

Dott. CULTRERA Maria Rosaria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

G.D. e LA SCOLASTICA di GIURATO DONATELLA & C.

s.n.c.

elettivamente domiciliate in Roma, Via Barberini n. 86, presso l’avv.

Ilaria Scatena unitamente all’avv. Defilippi Claudio che le

rappresenta e difende per procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;

– intimato –

avverso il decreto della Corte d’Appello di Torino n. 1655,

pubblicato il 20 ottobre 2008;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 5

maggio 2011 dal Relatore Pres. Ugo VITRONE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

ZENO Immacolata, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con decreto del 1-20 ottobre 2008 la Corte d’Appello di Torino condannava il Ministero della Giustizia al pagamento della somma di Euro 13.000,00 in favore di G.D. e di ulteriori Euro 6.500,00 in favore della Scolastica di Giurato Donatella & C. s.n.c. a titolo di equa riparazione per la non ragionevole durata della procedura relativa al fallimento della predetta società e dei soci in proprio, dichiarato con sentenza in data 8 marzo 1990 e tuttora pendente. Osservava la Corte che lo sviluppo della procedura fallimentare, tenuto conto del suo andamento, consentiva di ravvisare una ragionevole durata di cinque anni con una consequenziale eccedenza di tredici anni, e che il pregiudizio non patrimoniale nei confronti di G.D. poteva essere determinato in misura di Euro 13.000,00, mentre tale importo doveva essere dimezzato nei confronti della società fallita in base alla considerazione che dalla sofferenza riconducibile alla società dovevano escludersi tutti quei profili di danno che presupponevano, per loro natura, un sostrato non solo personalistico, ma senz’altro oggettivamente rilevabile, poichè quantomeno una frazione della sofferenza ascrivibile alla società viene necessariamente vissuta quale stato soggettivo riferibile alla persona fisica del legale rappresentante e si sovrappone inscindibilmente alla sofferenza patita in proprio dal socio e legale rappresentante.

Contro il decreto ricorrono per cassazione G.D. e la Scolastica di Giurato Donatella & C. s.n.c. con un solo motivo illustrato da memoria.

Non ha presentato difese il Ministero della Giustizia.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di ricorso si censura il decreto impugnato per non aver tenuto conto dell’intera durata del processo presupposto e per non aver liquidato una somma corrispondente ai parametri cui si attiene la Corte di Strasburgo.

La censura è destituita di fondamento in ciascuna delle sue concorrenti prospettazioni poichè la L. n. 89 del 2001, art. 2, impone di correlare l’equa riparazione al solo periodo di tempo eccedente la ragionevole durata del processo e tale modalità di calcolo non esclude la compatibilità di tale disciplina con gli impegni assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione CEDU (Cass. 26 aprile 2005, n. 8603; 14 febbraio 2008, n. 3716 e successiva giurisprudenza conforme).

Inoltre la liquidazione di un’equa riparazione in misura di Euro 1000,00 per ogni anno eccedente la ragionevole durata del processo corrisponde pienamente ai parametri cui si attiene la giurisprudenza della Corte europea e superano quelli adottati da questa Corte, la quale liquida Euro 750,00 per i primi tre anni di eccedenza ed Euro 1.000,00 per gli anni successivi.

In conclusione il ricorso non può trovare accoglimento e deve essere respinto.

La mancata partecipazione al giudizio dell’intimato preclude qualsiasi pronuncia sulle spese giudiziali.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 5 maggio 2011.

Depositato in Cancelleria il 23 giugno 2011

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