Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13823 del 07/07/2016


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Cassazione civile sez. VI, 07/07/2016, (ud. 11/03/2016, dep. 07/07/2016), n.13823

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOGLIOTTI Massimo – Presidente –

Dott. RAGONESI Vittorio – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. SCALDAFERRI Andrea – rel. Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso per regolamento di competenza rg 20407/2015 proposto da:

MADONNA DEI MIRACOLI SOCIETA’ COOPERATIVA AGRICOLA ARL, in persona

del Presidente del Consiglio di Amministrazione e legale

rappresentante, elettivamente domiciliata presso la CORTE DI

CASSAZIONE PIAZZA CAVOUR, ROMA, rappresentata e difesa dall’Avvocato

LUIGI GUIDONE, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

e contro

D.P.;

– intimato –

sulle conclusioni scritte del Sostituto Procuratore Generale, in

persona del Dott. FEDERICO SORRENTINO, il quale chiede che la Corte

di Cassazione accolga il ricorso per regolamento di competenza, con

le conseguenze di legge;

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di VASTO del 02/07/2015, depositata

il 03/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’11/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANDREA SCALDAFERRI.

La Corte:

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che la società Madonna dei Miracoli cooperativa agricola a r.l. ha proposto ricorso per regolamento di competenza contro l’ordinanza, depositata il 3 luglio 2015, con la quale il Tribunale di Vasto ha disposto la sospensione del processo n. R.G. 652/10 –

avente ad oggetto la domanda principale di condanna del socio D.P. al pagamento di somme richieste a titolo di penale e, in riconvenzionale, la risoluzione del contratto sociale ovvero il pagamento del corrispettivo per i conferimenti di uve operati nel 2008-sino alla definizione con sentenza passata in giudicato del separato giudizio, pendente in appello, avente ad oggetto la pregiudiziale questione relativa alla legittimità del recesso del socio stesso;

che nell’ordinanza il tribunale, dato atto che la parte attrice aveva invocato l’autorità della sentenza emessa nel secondo giudizio e gravata di appello, ha ritenuto che in tal caso è applicabile la sospensione facoltativa prevista dall’art. 337 c.p.c., comma 2;

che la ricorrente lamenta la violazione di tale norma di diritto, invocando il principio elaborato dalla giurisprudenza di questa corte di legittimità secondo cui non vi sarebbe più spazio per una discrezionale, e non sindacabile, facoltà di sospensione del processo esercitabile al di fuori dei casi tassativi di sospensione legale; lamenta inoltre come il tribunale nell’ordinanza impugnata abbia omesso di motivare in ordine alle ragioni dell’opportunità di sospendere il secondo processo, e in particolare sul perchè non intenda poggiarsi sull’autorità della sentenza già intervenuta sulla questione ritenuta pregiudiziale; che l’intimato D. P. non ha svolto difese; che il Procuratore Generale, nelle proprie conclusioni scritte, ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

ritenuto che il ricorso è fondato;

che, in sede di regolamento di competenza avverso un’ordinanza di sospensione resa ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, il sindacato esercitabile dalla Corte di Cassazione è limitato alla verifica dell’esistenza dei presupposti giuridici in base ai quali il giudice di merito si è avvalso del potere discrezionale di sospensione, nonchè della presenza di una motivazione non meramente apparente in ordine al suo esercizio (Cass. Sez. 6-3 n. 16142/15);

che nella specie il Tribunale di Vasto ha fatto esclusivo riferimento, nella motivazione dell’ordinanza impugnata, alla esistenza di un rapporto di pregiudizialità in senso stretto tra la decisione delle domande proposte dinanzi a sè e la precedente decisione gravata di appello, ed alla conseguente idoneità di questa seconda sentenza a spiegare effetti vincolanti, con l’autorità propria del giudicato sostanziale, nel giudizio dinanzi a sè: una motivazione, dunque, inerente all’esercizio del diverso potere di sospensione necessaria previsto dall’art. 295 c.p.c.;

che il Collegio intende dare continuità all’orientamento, più volte persuasivamente affermato da questa Corte, secondo cui, qualora tra duc giudizi esista rapporto di pregiudizialità e quello pregiudicante sia stato definito con sentenza non passata in giudicato, la sospensione del giudizio pregiudicato è possibile solo ai sensi dell’art. 337 c.p.c., comma 2, sì che, ove il giudice disponga la sospensione del processo per le ragioni previste dall’art. 295 c.p.c., il relativo provvedimento è per ciò solo illegittimo e deve dunque essere annullato, restando al giudice del merito di tornare a valutare se la sospensione possa essere ordinata in applicazione dell’art. 337, comma 2 (cfr. tra molte: S.U. n. 10027/12; Sez. 6-3 n. 375/13; n. 13035 /13);

che d’altra parte il riferimento alla sospensione discrezionale di cui al disposto dell’art. 337 c.p.c., comma 2, pur presente nella motivazione dell’ordinanza impugnata, non risulta comunque giustificato dalla esposizione delle ragioni per le quali il tribunale non intenda “poggiarsi” sulla autorità della sentenza già emessa e gravata di appello sì da ritenere opportuna la sospensione del processo: ragioni che presuppongono un’espressa valutazione di plausibile controvertibilità (e quindi di non condivisione) che il confronto tra la decisione intervenuta e la critica che ne è stata svolta abbia fatto emergere (cfr. Cass. Sez. 6-3 n. 16142/15; S.U. n. 10027/12);

che pertanto si impone l’annullamento dell’ordinanza di sospensione, con la conseguente rimessione delle parti dinanzi al Tribunale di Vasto, che regolerà anche le spese di questo giudizio di cassazione.

PQM

La Corte annulla l’ordinanza di sospensione del processo e rimette le parti dinanzi al Tribunale di Vasto, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di cassazione.

Dà inoltre atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, della non sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 11 marzo 2016.

Depositato in Cancelleria il 7 luglio 2016

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