Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13822 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 31/05/2017, (ud. 05/04/2017, dep.31/05/2017),  n. 13822

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 1124-2016 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore e quale

procuratore speciale della SOCIETA” DI CARTOLARIZZAZIONE DEI

CREDITI INPS SCCI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE

BECCARIA 29, presso la sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo,

rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avvocati

CARLA D’ALOISIO, ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE e LELIO MARITATO;

– ricorrente –

contro

P.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE TRIFIRO’, che la

rappresenta e difende unitamente agli avvocati BARBARA FUMAI e PAOLO

ZUCCHINALI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 53/2015 della CORTE di TRENTO, depositata il

02/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 05/04/2017 dal Consigliere Dott. ROSA ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che la Corte di appello di Trento, con la sentenza impugnata, confermava la decisione del Tribunale di Rovereto che aveva accolto la domanda proposta da P.R. intesa all’accertamento negativo dell’obbligo contributivo a favore della Gestione Commercianti in forza di iscrizione comunicata con verbale del 19.2.2003 dall’INPS discendente dalla qualità di socia accomandataria della società P. e & C. s.a.s.;

– che di tale decisione domanda la cassazione l’INPS, in proprio e nella qualità, affidando l’impugnazione ad un unico motivo, cui ha opposto difese, con controricorso, la P.;

– che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380 – bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

2. che viene denunziata violazione c/o falsa applicazione della L. 22 luglio 1966, n. 613, art. 1, della L. 27 novembre 1960, n. 1397, art. 1, cosi come modificato) dalla L. 27 dicembre 1996, n. 662, art. 1, della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2, e degli artt. 2291, 2298 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza il socio accomandatario di una società in accomandita semplice era per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perchè l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente era “in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere socio con poteri di gestione della società; che l’attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale; che il giudizio di prevalenza richiesto dalla L. n. 662 del 1996 è di natura endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale.

3. che il ricorso è qualificabile come inammissibile alla luce della recente pronunzia di questa Corte in relazione alla portata applicativa dell’art. 360 bis c.p.c. (Cass. s. u. 7155/2017);

3.1 che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1, comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;

che è stato accertato che la s.a.s., di cui la P. era socia accomandataria, non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili limitandosi al godimento degli immobili di cui era proprietaria, attraverso attività delegata ad un professionista che curava gli aspetti economici tra i quali la riscossione dei canoni dagli inquilini, non rilevando la mancanza di prova idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale ricollegabile, secondo l’assunto dell’istituto, alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;

che tale decisione è in linea con il principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’11 febbraio 2013);

che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;

che questa Corte – con riferimento alle società in accomandita semplice – ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la L. n. 160 del 1975, art. 29, e della L. n. 45 del 1986, art. 3, in tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto, prova che, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso che la società in accomandita semplice di cui la P. era socia non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva neanche attività limitata alla riscossione del canone di locazione dell’ immobile di cui era proprietaria;

che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);

4. che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va dichiarato inammissibile con ordinanza, ai sensi dell’art. 360 bis, c.p.c.;

5. che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo;

che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

PQM

 

dichiara l’inammissibilità del ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 200,00 per esborsi, Euro 2700,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del citato D.P.R., art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 5 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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