Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13820 del 06/07/2020

Cassazione civile sez. trib., 06/07/2020, (ud. 12/02/2020, dep. 06/07/2020), n.13820

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIRILLO Ettore – Presidente –

Dott. LOCATELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – rel. Consigliere –

Dott. GIUDICEPIETRO Andreina – Consigliere –

Dott. GUIDA Riccardo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

UNICREDIT Società per Azioni S.p.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via

dell’Elettronica n. 20 presso lo studio dell’Avv. Giuseppe Piero

Siviglia e rappresentato e difeso, per procura speciale in atti,

dall’Avv. Salvatore Sammartino.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso

gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è

rappresentata e difesa.

– controricorrente –

per la cassazione della sentenza n. 742/12 della Commissione

tributaria centrale, sezione di Bologna, depositata il 17.4.2012;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

12.02.2020 dal Consigliere Roberta Crucitti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

Tommaso Basile che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito per la ricorrente l’Avv. Salvatore Sammartino.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Nella controversia originata dall’impugnazione da parte della Carimonte Banca S.p.A., in qualità di socia conferitaria della Cassa di risparmio di Modena, di avviso di accertamento con il quale, ai fini dell’IRPEG e dell’ILOR, fu rettificato il reddito dell’anno 1987, la Commissione tributaria centrale, sezione di Bologna, in accoglimento del ricorso proposto dall’Agenzia delle entrate e rigettato quello proposto dalla Banca, in riforma della sentenza della Commissione tributaria regionale, confermava l’atto impositivo, ad eccezione della voce “accertamento rischi su crediti”.

La Commissione tributaria centrale (d’ora in poi per brevità C.T.C.) riteneva che, correttamente, alcuni costi erano stati ritenuti indeducibili, in quanto i costi e le spese, per principio generale, vanno imputati all’esercizio di competenza, con la conseguenza che, contrariamente a quanto ritenuto dalla C.T.R., tale regola non potesse essere elusa solo per difficoltà ragionieristica di contabilizzazione.

Il Giudice di appello riteneva corretta, anche, la ripresa della voce “altri componenti negativi”, avendo l’Ufficio chiarito che l’apparente anomalia era dovuta al fatto che la Banca aveva contabilizzato interessi e premi, derivanti da obbligazioni di notevolissimo importo sottoscritte anteriormente al 1.1.1974, totalmente esenti ai fini ILOR e parzialmente esenti (50%) ai fini IRPEG. Infine, rigettava il ricorso della Banca rilevando che non era stata provata l’inerenza per l’acquisto di televisori a colori e registratori.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso, fondato su due motivi, Unicredit Società per azioni S.p.A. (incorporante di Rolo Banca già incorporante di Carimonte Banca S.p.A.).

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso.

La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 74, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5 – in relazione al rilievo sub b) dell’avviso di accertamento con il quale era stato contestato alla Banca di avere dedotto costi ritenuti “fuori competenza” per Lire 221.902.000, la ricorrente deduce che la C.T.C. aveva frainteso le considerazioni svolte dalla difesa. Si evidenzia che, in realtà, con i motivi di appello, era stato dedotto che, nella specie, sussistevano i presupposti di cui alla deroga al principio di competenza previsto dall’art. 74 invocato, in quanto si trattava di una quota del tutto marginale rispetto all’insieme dei costi complessivamente rilevati in bilancio, traenti origine da fenomeni diversi (occasionale fornitura di beni mobili, spese per servizi non ricorrenti), tutti contrassegnati da una identica condizione ossia l’impossibilità di essere esattamente quantificati in via preventiva. Secondo la prospettazione difensiva, solo a seguito della ricezione dei relativi documenti di spesa, provenienti da strutture ed Uffici periferici dell’Istituto di credito e pervenuti nel primo scorcio del periodo di imposta interessato, la Banca era stata in grado di conoscere l’esatto onere e di procedere ai conseguenti adempimenti.

Con riferimento, poi, al rilievo mosso sub c) dell’avviso di accertamento e relativo ai costi ritenuti non inerenti (acquisto di apparecchi televisivi e videoregistratori), la ricorrente rileva l’errore in diritto e l’insufficiente motivazione di cui sarebbe affetta la sentenza impugnata, giacchè, al contrario di quanto ritenuto dalla C.T.C., era innegabile che i costi in argomento fossero una particolarè categoria di spese pubblicitarie, destinate ad accreditare sul mercato l’immagine dell’azienda e dei suoi prodotti.

1.1. La censura è infondata in ordine a entrambe le questioni dedotte. Quanto alla prima, attinente al rilievo sub b) dell’avviso di accertamento, dalla lettura della sentenza impugnata, non si riscontra il dedotto fraintendimento ad opera del Giudice di appello delle questioni allo stesso prospettate giacchè, al contrario, la C.T.C. ha, espressamente e correttamente, accolto, sul punto, l’appello formulato dall’Ufficio sulla base del principio di competenza dei costi e delle spese.

1.2. Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, (ribadita, di recente, da Cass. n. 15320 del 06/06/2019), infatti, “in tema di imposte sul reddito d’impresa, la regola posta dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75, secondo cui i ricavi, i costi e gli altri oneri concorrono a formare il reddito nell’esercizio di competenza, a condizione che la loro esistenza o il loro ammontare sia determinabile in modo oggettivo (dovendo altrimenti essere calcolati nel periodo d’imposta in cui si verificano tali condizioni), mira a contemperare la necessità di computare tutte le componenti nell’esercizio di competenza con l’esigenza di non addossare al contribuente un onere troppo difficile da rispettare: essa va, quindi, interpretata nel senso che il dovere di conteggiare tali componenti nell’anno di riferimento si arresta soltanto di fronte a quei ricavi ed a quei costi che non siano ancora noti all’atto della determinazione del reddito, e cioè al momento della redazione e presentazione della dichiarazione. Pertanto, l’onere di provare la sussistenza dei requisiti di certezza e determinabilità delle componenti del reddito in un determinato esercizio sociale incombe all’Amministrazione finanziaria per quelle positive, ed al contribuente per quelle negative; in particolare, nel caso in cui detti requisiti siano condizionati dall’espletamento di procedure amministrative, essi si intendono acquisiti, ai fini dell’imputazione del reddito corrispondente ad un determinato esercizio dell’impresa, solo attraverso il procedimento amministrativo che ne verifica i presupposti e ne liquida l’ammontare”;

1.3. nel caso in esame, le circostanze addotte dalla ricorrente non integrano i presupposti richiesti dalla norma, al fine del legittimo spostamento dell’esercizio di competenza, in quanto i costi e le spese in oggetto, portati, per come incontestato, da fatture e bolle di accompagnamento, per le quali erano noti alla contribuente sia il periodo di riferimento che il quantum della prestazioni, erano certi e oggettivamente determinabili, essendo, al contrario, irrilevante, allo scopo, le dedotte complessità della struttura dell’Istituto bancario e l’esistenza, all’epoca dei fatti, di scarsi supporti informatici.

1.4. In ordine al rilevo sub c) dell’avviso di accertamento (costi sostenuti per l’acquisto di televisori e videoregistratori destinati alla clientela), secondo la prospettazione difensiva, tali spese altro non sarebbero che una particolare categoria di spese pubblicitarie, la cui destinazione sarebbe assolutamente compatibile rispetto all’attività svolta, potendosi ritenere che esse rappresentino una quota di costi fisiologicamente destinata alla promozione e allo sviluppo commerciale.

1.5. In materia, questa Corte (v., tra le altre, Cass. ord.6 5, n. 3433 del 05/03/2012) è ferma nel ritenere che “in tema di imposte sui redditi, ai sensi (ex art. 74, comma 2) del D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 108, costituiscono spese di rappresentanza quelle affrontate per iniziative volte ad accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa ed a potenziarne le possibilità di sviluppo, mentre vanno qualificate come spese pubblicitarie o di propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque dell’attività svolta. Pertanto, le spese di sponsorizzazione costituiscono spese di rappresentanza, deducibili nei limiti della norma menzionata, ove il contribuente non provi che all’attività sponsorizzata sia riconducibile una diretta aspettativa di ritorno commerciale”.

In continuità, Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16812 del 24/07/2014 ha statuito che: “il criterio discretivo tra spese di rappresentanza e di pubblicità va individuato nella diversità, anche strategica, degli obiettivi, atteso che costituiscono spese di rappresentanza i costi sostenuti per accrescere il prestigio e l’immagine della società e per potenziarne le possibilità di sviluppo, senza dar luogo ad una aspettativa di incremento delle vendite, mentre sono spese di pubblicità o propaganda quelle erogate per la realizzazione di iniziative tendenti, prevalentemente anche se non esclusivamente, alla pubblicizzazione di prodotti, marchi e servizi, o comunque al fine diretto di incrementare le vendite, sicchè è necessaria una rigorosa verifica in fatto della effettiva finalità delle spese”.

1.6 Alla luce dei superiori principi, condivisi dal Collegio, la sentenza impugnata rimane, sul punto, esente da censura. La ricorrente, infatti, non ha allegato, nè tanto meno fornito prova del cd. ritorno commerciale riconducibile alle spese sostenute per l’acquisto degli apparecchi televisivi, non avendo mai indicato i meccanismi o le modalità di concessione di detti beni, nè tanto meno gli effettivi destinatari.

2. Il secondo motivo – rubricato: violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 58 e art. 74, comma 2 e del D.P.R. n. 599 del 1973, art. 4 e del D.P.R. n. 599 del 1973, art. 4, in relazione al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 118 ed all’art. 360 c.p.c., n. 3 – attiene al recupero a tassazione, ai fini ILOR, avente ad oggetto il ricalcolo della quota di interessi passivi e spese generali indeducibili derivante dal rapporto espresso dalla frazione avente al numeratore l’ammontare dei ricavi tassati e al denominatore l’ammontare dei ricavi totali.

La ricorrente, premesso, in fatto, di avere inserito, in sede di determinazione degli interessi e dei costi e degli oneri non suscettibili di imputazione specifica, al numeratore della frazione che esprime il rapporto che determina la deducibilità dei componenti negativi in questione, l’ammontare corrispondente al 50% degli interessi attivi derivanti da mutui a Regioni, Province e Comuni (per i quali la disciplina normativa dell’epoca stabiliva l’esenzione nella misura del 50% ai fini IRPEG e l’assoggettamento a tassazione ai fini dell’ILOR), deduce l’errore in diritto perpetrato dal Giudice di appello che aveva avallato l’operato dell’Ufficio il quale, ritenendo che dal numeratore del rapporto di indeducibilità dovessero essere esclusi gli interessi maturati sui titoli sottoscritti prima del 1.1.1974, aveva operato il ricalcolo (del rapporto di cui al D.P.R. n. 597 del 1973, art. 58) non solo tenendo conto di minori proventi esenti ai fini ILOR rispetto a quelli considerati ai fini IRPEG, ma anche dei maggiori proventi esenti (o comunque non tassati) quali l’ulteriore 50% dei proventi (interessi, premi e altri frutti delle obbligazioni e titoli similari sottoscritti ante 1/1/1974), dichiarati esenti dall’ILOR ai sensi del D.P.R. n. 601 del 1973, art. 37, ma assoggettati a IRPEG.

2.1 La censura è fondata. In materia, questa Corte (v. sentenza n. 1946 del 10/02/2012 che richiama Cass. n. 13806 del 2005) ha statuito il seguente principio: “in tema di Ilor, ai soli fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa imponibile, i redditi esenti da tale imposta in base alle previsioni di norme speciali vanno sottratti, al numeratore del rapporto previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 597, art. 58, comma 1, dall’imponibile Irpeg, in deroga alla regola della coincidenza tra base imponibile Irpeg e base imponibile Ilor, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 599, art. 4.”.

Il Collegio ritiene di aderire a tale orientamento essendosi, condivisibilmente, affermato che “In tema di Ilor, ai soli fini della determinazione della percentuale di deducibilità degli interessi passivi dal reddito d’impresa imponibile, i redditi esenti dall’imposta in base alle previsioni di norme speciali…vanno sottratti, al numeratore del rapporto previsto dal D.P.R. n. 597 del 1973, art. 58, comma 1, dall’imponibile Irpeg, in deroga alla regola della coincidenza tra base imponibile Irpeg e base imponibile Ilor 13806 del 2005. E’ infatti da rilevare che il principio – espresso dal D.P.R. n. 599 del 1973, art. 4 – della coincidenza della base imponibile Ilor con la base imponibile Irpeg va coordinato con la funzione propria del D.P.R. n. 597 del 1973, art. 58, comma 1, che individua la percentuale di deducibilità degli interessi passivi nella misura risultante dal rapporto tra l’ammontare dei ricavi e degli altri proventi che concorrono a formare il reddito imponibile e l’ammontare complessivo di tutti i ricavi e proventi, compresi quelli che fruiscono di esenzioni. In proposito questo giudice di legittimità ha ritenuto che “l’art. 58 stabilisce (…) una presunzione assoluta che gli interessi passivi riguardano sia i redditi di impresa imponibili, sia quelli esenti, nella proporzione in cui i ricavi e proventi che danno luogo a redditi imponibili stanno all’ammontare complessivo di tutti i proventi e ricavi, ivi compresi quelli danti luogo a redditi esenti” (v. Cass. n. 15205 del 2000). Se questa è, dunque, la funzione e la ratio del cit. art. 58, risulta evidente che, nell’individuazione del reddito imponibile ai (soli) fini del calcolo della percentuale di deducibilità, laddove la norma sia applicata all’Ilor, non può non tenersi conto delle specifiche ipotesi di esenzione da tale imposta, previste da norme speciali in deroga alla regola della coincidenza tra base imponibile Irpeg e base imponibile Ilor, pena, in caso contrario, l’irragionevolezza della suddetta presunzione, in quanto riferita ad un rapporto tra reddito imponibile e ricavi totali difforme da quello concretamente derivante dalla disciplina applicativa dell’imposta. Da quanto esposto consegue che i redditi esenti da Ilor vanno sottratti, al numeratore del rapporto previsto dall’art. 58 cit., dall’imponibile Irpeg, in coerente applicazione del medesimo criterio logico in virtù del quale – a vantaggio, questa volta, del contribuente – il valore relativo al reddito imponibile Irpeg va invece aumentato delle componenti reddituali esenti dall’Irpeg ma non dall’Ilor”.

3. In conclusione, quindi, rigettato il primo motivo di ricorso, e accolto il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale, sezione di Bologna, in diversa composizione la quale provvederà al riesame adeguandosi ai superiori principi e regolerà le spese del giudizio di legittimità.

PQM

Rigetta il primo motivo di ricorso.

Accoglie il secondo, cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna-sezione di Bologna, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V sezionale, il 12 febbraio 2020.

Depositato in Cancelleria il 6 luglio 2020

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