Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 1382 del 22/01/2021

Cassazione civile sez. VI, 22/01/2021, (ud. 09/09/2020, dep. 22/01/2021), n.1382

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ESPOSITO Lucia – Presidente –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PONTERIO Carla – Consigliere –

Dott. MARCHESE Gabriella – rel. Consigliere –

Dott. DE FELICE Alfonsina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 31379-2018 proposto da:

G.M.D., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 2, presso lo studio dell’avvocato GIORGIO ANTONINI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PIERGIOVANNI ALLEVA;

– ricorrente –

contro

N.F., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA BOEZIO 6,

presso lo studio dell’avvocato GAETANO TREZZA, rappresentato e

difeso dall’avvocato GIUSEPPE VALLESI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 289/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 13/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. GABRIELLA

MARCHESE.

 

Fatto

RILEVATO

che:

con sentenza non definitiva del 23.4.2018, la Corte di appello di Ancona, in parziale accoglimento dell’appello principale di G.M.D., respinto l’appello incidentale di N.F., accertava, tra le parti in causa, la sussistenza di un rapporto di lavoro dipendente a tempo pieno (con orario settimanale di 40 ore) dall'(OMISSIS) al (OMISSIS), quale assistente alla poltrona (la G.), con inquadramento contrattuale al quarto livello superiore del CCNL per i dipendenti degli studi professionali e condannava N.F. al pagamento delle differenze retributive da quantificare in corso di giudizio; la Corte territoriale accertava inoltre il lavoro supplementare – in costanza di rapporto part time verticale per 37 ore settimanali (coma da trasformazione pattuita con scrittura privata del (OMISSIS), convalidata dalla direzione provinciale del lavoro di Ascoli Piceno il (OMISSIS)) – prestato dal 1 gennaio 2007 fino all’11 aprile 2010, in ragione di quattro ore, di sabato, a settimane alterne, con condanna del N. alle relative differenze “(…) da quantificare all’esito della ulteriore trattazione “;

con sentenza definitiva del 13.7.2018, la Corte di appello di Ancona “in parziale riforma della sentenza impugnata, (ha)condanna(to) N.F. al pagamento, a titolo di differenze retributive e differenze di trattamento di fine rapporto (…), di Euro 23.252,17 (…)”;

avverso le pronunce, ha proposto ricorso per cassazione G.M.D., fondato su due motivi;

ha resistito, con controricorso, N.F.;

la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio non partecipata;

parte ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che:

con il primo motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c. per vizio di infrapetizione non avendo la Corte di appello pronunciato su una delle domande proposte dalla ricorrente;

parte ricorrente assume di aver proposto tre differenti domande:

1. quella riguardante il periodo lavorato “a nero” nel biennio 1995-1997;

2. quella riguardante le prestazioni effettuate la giornata del sabato;

3. quella riguardante l’orario svolto tra ottobre 1997 e aprile 2010;

la domanda sub 3., a sua volta, avrebbe riguardato due distinti periodi:

a) quello tra ottobre 1997 e novembre 2005, in relazione al quale era dedotto lo svolgimento di un orario di lavoro di 47.5 ore settimanali, a fronte di 16 ore settimanali risultanti dagli accordi;

b) il periodo tra dicembre 2005 e aprile 2010, in cui l’orario effettivo risultava sempre di 47.5 ore settimanali mentre era formalmente pattuito l’orario di 37 ore;

la complessiva domanda sub 3., riportata nelle conclusioni, anche dell’atto di appello, era quella con cui veniva chiesta la condanna del N. al pagamento di “una somma non minore di Euro 55.000,00″;

la ricorrente deduce che di tale domanda non vi è traccia nelle sentenze, neppure ai fini di un suo rigetto;

con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4, per mancanza assoluta di motivazione, laddove il silenzio dovesse essere equiparato al rigetto;

i due motivi possono congiuntamente esaminarsi, in quanto strettamente connessi;

essi sono infondati;

la Corte di appello, in premessa di entrambe le sentenze, riporta le conclusioni del ricorrente (appellante in via principale) e, tra queste, la domanda di condanna del N. al pagamento delle differenze di retribuzione ” per le prestazioni lavorative fornite al di fuori dell’orario di lavoro dall'(OMISSIS) all'(OMISSIS)”;

in particolare, poi, al punto 3. di entrambi i provvedimenti la Corte di merito dà atto che, nel ricorso in appello, la G., in parziale riforma della sentenza impugnata, ha chiesto, tra l’altro, l’accertamento (del diritto) alle differenze di retribuzione ” anche da lavoro straordinario”;

nella sentenza non definitiva (punto 5., pag. 6) si legge, poi, testualmente: “all’esito della istruttoria compiuta (…) è emerso il sostanziale, parziale, fondamento dell’appello principale (…)segnatamente è emersa prova sia del periodo di lavoro irregolare sia del lavoro supplementare prestato di sabato, a settimane alterne, dal (OMISSIS) fino al giorno (OMISSIS)”;

nel prosieguo, si legge ancora: ” infatti (,) i motivi di gravame dell’appello principale (…) palesano parziale fondamento alla stregua della integrazione probatoria (…) essendo dimostrato (…) il lavoro irregolare, con decorrenza dal (OMISSIS)” (v. punto 5.1., pag. 6, sentenza non definitiva);

si afferma inoltre che: “nella memoria di costituzione in giudizio (…) il convenuto ha ammesso il lavoro prestato di sabato della G., se non altro dal 2006 in avanti, sicchè, in tali limiti, deve ritenersi dimostrato (…) il lavoro supplementare (stante il rapporto di lavoro regolato come part time) di sabato per quattro ore, a settimane alterne” (v. punto 6., pag. 8, sentenza non definitiva);

i passaggi motivazionali riportati evidenziano come la Corte abbia chiaramente inteso il petitum e pronunciato sull’intera domanda, con motivazione implicita di rigetto dell’istanza che in questa sede si deduce non valutata;

il riferimento all’esito delle risultanze istruttorie ed al principio di non contestazione rende, peraltro, percepibili le ragioni della decisione; per la Corte è dimostrato (in parte, in ragione delle prove orali acquisite in giudizio, in parte per il principio di non contestazione) lo svolgimento del rapporto di lavoro subordinato nel biennio 1995/1997 e della prestazione lavorativa nella giornata del sabato, per quattro ore, a settimane alterne, dal 2006; implicitamente, è esclusa l’idoneità degli elementi di giudizio a dimostrare l’esistenza dei fatti costitutivi delle ulteriori pretese;

in definitiva, alla stregua delle svolte argomentazioni, il ricorso va respinto, con le spese liquidate come da dispositivo;

la parte ricorrente è tenuta, altresì, al versamento dell’ulteriore importo pari al contributo unificato se dovuto.

PQM

La Corte rigetta dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 22 gennaio 2021

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