Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 13818 del 31/05/2017


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Cassazione civile, sez. lav., 31/05/2017, (ud. 09/03/2012, dep.31/05/2017),  n. 13818

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLE TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. PATTI Adriano Piergiovanni – rel. Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 2917-2012 proposto da:

L.F. C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in ROMA,

VIA VALADIER 36, presso lo studio dell’avvocato IOLANDA PICCININI,

che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CURATELA FALLIMENTARE (OMISSIS) S.P.A. IN LIQUIDAZIONE P.I.

(OMISSIS);

– intimata –

avverso il decreto n. 370/2011 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

21/12/2011 R.G.N. 70383/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/03/2017 dal Consigliere Dott. PATTI ADRIANO PIERGIOVANNI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CERONI FRANCESCA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso per

quanto di ragione.

udito l’Avvocato IOLANDA PICCININI.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con Decreto 21 dicembre 2011, il Tribunale di Roma rigettava, nella contumacia della curatela del Fallimento (OMISSIS) s.p.a. in liquidazione, l’opposizione di L.F. allo stato passivo del fallimento, per i crediti insinuati in via privilegiata a titolo di compensi aggiuntivi in base agli obiettivi raggiunti negli anni 2004, 2005 e gennaio – marzo 2006 o di risarcimento del danno da lucro cessante o perdita di chance, in difetto di prova della determinazione, da parte della società datrice fallita, degli obiettivi condizionanti la spettanza dei compensi e degli elementi concreti da cui desumere il pregiudizio risarcibile.

Con atto notificato il 20 gennaio 2012, la creditrice ricorre per cassazione con quattro motivi, illustrasti da memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.; la curatela fallimentare intimata non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 2099, 2697 e 2729 c.c., per erronea esclusione del credito a titolo di compensi aggiuntivi sul presupposto della mancata fissazione datoriale degli obiettivi condizionanti, a fronte del comprovato livello di efficienza della propria prestazione lavorativa in riferimento agli obiettivi di fatto assegnati, ancorchè non formalizzati per inadempimento della società fallita.

2. Con il secondo, la ricorrente deduce vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo dell’assegnazione e del raggiungimento dei suddetti obiettivi, non sufficientemente nè logicamente scrutinato.

3. Con il terzo, la ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 36 Cost., artt. 1175, 1375, 1223 ss., 2099, 2103, 2697 e 2729 c.c., per esclusione del subordinato credito risarcitorio da perdita di chance sempre in riferimento (non già a diverso pregiudizio, come erroneamente ritenuto dal Tribunale, ma) alla perdita del compenso incentivante annuo di Euro 25.000,00, concretamente dimostrata dalle risultanze istruttorie, non correttamente valutate.

4. Con il quarto, la ricorrente deduce vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo della probabilità di raggiungimento, qualora formalmente assegnati dalla società datrice, degli obiettivi aziendali, quale effettiva occasione di guadagno.

5. Il primo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 2099, 2697 e 2729 c.c., per erronea esclusione del credito della lavoratrice per compensi aggiuntivi in difetto fissazione datoriale degli obiettivi condizionanti) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il secondo (vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo dell’assegnazione e del raggiungimento dei suddetti obiettivi).

Essi sono infondati.

5.1. Non sussiste, infatti, la violazione delle norme di legge denunciate, per la corretta applicazione del principio, secondo cui l’erogazione di compensi aggiuntivi basati su obiettivi annuali non è suscettibile di integrazione in sede giudiziale ai sensi dell’art. 2099 c.c., che presuppone l’esistenza del diritto all’elemento retributivo ulteriore, posto che non esiste l’obbligo del datore a corrispondere il compenso aggiuntivo de quo, in mancanza di qualsiasi determinazione degli obiettivi condizionanti la spettanza del compenso (Cass. 16 giugno 2009, n. 13953): come appunto accertato nel caso di specie.

Nè tanto meno può essere fondatamente preteso un adeguamento della retribuzione in base all’art. 36 Cost., da parte del giudice del merito. La norma costituzionale è correttamente invocabile (con assunzione del parametro del contratto collettivo di settore, anche se il datore di lavoro non aderisca ad alcuna delle organizzazioni sindacali firmatarie, in quanto strumento più adeguato di determinazione del contenuto del diritto alla retribuzione) limitatamente ai titoli contrattuali che costituiscono espressione, per loro natura, della giusta retribuzione, con esclusione dei compensi aggiuntivi (Cass. 7 luglio 2008, n. 18584; Cass. 4 dicembre 2013, n. 27138).

5.2. Ma neppure sussistono i vizi di motivazione, pure inammissibilmente denunciati in un indistinto conglobamento unitario (non potendo la denunzia di omessa motivazione coesistere con quella di motivazione insufficiente o contraddittoria, in quanto, come desumibile dalla formulazione alternativa e non congiuntiva delle ipotesi in questione contemplate nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 una motivazione mancante non può essere insufficiente o contraddittoria, mentre l’insufficienza e la contraddittorietà presuppongono che una motivazione, della quale appunto ci si duole, risulti comunque formulata: Cass. 26 gennaio 2004, n. 1317; Cass. 1 aprile 2011,n. 7575; Cass. 19 settembre 2016, n. 18290), posto che il vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione si configura solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia riscontrabile il mancato o insufficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d’ufficio, ovvero un insanabile contrasto tra le argomentazioni adottate tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione. Orbene, tali vizi non possono consistere nella difformità dell’apprezzamento dei fatti e delle prove dato dal giudice del merito rispetto a quello preteso dalla parte, spettando solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, mentre alla Corte di Cassazione non è conferito il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, bensì solo quello di controllare, sotto il profilo logico e formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione compiuti dal giudice del merito, cui è riservato l’apprezzamento dei fatti (Cass. 11 luglio 2007, n. 15489).

5.3. Sicchè, la censura si risolve nella contestazione della valutazione probatoria e dell’accertamento in fatto del giudice di merito, con sollecitazione ad una rivisitazione del merito, insindacabile in sede di legittimità, laddove, come nel caso di specie, congruamente e correttamente, sia pure succintamente, motivato (Cass. 16 dicembre 2011, n. 27197; Cass. 18 marzo 2011, n. 6288; Cass. 19 marzo 2009, n. 6694).

Il controllo di logicità del giudizio di fatto, consentito dall’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non equivale alla revisione del “ragionamento decisorio”, ossia dell’opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata, posto che ciò si tradurrebbe in un nuova formulazione del giudizio di fatto, in contrasto con la funzione assegnata dall’ordinamento al giudice di legittimità. Ne consegue che, ove la parte abbia dedotto un vizio di motivazione, la Corte di cassazione non può procedere ad un nuovo giudizio di merito, con autonoma valutazione delle risultanze degli atti, nè porre a fondamento della sua decisione un fatto probatorio diverso od ulteriore rispetto a quelli assunti dal giudice di merito (Cass. 7 gennaio 2014, n. 91).

6. Il terzo motivo (violazione e falsa applicazione dell’art. 36 Cost., artt. 1175, 1375 e 1223 ss., 2099, 2103, 2697 e 2729 c.c., per erronea esclusione del subordinato credito risarcitorio da perdita di chance) può essere congiuntamente esaminato, per ragioni di stretta connessione, con il quarto (vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sul fatto controverso e decisivo della probabilità di raggiungimento degli obiettivi aziendali, qualora assegnati).

Essi sono invece fondati.

6.1. Il Tribunale, premessa, in ordine alla domanda risarcitoria in esame, l’esigenza della “prova di elementi oggettivi e certi dai quali desumere, in termini di elevata probabilità e non di mera potenzialità, l’esistenza di un pregiudizio economicamente(valutabile” (al terz’ultimo capoverso della parte motiva di pg. 2 del decreto), ha escluso tanto la prova che la deduzione de”i vantaggi o le prestazioni mancate (diversi dai compensi aggiuntivi) connesse all’omessa individuazione degli obiettivi” (al penultimo capoverso della parte motiva di pg. 2 del decreto).

6.2. Ebbene, il danno patrimoniale da perdita di chance è un danno (non già attuale, ma) futuro, consistente nella perdita non di un vantaggio economico, ma della mera possibilità di conseguirlo, secondo una valutazione ex ante da ricondursi, diacronicamente, al momento in cui il comportamento illecito ha inciso su tale possibilità in termini di conseguenza dannosa potenziale (Cass. 12 febbraio 2015, n. 2737). Esso consiste in una concreta ed effettiva occasione perduta di conseguire un determinato bene, non in una mera aspettativa di fatto, ma in un’entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di valutazione autonoma, che deve tenere conto della proiezione sulla sfera patrimoniale del soggetto (Cass. 25 agosto 2014, n. 18207; Cass. 20 giugno 2008, n. 16877).

La sussistenza di un tale pregiudizio certo (anche se non nel suo ammontare), consistente nella perdita di una possibilità attuale, esige la prova, anche presuntiva, purchè fondata su circostanze specifiche e concrete dell’esistenza di elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, della sua attuale esistenza (Cass. 30 settembre 2016, n. 19604).

6.3. Ora, il Tribunale fallimentare ha rigettato l’insinuazione della lavoratrice del credito risarcitorio a tale titolo per la ravvisata esclusione di prova e addirittura di allegazione di elementi concreti, relativi ai vantaggi o alle prestazioni mancate, connesse alla mancata individuazione degli obiettivi, sull’erroneo rilievo della loro diversità dai compensi aggiuntivi.

Ma in realtà era proprio questa (i compensi aggiuntivi non corrisposti per la mancata fissazione datoriale degli obiettivi) la prestazione mancata e richiesta, in via alternativa subordinata, a titolo risarcitorio per la perdita di chance, fin dal giudizio introdotto davanti al giudice del lavoro, interrotto per il fallimento della società datrice e quindi ripreso in sede fallimentare (come si evince in particolare dai punti sub 14, 16, 21, 22 e 23 da pg. 8 a pg. 11 dell’odierno ricorso).

E di tale prestazione mancata, ben qualificabile alla stregua di perdita di chance in applicazione dei principi di diritto suenunciati, L.F. ha allegato circostanze specifiche e offerto prove documentali (specificamente indicate nella sede di produzione con illustrazione sintetica del contenuto, all’ultimo capoverso di pg. 10 del ricorso) ed orali (integralmente trascritte da pg. 12 a pg. 19 del ricorso), ben valutabili ai fini di desumere, in termini di certezza o di elevata probabilità, elementi obiettivi della sua attuale esistenza.

Ma il decreto del Tribunale qui ricorso non ha minimamente considerato le suindicate circostanze, specifiche e concrete, sul presupposto che altri dovessero essere gli elementi da offrire, per l’erroneo assunto della diversità di vantaggi o prestazioni mancate rispetto ai compensi aggiuntivi.

7. Sicchè, ad una tale valutazione dovrà procedere, per l’accoglimento dei due ultimi motivi congiuntamente scrutinati, rigettati i primi due e cassato il decreto impugnato in relazione ai motivi accolti, in sede di rinvio il Tribunale di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il terzo e quarto motivo di ricorso, rigettati i primi due; cassa il decreto, in relazione ai motivi accolti e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Roma in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2017.

Depositato in Cancelleria il 31 maggio 2017

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